Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10961 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. I, 26/04/2021, (ud. 22/03/2021, dep. 26/04/2021), n.10961

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi C. G. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10202-2020 proposto da:

N.P., rappresentato e difeso dall’avv. CLAUDIA

ALPAGOTTI, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/03/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 23.8.2017 il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso proposto da N.P. avverso il provvedimento della Commissione territoriale competente con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

Interponeva appello il N. e la Corte di Appello di Venezia, con la sentenza oggi impugnata, n. 4222/2019, rigettava l’impugnazione.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione N.P. Hassan affidandosi a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato, ha depositato memoria ai fini della partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorrente propone, innanzitutto, questione di legittimità costituzionale della L. 9 agosto 2013, n. 98, artt. 62-72, di conversione, con modificazioni, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, recante l’istituzione della figura del giudice ausiliario in Corte di Appello, in relazione agli artt. 3,25,102,106 e 111 Cost.. Il ricorrente richiama, sul punto, le due ordinanze di remissione n. 32032 e n. 32033, entrambe depositate il 9.12.2019, con la quale questa stessa Corte ha dubitato della conformità della normativa richiamata al dettato costituzionale.

La questione è manifestamente infondata, posto che a seguito delle dianzi richiamate ordinanze di remissione, la Corte Costituzionale si è pronunciata, con sentenza n. 41 del 25 gennaio 2021, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della L. n. 98 del 2013, artt. Da 62 a 72 compresi “nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non verrà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, art. 32”. La Corte Costituzionale, operando un misurato bilanciamento tra i diversi valori costituzionali, ed allo scopo di evitare pregiudizi irreparabili all’amministrazione della giustizia, ha ribadito, in motivazione, la legittimità della costituzione dei collegi delle Corti di Appello ai quali abbia partecipato non più di un giudice ausiliario. Dal che deriva la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente, poichè esattamente coincidente con quella appena scrutinata dalla Corte Costituzionale con la già richiamata sentenza n. 41 del 2021.

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta l’irregolare costituzione del collegio, a fronte della presenza, oltrechè di un giudice ausiliario, anche di un giudice non compreso nell’organico della Corte di Appello, bensì applicato dal Tribunale di Treviso in forza di un apposito provvedimento organizzativo del Presidente della Corte distrettuale. Il ricorrente documenta tale circostanza allegando agli atti del proprio fascicolo la comunicazione con cui è stato trasmesso il decreto di anticipazione dell’udienza, dal quale risulta la composizione dei vari collegi, nonchè la loro composizione con un giudice applicato dal Tribunale di Treviso.

La censura è infondata, come già ritenuto da questa Corte (cfr. Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6391 del 09/03/2021, non massimata).

Il Presidente della Corte veneziana ha elaborato un progetto per lo smaltimento del contenzioso in materia di protezione internazionale, che prevedeva l’applicazione di numerosi giudici del distretto per un breve lasso di tempo, ciascuno nell’ambito di collegi straordinari composti da un magistrato della sezione, da un magistrato applicato e un giudice ausiliario. Detto progetto è stato, successivamente, sottoposto al vaglio del Consiglio Superiore della Magistratura, che con la Delib. n. 1073/AS/2019 non lo ha approvato, ritenendolo da un lato contrastante con il principio della specializzazione del giudice previsto in materia di immigrazione, e dall’altro contrario al divieto di applicazione di un giudice per una sola udienza, di cui all’art. 90 della circolare del 20 giugno 2018, poichè nell’ambito del periodo previsto dal progetto (una settimana) era prevista la celebrazione di una sola udienza per ciascun collegio.

Il ricorrente assume dunque che l’inserimento dell’impugnazione nel progetto di cui si discute avrebbe fatto sì che la causa fosse decisa attraverso un modello organizzativo non ispirato ai criteri di cui alla richiamata circolare, e comunque non coerente con il criterio di specializzazione che presiede la trattazione del contenzioso in materia di protezione internazionale.

Va tuttavia considerato che il magistrato applicato non può essere considerato una persona estranea all’ufficio e non investita della funzione esercitata, in presenza di un provvedimento di applicazione da parte del Presidente della Corte d’appello ai sensi del R.D. n. 12 del 1941, art. 110. La contestazione relativa alle modalità con cui l’applicazione è stata disposta non consente poi di ipotizzare alcuna nullità della decisione assunta con la partecipazione del magistrato applicato, poichè l’art. 156 c.p.c. prevede che la nullità di un atto per inosservanza di forma non possa essere pronunciata in assenza di una espressa comminatoria di legge. Posto che nessuna norma contempla una nullità di atti ricollegata alle modalità con cui il Presidente della Corte d’Appello si avvale del potere di disporre l’applicazione al suo ufficio di magistrati del distretto, la censura va disattesa.

Nè rileva il fatto che il progetto non sia stato, poi, approvato dal Consiglio Superiore della Magistratura, posta la sua natura esecutiva e la conseguente irretroattività della pronuncia del predetto organo di autogoverno.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’erronea valutazione di non credibilità della storia personale operata dalla Corte distrettuale.

La censura è infondata.

Il ricorrente aveva dichiarato di aver lasciato il (OMISSIS), suo Paese di origine, dopo essere stato vittima di un rapimento e dell’incendio della sua abitazione da parte di alcuni militanti del partito (OMISSIS) che si erano già resi responsabili dell’uccisione del fratello del ricorrente, esponente del partito rivale (OMISSIS). La Corte territoriale ha ritenuto il narrato non credibile (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata) ed il pericolo non attuale, alla luce del lungo lasso di tempo decorso dal fatto, risalente al 2014 (cfr. pag. 8). Il ricorrente non attinge in alcun modo la seconda parte del ragionamento e, dunque, non si confronta in modo adeguato con la motivazione complessivamente resa dalla Corte di Appello.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, perchè la Corte di Appello non avrebbe condotto il giudizio comparativo tra la sua condizione, in Italia ed in patria, previsto dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298; Cass. Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 17130 del 14/08/2020, Rv. 658471).

La censura è fondata.

La Corte lagunare, invero, non svolge alcuna valutazione comparativa, ritenendo sufficiente ad escluderla il giudizio di non credibilità della storia personale riferita dal richiedente la protezione. In particolare, il giudice di merito non ha apprezzato il pur rilevante inserimento lavorativo del richiedente, titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, presente da lungo tempo sul territorio nazionale ed affetto – secondo quanto riportato dalla stessa Corte distrettuale – da episodi di allucinazione visiva, idee a sfondo persecutorio, ansia e depressione del tono e dell’umore. Per quanto attiene in particolare al profilo sanitario, la Corte veneziana ha affermato che dai documenti in atti non fosse documentato un percorso terapeutico in corso, e che comunque le patologie lamentate fossero “disturbi diffusi tra gli immigranti richiedenti il permesso di soggiorno”. In tal modo, il giudice di merito ha totalmente omesso di svolgere il giudizio ponderativo tra la condizione del richiedente la protezione, in Italia ed in patria, al fine di verificare in concreto, e non soltanto in astratto, la sussistenza del pericolo di compromissione del nucleo inalienabile dei suoi diritti umani, in caso di rimpatrio.

Ne consegue che va respinto il primo motivo, dichiarato inammissibile il secondo ed accolto il terzo. La sentenza impugnata va dunque cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Venezia, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte respinge il primo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il secondo ed accoglie il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa alla Corte di Appello di Venezia, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 22 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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