Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10971 del 06/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 06/05/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 06/05/2010), n.10971

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8345-2007 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE Nicola,

PREDEN SERGIO, RICCIO ALESSANDRO, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

MARCORA 18/20, presso l’UFFICIO LEGALE CENTRALE DEL PATRONATO

A.C.L.I., rappresentato e difeso dall’avvocato FAGGIANI Guido, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 71/2006 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 12/01/2007 r.g.n. 65/06;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/02/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Trento, confermando la decisione di primo grado, ha accolto la domanda proposta da S.R. nei confronti dell’INPS per ottenere il ricalcolo della pensione di vecchiaia tenendo conto delle retribuzioni effettivamente percepite nel periodo lavorato in Svizzera. Ha osservato la Corte che le modalità di calcolo applicate dall’INPS – il quale aveva rideterminato i contributi secondo l’aliquota italiana – non erano conformi ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 4623 del 2004), che aveva interpretalo l’Accordo Aggiuntivo alla Convenzione tra l’Italia e la Svizzera del 4 luglio 1969 (ratificato con L. n. 283 del 1973) nel senso della doverosa liquidazione delle pensioni acquisite con contribuzione versata in detto Paese con il metodo retributivo previsto per i lavoratori che fossero stati sempre assicurati sul territorio nazionale, ancorchè la legislazione svizzera prevedesse l’applicazione di aliquote contributive più basse di quelle in vigore in Italia.

2. Per la cassazione di questa sentenza l’INPS ha proposto ricorso fondato su due motivi.

L’intimato resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’INPS denuncia violazione della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 777 (art. 360 c.p.c., n. 3), del D.P.R. 27 aprile 1968, n. A88, art. 5, della L. 29 maggio 1982 n. 297, art. 3 e dell’art. 1 Accordo aggiuntivo alla Convenzione italo- svizzera (art. 360 c.p.c., n. 3) l’INPS osserva che la disposizione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777 sopravvenuta in corso di causa, smentisce il convincimento della Corte di merito, interpretando la normativa di riferimento nel senso che la retribuzione pensionabile relativa a periodi di lavoro prestati all’estero non è quella effettivamente percepita in pendenza del rapporto di lavoro ma quella determinata ponendo in relazione l’ammontare dei contributi trasferiti dall’ente previdenziale straniero con l’aliquota contributiva propria dell’assicurazione generale obbligatoria italiana.

Aggiunge l’INPS che la disposizione sopravvenuta è applicabile anche nel caso controverso, dal momento che la stessa fa salvi i soli “trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge” e tale non è il trattamento per cui è causa (conseguendone l’inapplicabilità della causa di esenzione prevista dallo ius superveniens), in quanto a suo tempo liquidato dall’Istituto con criteri sostanzialmente identici a quelli dettati dalla disposizione medesima.

2. Nel secondo motivo, proposto in via di mero subordine per l’eventualità del mancato accoglimento della censura di cui al punto n. 1, si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. A) per non essersi la Corte di merito pronunciata sul motivo di appello dell’Istituto previdenziale, relativo al rigetto, da parte del giudice di primo grado, della eccezione di decadenza dall’azione giudiziaria promossa dal pensionato.

3. Il primo motivo di ricorso è fondato, con evidente assorbimento del secondo, proposto in via di mero subordine al suo mancato accoglimento.

4. Il criterio di calcolo adottato dalla Corte di merito non è conforme a quello recepito, con efficacia retroattiva, dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 777, il quale prevede:

“il D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 5, comma 2, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che, in caso di trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri è determinata moltiplicando l’importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si riferiscono.

Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Di questa disposizione – intervenuta nelle more della pubblicazione della sentenza qui impugnata – è stata esclusa l’illegittimità costituzionale dalla Corte Costituzionale anche in relazione ai profili denunciati dal pensionato nel controricorso.

Ha, infatti, rilevato il Giudice delle leggi che la norma sopravvenuta assume, per il calcolo della pensione a carico dell’ente previdenziale italiano, una retribuzione di misura inferiore a quella effettivamente percepita dal lavoratore in Svizzera, ma sul presupposto che i contributi sono inferiori a quelli che per il medesimo lavoratore sarebbero stati versati in Italia: ciò significa che la norma persegue lo scopo “di rendere il rapporto tra retribuzione pensionabile e contributi versati omogeneo a quello vigente in Italia nello stesso periodo di tempo”, ed “ha reso esplicito un precetto già contenuto nelle disposizioni oggetto dell’interpretazione autentica”, per cui sotto tale profilo la norma non è irragionevole.

Ha evidenziato, ancora, la Corte Costituzionale che la ripetuta disposizione non determina alcuna lesione dell’affidamento del cittadino nella certezza dell’ordinamento giuridico, anche perchè l’interpretazione a suo tempo accolta dalla giurisprudenza di questa Corte (e fatta propria dalla sentenza qui impugnata) era stata sempre contestata dall’ente previdenziale, rendendo così reale il dubbio ermeneutico; che non sussiste violazione del principio di eguaglianza, sancito dall’art. 3 Cost., comma 1, e non è leso neppure l’art. 35 Cost., comma 4, perchè la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777, non attribuisce al lavoro prestato all’estero un trattamento deteriore rispetto a quello svolto in Italia, ma anzi assicura la razionalità complessiva del sistema previdenziale, evitando che, a fronte di una esigua contribuzione versata nel Paese estero, si possano ottenere le stesse utilità che chi ha prestato attività lavorativa esclusivamente in Italia può conseguire solo grazie ad una contribuzione molto più gravosa.

Neppure è ravvisabile, ha sottolineato il Giudice delle leggi, un contrasto con l’art. 38 Cost., comma 2, perchè la norma censurata non determina alcuna riduzione ex post del trattamento previdenziale spettante ai lavoratori.

Alla sentenza della Corte costituzionale si sono adeguate tutte le successive decisioni di questa Corte (tra tante, Cass. n. 23574 del 2008, n. 3784 del 2009), nelle quali, in particolare, si è osservato come le posizioni dei pensionati analoghe a quella in cui versa l’odierno ricorrente non possano ricondursi alla prevista (dalla L. n. 296 del 2006) salvaguardia dei “trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Invero la deroga prevista dalla disciplina sopravvenuta si riferisce ai trattamenti pensionistici (già) liquidati dall’INPS in un ammontare determinato sulla scorta di criteri diversi e più favorevoli rispetto a quelli da essa indicati; il che non è nella situazione controversa, tant’è che l’odierno controricorrente non solo non allega che la sua pensione era stata calcolata con modalità più favorevoli di quelle di cui alla L. n. 296 del 2006, ma anzi ha agito in giudizio espressamente riferendo che l’INPS, illegittimamente, aveva riparametrato la contribuzione trasferita secondo le aliquote contributive italiane e dunque, per ciò stesso, affermando che la liquidazione della prestazione era avvenuta con le modalità poi fatte proprie dall’intervento legislativo del 2006.

5. Va, in conclusione, accolto il ricorso dell’INPS. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata, mentre la causa può essere decisa da questa Corte nel merito sulla base dei principi di diritto enunciati (non necessitando ulteriori accertamenti di fatto) con il rigetto della domanda proposta dall’originario ricorrente.

Non occorre provvedere sulle spese di lite ex art. 152 disp. att. c.p.c., nuovamente vigente a seguito di C. cost. n. 134 del 1994, non trovando applicazione ratione temporis il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 1), conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di S.R.; nulla sulle spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2010

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