Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10967 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. II, 26/04/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 26/04/2021), n.10967

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25483-2019 proposto da:

F.T., rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO RIZZATO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1967/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 14/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da F.T., cittadino (OMISSIS), la sentenza n. 1967/2019 della Corte di Appello di Venezia con ricorso fondato su due motivi.

Il ricorso è resistito con controricorso, a mezzo del quale – fra l’altro – si eccepisce l’assoluta inammissibilità dell’avverso atto “finalizzato meramente nel prospettare una diversa ricostruzione dei fatti per una differente valutazione nel merito”.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento di protezione internazionale.

La Commissione rigettava l’istanza.

L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Venezia.

Quest’ultimo, con ordinanza in data 6 giugno 2018, respingeva l’impugnazione. Avverso tale ordinanza veniva, quindi, interposto appello, rigettato dalla Corte territoriale con la sentenza oggetto del ricorso oggi in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. con ordinanza in camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Parte ricorrente ha depositato memoria con la quale si comunica il fatto sopravvenuto della nascita del figlio del ricorrente in data (OMISSIS).

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione di norme di diritto, in particolare “del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per difetto di motivazione”.

Il lamentato difetto di motivazione, fra l’altro genericamente addotto e senza riferimento a quanto previsto, in tema di carenza motivazionale, dall’art. 360 c.p.c., dal n. 5 (e non dal n. 3) non risulta adeguatamente censurato.

Alla stregua del vigente regime processuale la carenza motivazionale è ricorribile solo in quanto sostanziata da specifici elementi e non già in base a generiche affermazioni.

Infatti “….alla luce delle modifiche di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 ed alla relativa interpretazione sulla scorta dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, deve ritenersi introdotta una riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. U, Sentenza 7 aprile 2014, n. 8053).

Nella concreta fattispecie in esame non si rinvengono situazioni tali, come quelle innanzi riassunte con la citata decisione, da comportare la configurabilità di uan motivazione “difettosa”.

In ogni caso e al di là della generica affermazione di cui al motivo, la Corte distrettuale risulta aver dato congrua ed adeguata ragione dei motivi in base ai quali ha deciso.

(Ndr: testo originale non comprensibile) parte delle censure riguardanti il preteso mancato adempimento, da parte dei Giudici del merito, di “tutti gli sforzi possibili” per esaminare la domanda proposta dal richiedente (Ndr: testo originale non comprensibile) con riferimento alla pronuncia n. 27310/2008.

Tuttavia parte ricorrente non tiene in conto i più recenti orientamenti giurisprudenziali di questa Corte in materia.

In particolare viene del tutto eluso l’insegnamento del più recente orientamento per cui “la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il Giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio” (Cass. n. ri 27336/2018 e 14621/2020).

Nella fattispecie nulla risulta aver allegato – quale fatto costitutivo – la parte ricorrente, così non potendo oggi invocare il detto principio istruttorio officioso.

Il motivo è, pertanto e nel suo complesso, inammissibile.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce, meramente, il “diritto del ricorrente alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6”.

Parte ricorrente svolge, col ricorso, generica doglianza.

Il fatto appare non di poco conto al cospetto dell’accertamento della Corte distrettuale, secondo la quale “manca qualsiasi elemento anche a livello di allegazione” a sostegno della svolta istanza del richiedente protezione.

Da ultimo parte ricorrente ha addotto, solo in memoria, la circostanza della nascita di un figlio (nel (OMISSIS)).

Tale mera circostanza solo enunciata e senza altra allegazione non consente, di per sè, una revisione in punto e per tale solo fatto, della gravata decisione a suo tempo intervenuta.

E tanto, specie in considerazione del fatto, che parte ricorrente sembra – con la scarna memoria – riferirsi alla protezione umanitaria per poi concludere, in subordine, per il “riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32”, il tutto in modo contraddittorio ed inammissibile (che non consente altra soluzione) tanto più che la protezione sussidiaria presuppone la concreta possibilità di danni gravi per il richiedente e la protezione umanitaria una specifica situazione di vulnerabilità personale.

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

3.- Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato – nel suo complesso -inammissibile.

4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

LA CORTE

dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della Amministrazione controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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