Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1096 del 20/01/2020

Cassazione civile sez. I, 20/01/2020, (ud. 25/10/2019, dep. 20/01/2020), n.1096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32895/2018 proposto da:

T.K.A., elettivamente domiciliato in Trento Via Petrarca 8

presso lo studio dell’Avv.to Giovanna Frizzi che lo rappresenta e

difende giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, Commissione Territoriale Riconoscimento

Protezione Internazionale Verona;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TRENTO, depositata il 24/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2019 da Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Trento sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 24/9/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona in ordine alle istanze avanzate da T.K.A. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona di essere fuggito dal proprio paese a causa di contrasti ereditari sorti a seguito della morte del padre.

Avverso il decreto emesso dal Tribunale di Trento il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con unico motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 ed D.Lgs. n. 286 del 2008, art. 5 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 in quanto il Tribunale di Trento non ha concesso la protezione umanitaria nonostante la avvenuta integrazione sociale e l’attività lavorativa svolta in Italia dal ricorrente.

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria (Cass.S.U. 29461/2019) il motivo si rivela inammissibile, in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente alla luce della valutazione comparativa espressa dal Tribunale di merito con esaustiva indagine circa le condizioni rispettivamente descritte dello straniero con riguardo al suo paese di origine ed all’integrazione in Italia, valutazione in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede.

Occorre poi precisare che le circostanze della avvenuta integrazione nel paese di accoglienza nonchè dello svolgimento di attività lavorativa da parte del richiedente asilo, non costituiscono da sole un parametro che possa giustificare la concessione della protezione umanitaria. Infatti questa Corte ha più volte chiarito che in materia di protezione umanitaria, “il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza. (Cass. sez. 1 n. 4455/2018 Pres. Tirelli e S.U. 29461/2019).

La censura in ogni caso si risolve in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

Infine ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater n. 115, sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 25 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2020

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