Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10953 del 26/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10953 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MAROTTA CATERINA

c.

ORDINANZA
sul ricorso 4773-2013 proposto da:
PAYLLESCHI GUIDO (PLLGDU56D18B963C), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE SANTE ASSENNATO, che lo rappresenta e
difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrentecontro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE (80078750587), in persona del legale rappresentante pro
tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA N. 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO rappresentato e difeso dagli avvocati
CLEMENTINA PULLI, EMANUELA, CAPANNOLO, MAURO
RICCI giusta procura in calce al controricorso ;

4.) ,

Data pubblicazione: 26/05/2016

- controlicorrente avverso la sentenza n. 1283/2012 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA del 22/11/2012 depositata il 30/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
9/3/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

ricorrente che si riporta ai motivi:
udito l’Avvocato CLEMENTINA PULLI difensore del
controricorrente che si riporta agli scritti.
1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente
contenuto:
<>.
3 – Questa Corte ritiene che le considerazioni e conclusioni svolte
dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla

art. 380, comma 2, cod. proc. civ. con la quale il ricorrente si limita ad
insistere nella prospettata incongruità della motivazione resa a sostegno
del fatto che il Palleschi non si trovasse nella assoluta e permanente
impossibilità di lavorare, affermata dal collegio territoriale, senza
disporre il rinnovo della consulenza medico legale ed a sostenere che “la
presenza di una residua capacità lavorativa non è ostativa al
riconoscimento della pensione ordinaria di inabilità allorché non sia
comunque in grado di garantire una retribuzione sufficiente ad
assicurare quei livello di dignità umana che la nostra Costituzione
individua come soglia minima”.
Quanto al primo rilievo è, invero, decisiva la considerazione che la
consulenza tecnica non è un mezzo di prova, bensì un mezzo istruttorie
sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente
apprezzamento del giudice, al quale spetta decidere sulla esaustività degli
accertamenti già compiuti e valutare l’opportunità di disporre indagini
tecniche suppletive o integrative di quelle già espletate, ovvero di sentire
a chiarimenti il consulente, nonché di procedere alla rinnovazione delle
indagini con la nomina di altri consulenti; e l’esercizio di tale potere (così
come il suo mancato esercizio) non può essere sindacato in sede di
legittimità sotto il profilo del difetto di motivazione salvo che non
vengano individuati gli specifici passaggi della sentenza idonei ad
inficiarne, anche per derivazione dal ragionamento del consulente, la

Ric. 2013 n. 04773 sez. MI – ud. 09-03-2016
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giurisprudenza di legittimità in materia e non scalfite dalla memoria ex

logicità (v. Cass. 29 maggio 2013, n. 13497). Peraltro, nella specie, la
Corte territoriale ha esaminato i rilievi mossi dall’appellante alla
consulenza di primo grado e, con dovizia di argomentazione, ritenuto gli
stessi privi di fondamento, così implicitamente giudicando pienamente
attendibile ed esaustivo l’elaborato tecnico.

indicati nella relazione, si richiama anche la più recente decisione Cass.
11 maggio 2015, n. 9500 che ha ribadito il principio (già espresso, in
particolare, da Cass. 8 maggio 2014, n. 9946) secondo cui: “L’art. 8 della
legge 12 giugno 1984, n. 222, attribuisce rilevanza, ai fini del
riconoscimento della pensione di inabilità e delle altre prestazioni
contemplate dalla norma, nonché della pensione di riversibilità prevista
dagli artt. 21 e 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, all’unico criterio
oggettivo della ‘assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi
attività lavorativa’ ed esclude, pertanto, che si debba verificare, nel caso di
mancato raggiungimento di un’inabilità totale, il possibile impiego delle
energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle attitudini
generali del soggetto”.
Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod.
proc. civ. per la definizione camerale del processo.

4 – Conseguentemente il ricorso va rigettato.
5 – Infine, non vi è luogo a condanna della parte soccombente alle
spese, avendo già la Corte territoriale dato atto della sussistenza delle
condizioni reddituali di esonero ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc.
civ. nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui all’art. 42 comma
11 d.l. 30/9/2003, n. 269, conv. – con modificazioni – nella legge n. 326
del 24/11/2003, raiione temporis applicabile, trattandosi di procedimento
avviato successivamente al 2 ottobre 2003.

Ric. 2013 n. 04773 sez. ML – ud. 09-03-2016
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Quanto al secondo rilievo, oltre ai precedenti di questa Corte

6 – La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo
posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità
dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo
introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero,
in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della

contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale
pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al
fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa
valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per
l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la
previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano
funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle,
pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass. Sez. un. n.
22035/2014).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a nonna del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 9 marzo 2016

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sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore

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