Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10966 del 05/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/05/2017, (ud. 14/12/2016, dep.05/05/2017),  n. 10966

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29731/2014 proposto da:

PROGETTO VARENNA SPA, in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PUBLICOLA

67, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA CAVALIERI, rappresentata

e difesa dall’avvocato STEFANO PAOLETTI, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE di VARENNA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1925/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO del 27/03/2014, depositata il 10/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 14/12//2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO

NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016;

dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

La CTR della Lombardia con sentenza n. 1925/2014, depositata il 10 aprile 2014, non notificata, rigettò l’appello proposto dalla società Progetto Varenna S.p.A. nei confronti del Comune di Varenna, avverso la sentenza della CTP di Lecco, che aveva a sua volta respinto il ricorso proposto dalla società avverso avviso di accertamento per ICI per l’anno 2011.

Avverso la pronuncia della CTR la società ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’intimato Comune non ha svolto difese.

Va esaminato prioritariamente in ordine logico il secondo motivo, con il quale la società testualmente denuncia “vizio di motivazione per illogicità, contraddittorietà ed incoerenza del ragionamento circa un fatto decisivo del giudizio art. 360 c.p.c., n. 5, con riferimento al riconoscimento dei presupposti soggettivi ed oggettivi per la fruizione dell’esenzione”, dolendosi parte ricorrente del mancato riconoscimento della categoria E/3 per la parte dei parcheggi a rotazione realizzati per lo svolgimento di finalità pubblica, giusta concessione intervenuta con il Comune, che avrebbe determinato l’esenzione dall’ICI.

Il motivo, nei termini in cui è formulato, è inammissibile.

In primo luogo, pur nell’ambiguità della sua formulazione, il motivo deve ritenersi articolato con riferimento alla vecchia formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non più applicabile al presente giudizio avente ad oggetto ricorso per cassazione avverso sentenza di Commissione tributaria regionale depositata il 10 aprile 2014 (cfr. Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053 e successiva giurisprudenza conforme). Assume rilievo decisivo ai fini della succitata qualificazione il riferimento al vizio di motivazione con specifico riguardo alla sua contraddittorietà, elemento espunto dall’attuale formulazione della norma.

Il motivo è peraltro inammissibile, anche ove riferito all’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il fatto storico risulta, infatti, esaminato, dalla CTR (accatastamento dei parcheggi realizzati in categoria C/6 in luogo della categoria E invocata con il ricorso).

Quanto poi alla deduzione, da parte ricorrente, che la decisione impugnata non avrebbe rilevato che la richiesta della categoria C/6, proveniente dalla stessa società sarebbe stata frutto di errore, essa non configura la prospettazione dell’omesso esame del fatto decisivo, bensì la prospettazione di una questione di diritto, peraltro genericamente formulata senza l’indicazione delle norme violate, in ordine all’asserita possibilità di rettifica dell’accertamento direttamente da parte dell’ente impositore o del giudice, come tale estranea al vizio di motivazione dedotto.

Ciò comporta la definitività di siffatto accertamento e preclude quindi la disamina del primo motivo, con il quale la ricorrente ha lamentato, con riferimento al mancato riconoscimento della categoria E, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, comma 8 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Deve essere pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Nulla va statuito in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo svolto difese l’intimato Comune.

Va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017

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