Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1097 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 18/01/2017, (ud. 15/07/2016, dep.18/01/2017),  n. 1097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21498/2015 proposto da:

Avv. F.A., rappresentato e difeso da se medesimo,

elettivamente domiciliato presso il suo studio in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 22;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4164/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/06/2014.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 25 luglio 2016, la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c.:

“Il Tribunale di Roma, con sentenza in data 8 giugno 2007, ha dichiarato l’inammissibilità della querela di falso proposta da F.A., in via incidentale, nel corso di un giudizio dinanzi al Giudice di pace, avente ad oggetto l’impugnazione di una cartella esattoriale, derivante da un verbale di contravvenzione redatto dalla Polizia municipale di Roma.

La querela di falso riguardava la relazione di notifica di tale verbale (ove si affermava che l’atto era stato consegnato, in assenza del destinatario, a tale D.R., “nella sua dichiarata qualità di portiere”), assumendosi la nullità e la falsità di tale verbale, sul presupposto che lo stabile fosse privo di portiere e che la D. svolgesse in realtà soltanto mansioni di donna delle pulizie.

Il Tribunale ha dichiarato l’inammissibilità della querela, rilevando che lo strumento azionato – volto a togliere efficacia ad un atto pubblico fidefacente – poteva riguardare soltanto quelle parti del documento concernente fatti e attività constatati personalmente dal pubblico ufficiale o asseriti come avvenuti in sua presenza e non già le parti del documento in cui si faceva riferimento al contenuto di dichiarazioni rese da terzi estranei, riportate dal pubblico ufficiale come ricevute, senza poterne controllare la verità intrinseca.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 20 giugno 2014, ha respinto l’appello del F..

Secondo la Corte d’appello, al giudice competente (il Tribunale in formazione collegiale) non è preclusa la possibilità di ritenere la querela inammissibile, pur quando il Giudice di pace si sia espresso, come nella specie, sulla rilevanza del documento, autorizzando la presentazione della querela.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il F. ha proposto ricorso, con atto notificato il 7 settembre 2015.

Roma Capitale non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Con l’unico motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 313 e 222 c.p.c., richiamando il principio secondo cui la questione della rilevanza dell’eventuale falsità del documento impugnato con la querela in via incidentale è devoluta al giudice della causa principale e non a quello della querela, il cui unico compito consiste nell’affermare e negare la falsità dell’atto.

Il motivo è infondato. Il principio di diritto invocato dal ricorrente non è pertinente, perchè un conto è la rilevanza del documento, altro è che vi sia materia di querela di falso. E proprio questo la Corte d’appello ha inteso affermare, rilevando, correttamente, che non vi era materia di querela di falso, giacchè, in tema di relata di notifica, la qualità di portiere di chi, come tale qualificatosi, riceve l’atto notificato dal pubblico ufficiale, non è assistita da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., ben potendo il destinatario dell’atto, che contesti la validità di tale notificazione, fornire la prova contraria, allegando e provando l’inesistenza della succitata qualità.

Il ricorso può essere avviato alla trattazione in camera di consiglio, per esservi rigettato”.

Letta la memoria di parte ricorrente.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380 bis c.p.c.;

che i rilievi critici ad essa mossi con la memoria illustrativa non sono suscettibili di indurre a diversa soluzione;

che, infatti, la mancanza della qualità di portiere addetto allo stabile dove è l’abitazione del destinatario, attribuita nella relata di notifica alla persona alla quale è stata consegnata la copia dell’atto notificato, può essere contestata con qualsiasi idoneo mezzo di prova, poichè la relazione di notificazione in ordine all’esistenza di rapporto del genere non è dotata di quella piena efficacia probatoria che può essere superata soltanto attraverso lo strumento della querela di falso;

che, in particolare, la relata di notificazione di un atto fa fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attività svolta dall’ufficiale giudiziario procedente, la constatazione di fatti avvenuti in sua presenza ed il ricevimento delle dichiarazioni resegli, limitatamente al loro contenuto estrinseco; non sono invece assistite da pubblica fede tutte le altre attestazioni (come, appunto, la dichiarazione del consegnatario di essere portiere dello stabile dove è l’abitazione del destinatario) che non sono frutto della diretta percezione del pubblico ufficiale, bensì di informazioni da lui assunte o di indicazioni fornitegli da altri, attestazioni, queste, assistite da presunzione di veridicità che può essere superata solo con la prova contraria (cfr. Cass., Sez. 2^, 20 luglio 1999, n. 7763; Cass., Sez. 3^, 11 aprile 2000, n. 4590; Cass., Sez. 2^, 28 giugno 2000, n. 8799);

che il ricorso deve, pertanto, essere rigettato;

che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede;

che poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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