Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10967 del 09/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/06/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 09/06/2020), n.10967

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11586/2014 R.G. proposto da:

C.M. S.n.c. di B.A. & C., B.A.,

Ba.Ga., N.R. e Be.Ro., elettivamente domiciliati

in Roma, Viale di Villa Massimo n. 33, presso lo Studio dell’Avv.

Maurizio Benincasa, che con l’Avv. Marco Pescarollo li rappresenta e

difende anche disgiuntamente, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto

n. 90/25/13, depositata il 5 novembre 2013.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 15 gennaio

2020 dal Consigliere Dott. Bruschetta Ernestino Luigi;

Fatto

RILEVATO

1. che, con l’impugnata sentenza, per quanto ancora rimasto d’interesse, in riforma della prima decisione, la Regionale del Veneto rigettava parzialmente il ricorso promosso da C.M. S.a.s. avverso un avviso di accertamento con il quale l’ufficio recuperava un maggior imponibile ai fini IRAP IVA 2006 con metodo analitico induttivo; e, cioè, applicando una percentuale di ricarico sul consumo di lamiera che la contribuente avrebbe presuntivamente utilizzato per la produzione di cassoni da impiegarsi per il trasporto di rifiuti; sempre con la medesima impugnata sentenza, la Regionale rigettava, per le stesse ragioni, i riuniti ricorsi che i quattro soci della S.a.s. avevano promosso avverso altrettanti separati avvisi di accertamento coi quali veniva recuperata IRPEF 2006 imputata “per trasparenza”;

2. che la Regionale, dato dapprima atto che l’unico rilievo ancora oggi in discussione, riguardava i “maggiori ricavi di Euro 78.502,72 a seguito di una ricostruzione analitico induttiva delle componenti positive”, accertava che talune fatture d’acquisto “risultavano al netto dei resi”; e che le ridette fatture non consentivano di stabilire le dimensioni delle lamiere “indicate nelle note di accredito” registrate dalla Società contribuente;

3. che i contribuenti ricorrevano per tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria, ai quali resisteva l’ufficio con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

1. che, con il preliminare secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denunciando la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 36, i contribuenti chiedevano che fosse dichiarata la nullità della sentenza a cagione della sua apparente motivazione, essendosi la CTR limitata a riconfermare la ricostruzione numerica contenuta nella “Tabella 1” allegata all’avviso, senza però dare alcuna comprensibile spiegazione;

1.1. che, in disparte l’inammissibilità del motivo per difetto di autosufficienza, non essendo stata trascritta la “Tabella 1”, il che non consente alla Corte di verificare la corrispondenza alla realtà delle affermazioni dei contribuenti con riguardo al contenuto della stessa (Cass. sez. trib. n. 9536 del 2013); la doglianza è, peraltro, anche infondata, atteso che la motivazione della CTR emerge sufficientemente chiara, nel senso della conferma della ripresa analitico induttiva in ragione dell’impossibilità di accertare contabilmente la quantità di lamiera utilizzata, a causa del fatto che le fatture non riportavano le dimensioni delle lamiere di cui alle registrate note di accredito; quindi, con condivisione delle presunzioni operate dall’ufficio circa il consumo di lamiera e la percentuale di ricarico adottata, in particolare con riferimento alla quantificazione determinata nella “Tabella 1”;

2. che, con il terzo motivo, anch’esso preliminare rispetto al primo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denunciando la violazione del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, artt. 62 bis e 62 sexies conv. con modif. in L. 29 ottobre 1993 n. 427, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, dell’art. 2727 c.c., i contribuenti rimproveravano alla Regionale di aver ritenuto fondata la ripresa, senza mai confrontarsi con le contrarie prove offerte, ciò che non sarebbe stato ex lege consentito, anche in analogia con la disciplina degli accertamenti basati sugli studi di settore;

2.1. che, in disparte l’inconferente richiamo alla speciale disciplina degli accertamenti standardizzati, il motivo è di nuovo inammissibile per difetto di autosufficienza, sempre perchè manca la trascrizione della “Tabella 1”; la quale, per quanto prospettato dai contribuenti, ricostruiva presuntivamente il consumo di lamiera; il motivo è inoltre ulteriormente inammissibile perchè in realtà rivolto non a censurare una violazione di legge, ma l’accertamento in fatto compiuto dalla Regionale, alla quale nella sostanza si rimprovera di non aver tenuto conto delle prove offerte dai contribuenti; per questa ragione, quindi, la censura esatta da fare sarebbe stata quella di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, seppur entro i limiti del “minimo costituzionale”, soltanto garantito dalla nuova formulazione della disposizione (Cass. sez. un. 8053 del 2014);

3. che, con il primo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i contribuenti lamentavano che la Regionale avesse omesso l’esame di fatti decisivi e discussi, come ad es. che nell’avviso l’ufficio non aveva considerato che la Società utilizzava, per la produzione dei cassoni, lamiere di diverso spessore, con diseguale incidenza sul regime dei prezzi; come ad es. la quantità di lamiera ricevuta in conto lavorazione; circostanze che, in thesi, se prese in considerazione, avrebbero dovuto condurre la Regionale ad accogliere integralmente i riuniti ricorsi;

3.1. che il motivo è infondato, dovendosi in proposito rammentare la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte, laddove, in più di una occasione, ha confermato l’ormai consolidato principio, per cui l’omesso esame di elementi istruttori, come quelli qui in discussione, “non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. sez. un. 8053 del 2014); e, in effetti, ciò di cui i contribuenti si dolgono è che la Regionale non abbia valutato taluni documentati elementi di prova contraria; elementi sui quali, semplicemente, la CTR non ha motivato, avendo ritenuto sufficienti le presunzioni indicate nell’avviso; elementi che, sempre in thesi dei contribuenti, avrebbero dovuto invece dimostrare che la quantità di lamiera sarebbe stata minore di quella accertata dall’ufficio con il metodo analitico induttivo D.P.R. n. 600 citato, ex art. 39, comma 1, lett. d); elementi che sarebbero stati, appunto, per es. quelli del diverso spessore delle lamiere utilizzate e la circostanza che una certa quantità di lamiera era stata consegnata in conto lavorazione e altro; soluzione, quella qui adottata, che risulta del tutto coerente con la complessiva lettura che le Sezioni Unite della Corte hanno fornito dell’attuale art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per cui: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. sez. un. 8053 cit.); pena, altrimenti, il resuscitare del vizio di insufficiente motivazione, di cui al previgente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che come noto consisteva nella non spiegazione delle ragioni per cui talune circostanze non sarebbero state idonee a dar prova (Cass. sez. I n. 12967 del 2018).

4. che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i contribuenti, in solido tra loro, a rimborsare all’ufficio le spese processuali, liquidate in Euro 5.600,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 9 giugno 2020

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