Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10969 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. II, 26/04/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 26/04/2021), n.10969

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23097-2019 proposto da:

S.K., rappresentato e difeso dall’Avvocato GIOVANNI VILLARI,

per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei

Portoghesi 12, domicilia per legge;

– resistente –

avverso il DECRETO del TRIBUNALE DI MESSINA depositato il 4/6/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/1/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato l’impugnazione che S.K., nato in (OMISSIS) il (OMISSIS), aveva proposto avverso il provvedimento con il quale la commissione territoriale, a sua volta, aveva respinto la domanda di protezione internazionale presentata dallo stesso.

S.K., con ricorso notificato l’8/7/2019, ha chiesto la cassazione del decreto, dichiaratamente comunicato in data 7/6/2019.

Il ministero dell’interno ha depositato atto di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la

violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, con motivazione apparente, ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria proposta dal richiedente.

1.2. Così facendo, però, ha osservato il ricorrente, il tribunale ha omesso di esaminare, attraverso l’acquisizione ufficiosa delle informazioni necessarie, le ragioni per le quali il richiedente, in caso di rientro in (OMISSIS), è esposto, a causa delle ritorsioni degli usurari con i quali la sua famiglia ha contatto un debito ingente e della mancata protezione da parte delle istituzioni del suo paese d’origine alle vittime di usura, al rischio effettivo di subire un danno grave ai sensi del D.Lgs. n. 251 cit., art. 14, lett. b).

2. Il motivo è infondato. Il tribunale, infatti, alla luce dei fatti esposti dal richiedente (così come il decreto impugnato ha incontestatamente riportato), ha ritenuto, in sostanza, che, per la natura “sostanzialmente privata” della vicenda che ha narrato (e costituita dalla situazione debitoria familiare che lo ha indotto dapprima a vendere la casa di famiglia per ripagare i debiti contratti e poi ad acquistare un biglietto per la Libia, dalla quale è poi partito per l’Italia), lo stesso non può essere ritenuto – per quel che ancora rileva – come il cittadino straniero che, in caso di rimpatrio, correrebbe il grave rischio di subire la condanna a morte o l’esecuzione della pena capitale o di essere sottoposto a tortura o ad altra forma di pena o di trattamento inumano o degradante.

Si tratta, com’è evidente, di un apprezzamento fattuale che il ricorrente non ha censurato, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame circa uno o più fatti decisivi specificamente indicati, a fronte del quale la decisione conseguentemente assunta dal giudice di merito, certamente non illogica e contraddittoria rispetto ai dati accertati, si sottrae alle censure svolte in ricorso.

Le conclusioni esposte dal tribunale sono, del resto, conformi alla consolidata giurisprudenza di questa Corte. Le liti tra privati non possono essere, infatti, addotte come causa di danno grave, nell’accezione offerta dal D.Lgs. n. 251 del 2007. Si tratta, in effetti, di “vicende private”, estranee al sistema della protezione internazionale, non rientrando nei casi di protezione sussidiaria (art. 2, lett. g), atteso che i cd. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili del danno grave solo nel caso in cui lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi ma con riferimento a danno grave non imputabili ai medesimi soggetti non statuali ma da ricondurre pur sempre allo Stato o alle organizzazioni collettive di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. b) (Cass. n. 9043 del 2019; Cass. n. 24214 del 2020).

3. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nel testo in vigore prima del D.L. n. 113 del 2018, conv. con modif. dalla L. n. 132 del 2018, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha rigettato la domanda di protezione umanitaria senza, tuttavia, svolgere alcun giudizio comparativo tra la situazione in cui il richiedente si trovava nel suo paese d’origine ed il grado di integrazione che lo stesso ha raggiunto in Italia, dove sta intraprendendo un percorso di realizzazione ed emancipazione personale, come dimostra l’impegno di assunzione prodotto in giudizio, totalmente preclusogli nel suo Paese.

4. Il motivo è infondato. La protezione umanitaria è una misura atipica e residuale nel senso che essa copre situazioni, da individuare caso per caso, in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), tuttavia non possa disporsi l’espulsione e debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità (Cass. 5358 del 2019; Cass. n. 23604 del 2017). I seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi internazionali o costituzionali, cui il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, subordina il riconoscimento allo straniero del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, pur non essendo definiti dal legislatore, prima dell’intervento attuato con il D.L. n. 113 del 2018, erano accumunati dal fine di tutelare situazioni di vulnerabilità personale dello straniero derivanti dal rischio di essere immesso nuovamente, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili (Cass. n. 4455 del 2018).

5. Nel caso di specie, il tribunale ha rigettato la domanda di protezione umanitaria proposta dal ricorrente rilevando, in sostanza, che il richiedente non presenta una situazione di effettiva vulnerabilità personale che potesse giustificare la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Si tratta, com’è evidente, di un accertamento in fatto che, in quanto tale, può essere denunciato, in sede di legittimità, solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, e cioè per omesso esame di una o più di circostanze la cui considerazione avrebbe consentito, secondo parametri di elevata probabilità logica, una ricostruzione dell’accaduto idonea ad integrare gli estremi della fattispecie rivendicata. Il ricorrente, tuttavia, pur avendone l’onere (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), non ha specificamente indicato i fatti, principali ovvero secondari, il cui esame, ancorchè dedotti in giudizio, sia stato del tutto omesso dal giudice di merito, nè, infine, la loro decisività ai fini di una differente pronuncia a lui favorevole. D’altra parte, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (applicabile ratione temporis: cfr. Cass. SU n. 29459 del 2019), al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza (Cass. n. 4455 del 2018). Tale comparazione presuppone, pertanto, un livello d’integrazione sociale nel Paese di accoglienza la cui deduzione in giudizio, però, il tribunale, con statuizione che il ricorrente non ha censurato, ha, in sostanza, escluso.

6. I motivi articolati in ricorso si rivelano, quindi, del tutto infondati. Peraltro, poichè il giudice di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, senza che il ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per mutare tali orientamenti, il ricorso, a norma dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, è manifestamente inammissibile.

7. Nulla per le spese di lite, in mancanza di attività difensiva da parte del ministero.

8. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

 

 

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