Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10975 del 06/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 06/05/2010, (ud. 06/04/2010, dep. 06/05/2010), n.10975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ACEA S.p.A., in persona del Presidente legale rappresentante F.

F., elettivamente domiciliata in Roma, Via Michele Mercati n.

51, presso lo studio dell’Avv. Briguglio Antonio, che la rappresenta

e difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.S. + ALTRI OMESSI

elettivamente

domiciliati in Roma, Viale Giulio Cesare n. 14, presso lo studio

dell’Avv. Sipala Aldo, che li rappresenta e difende come da procura a

margine de controricorso;

– controricorrenti –

e contro

C.C.A.;

G.M.;

S.A.;

N.M.;

P.A.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza n. 5 139/05 della Corte di Appello

di Roma del 21.06.2005/11.10.2005 nella causa n. 594 R.G. 2003;

Udita la relazione della causa svolte nella pubblica udienza del

6.04.2010 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. Alessandra Siracusano, per delega dell’Avv. Antonio

Briguglio, per la ricorrente, e l’Avv. Aldo Sipala per i

controricorrenti;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. FUCCI Costantino,

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 979 del 2002 il Tribunale di Roma accoglieva le domande proposte da A.S. e degli altri litisconsorti indicati in epigrafe contro il fallimento SIGMA e la S.p.A. ACEA e, dichiarata l’estinzione del giudizio nei confronti del fallimento, condannava la ACEA al pagamento a favore dei ricorrenti delle somme, specificate per ciascuno nel dispositivo della decisione, corrispondenti alle differenze retributive per indennità sostituiva di mensa.

Tale decisione, appellata dall’ACEA, è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma con sentenza n. 5139 del 2005.

La Corte territoriale, accertato che il Capitolato Speciale versato in atti faceva riferimento alle opere di manutenzione e di ampliamento di nuove utenze per le quali operava l’obbligo di trattamenti di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 3 e che quindi le lavorazioni – cui erano addetti gli appellati lavoratori – rientravano nel ciclo produttivo ACEA e non erano connotate da alcun elemento specialistico peculiare, ribadiva il diritto dei medesimi 3 lavoratori allo stesso trattamento dei dipendenti ACEA anche in relazione all’indennità sostitutiva di mensa.

La Corte ha ritenuto inoltre che. ai fini del godimento del beneficio in esame, non avesse rilevanza l’osservanza di orario continuato o spezzato ne il riferimento a concetti di “prevalenza” ovvero alle percentuali dei tempi di assegnazione a mansioni n non comprese nell’ambito dell’operatività della L. n. 1369 del 1960, art. 3.

L’ACEA ricorre per cassazione articolato su due motivi. A. S. e gli altri lavoratori indicati in epigrafe resistono con controricorso.

C.C.A., G.M., S.A., N.M. e P.A. non si sono costituiti.

Le parti costituite hanno depositato rispettive memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso l’ACEA lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, art. 3, nonchè omessa ed insufficiente motivazione circa punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5).

La ricorrente sostiene che l’indennità specifica di mensa aziendale è un emolumento economico, ma non assimilabile al “trattamento minimo inderogabile retribuivo” di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 3, comma 3, da assicurarsi ai anche ai dipendenti dell’appaltatore.

In particolare la ricorrente rileva che i giudici di merito hanno erroneamente proceduto ad una sovrapposizione delle due nozioni – trattamento economico e trattamento normativo-, che non è ammissibile, stante proprio il diverso significato della parificazione economica e di quella normativa, palesemente espresso nella disposizione di legge in questione, la quale impedisce la valutazione di un istituto meramente economico secondo i criteri di valutazione del dato normativo.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione del combinato disposto della L. n. 1369 del 1960, artt. 3-5 e dell’art. 2697 cod. civ., nonchè vizio di motivazione in punto di valutazione del materiale probatorio.

In particolare vengono mossi rilievi alla impugnata sentenza per avere omesso qualsiasi considerazione in punto di violazione dell’onus probandi relativamente alla natura delle lavorazioni affidate alla società appaltatrice, in relazione all’oggetto e alla natura mista dell’appalto, e per avere omesso ogni valutazione sulla documentazione allegata al fascicolo di parte di primo grado e sulle deposizioni testimoniali.

Le esposte censure, che possono essere trattate congiuntamente per la loro intima connessione, sono infondate. Questa Corte nel decidere analoghi ricorsi in relazione a controversie insorte tra la ricorrente ACEA e dipendenti di imprese appaltatrici, aventi ad oggetto proprio l’indennità di mensa, ha ritenuto dovuta tale indennità, dopo avere affermato il principio secondo cui il sistema di garanzia delle condizioni economiche, previsto dalla L. n. 1369 del 1960, ha la funzione di paralizzare “attraverso il sistema del “nulla escluso”, qualsiasi sollecitazione ad appalti non ubbidienti a logiche non conformi alla piena liceità dello strumento giuridico utilizzato, e quindi di escludere in radice qualsiasi interesse anche meramente economico dell’appaltante di ricorrere alla rimessione a terzi di attività rientranti nel proprio ciclo produttivo”, (ex plurimis Cass. n. 11816 del 2008; Cass. n. 1337 del 2007; Cass. n. 26240 del 2005; Cass. n. 16 del 2005; Cass. n. 15597 del 2004; Cass. n. 17400 del 2003).

D’altro canto non hanno pregio i rilievi circa la natura e l’oggetto dell’appalto, avendo il giudice di appello esaminato tale profilo e ritenuto che le lavorazioni rientrassero nel normale ciclo produttivo dell’Acea e non fossero connotate da alcun elemento specialistico peculiare, tale da escludere l’obbligo di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 3.

Lo stesso giudice di appello ha osservato, nel quadro probatorio (risultanze documentali e dichiarazioni dei testi) come ricostruito in primo grado, che nessuna decisività assumeva il richiamo alla natura mista dell’appalto.

Trattasi di valutazione delle risultanze probatorie fornita di adeguata e logica motivazione, in linea con i richiamati precedenti giurisprudenziali, cui la ricorrente oppone un diverso apprezzamento, non consentito in sede di legittimità.

2. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese di giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo nei confronti di A.S. e degli altri controricorrenti indicati in epigrafe. Tali spese vanno liquidate in favore del difensore antistatario Avv. Aldo Sipala.

Nessuna statuizione per le spese nei confronti degli intimati C.C.A., G.M., S.A., N.M. e P.A..

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese nei confronti di A.S. e degli altri controricorrenti indicati in epigrafe, che liquida in Euro 33,00 oltre Euro 2.500,00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali., con distrazione a favore del difensore antistatario Avv. Aldo Sipala.

Nulla per le spese nei confronti di C.C.A., G.M., S.A., N.M. e P. A..

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2010

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