Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10952 del 26/05/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10952 Anno 2016
Presidente: BERNABAI RENATO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 26266-2013 proposto da:
BRAMBILLA

UNIVERSAL

SHOES

SRL

10513270156,

elettivamente domiciliata in ROMA, Via G. BELLONI 88,
presso l’avvocato RENATO ALBANESE, rappresentato e
difeso dall’avvocato CARLO GIUSEPPE SARONNI, giusta
procura speciale per Notaio dott. STEFANO RAMPOLLA di
2016

MILANO – Rep.n. 55999 del 27.4.2016;
– ricorrente –

926

contro

BRAMBILLA ALBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE GIUSEPPE MAZZINI 113, presso l’avvocato NICOLA

Data pubblicazione: 26/05/2016

PAGNOTTA, che lo rappresenta e difende, giusta
procura a margine del controricorso;
BRAMBILLA

EMANUELE,

LUCA,

BRAMBILLA

BRAMBILLA

STEFANO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUIGI
SETTEMBRINI 30, presso l’avvocato PAOLO DE MATTEIS,

MASSIMO MELDOLI, giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrenti contro

BRAMBILLA ADELE, BRAMBILLA FERDINANDO, RIPAMONTI
EDILIA S.R.L.;

avverso

la

sentenza n.

3169/2013

intimati

della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 08/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/05/2016 dal Consigliere Dott. ROSA
MARIA DI VIRGILIO;
udito,

per

la

ricorrente,

l’Avvocato

LUCILLA

IAPICHINO, con delega orala avv. SARONNI, che ha

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per i controricorrenti BRAMBILLA EMANUELE +2,
l’Avvocato MASSIMO MELDOLI che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per

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l’inammissibilità del ricorso, in subordine rigetto;
assorbimento esame della domanda del controricorrente
per la lite temeraria.

———–

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Svolgimento del processo
Luca ed Emanuele Brambilla, con l’intervento adesivo di
Stefano Brambilla, agivano avanti al Tribunale di Milano
nei confronti di Adele, Ferdinando, Alberto Brambilla,
della Ripamonti Edilia s.r.l. e della Brambilla Universal

Shoes (BUS)srl, per ottenere l’annullamento della delibera
del 27/5/2007, di approvazione del bilancio di esercizio
per l’anno 2006 della Ripamonti, con cui era stata
approvata la posta con cui era stato riconosciuto il debito
di euro 47.638,00 nei confronti di BUS a titolo di
interessi passivi sulla somma capitale di euro 697.476,76,
sborsata dalla BUS per la ristrutturazione di immobile in
parte locato alla stessa società per l’esercizio della
propria attività;la dichiarazione di influenza dominante
della BUS sulla Ripamonti, tale da permettere alla prima
vantaggi indebiti;la condanna dei convenuti ai danni,
quantificabile nelle fatture sino a tale data pagate dalla
Ripamonti a titolo di interessi passivi; l’accertamento del
ruolo di amministratore di fatto di Ferdinando Brambilla,
con la condanna ai danni causati alla società con
l’amministrazione occulta e deviata.
La società Brambilla avanzava domanda di accertamento in
capo alla Ripamonti del debito di euro 697.576,00 a titolo
di rimborso del capitale pagato per le opere di
ristrutturazione, con condanna al pagamento della somma

?,

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,oltre interessi sul capitale anticipato per il 2002 e
2003.
Il Tribunale, con la sentenza 9133/2009, annullava la
delibera assembleare della Ripamonti del 27/5/07, in
particolare la posta di bilancio con cui era stato

riconosciuto il debito per interessi a favore di BUS,
condannava le convenute in solido al rimborso dei 2/3 delle
spese di giudizio, liquidate in euro 11176,74, compensava
le spese tra l’intervenuto Stefano Brambilla ed i
convenuti.
La sentenza veniva gravata d’appello distintamente da BUS e
da Adele e Ferdinando Brambilla; riuniti gli appelli, la
Corte ambrosiana, con sentenza del 12 giugno-8 agosto 2014,
ha respinto l’appello della società Brambilla e dichiarato
assorbito l’appello incidentale di Luca Emanuele e Stefano
Brambilla, e condannato gli appellanti alle spese del
grado.
Nello specifico, e per quanto ancora interessa, la Corte
del merito, quanto all’appello principale della società
Brambilla, ha evidenziato che la stessa appellante faceva
decorrere gli interessi passivi a titolo di rimborso del
capitale dalla data di stipula del contratto 2/7/2002,
ammettendo con ciò che l’accordo risaliva a detto contesto
e che non era stato raggiunto alcun diverso accordo; che le
spese affrontate dalla BUS rientravano nell’attività
imprenditoriale, tanto che le somme pagate per la

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ristrutturazione erano state contabilizzate dalla stessa
società in bilancio quali immobilizzazioni materiali; che,
come correttamente ritenuto dal Tribunale, dall’art.7 del
contratto di locazione tra le due società si evinceva
l’esonero della Ripamonti da ogni obbligazione nei

confronti della Brambilla per la ristrutturazione dello
stabile: ed infatti, era provato documentalmente che i
lavori erano terminati nel 2002 e che le due società erano
addivenute al contratto di locazione così regolando
(clausola n.7) i rapporti anche quanto ai lavori di
ristrutturazione, funzionali all’attività imprenditoriale
della Brambilla ed anche non strettamente correlati ai
locali locati, per i quali questa non avrebbe potuto
,

avanzare alcuna rivendicazione patrimoniale.
La Corte territoriale ha infine respinto la doglianza
relativa alla domanda di arricchimento senza causa,
ritenendo la mancanza della sussidiarietà.
Ricorre avverso detta sentenza la Brambilla Universal Shoes
sulla base di quattro motivi.
Si difendono con separati controricorsi Emanuele, Luca e
Stefano Brambilla ed Alberto Brambilla.
La ricorrente ed i controricorrenti Emanuele, Luca e
Stefano Brambilla hanno depositato le memorie ex art.378
c.p.c.
Motivi della decisione
_

\7
6

)

1.1.- Col primo motivo, la ricorrente si duole della
violazione e falsa applicazione delle norme sulla
interpretazione dei contratti, ex art. 1362 e ss.
Deduce che le spese di cui si è chiesto il rimborso
riguardavano opere realizzate non nei locali locati alla

società, ma negli appartamenti ad uso abitativo, come è
pacifico e documentale. Censura in particolare due
affermazioni della Corte del merito, pur ritenendole non
decisive ai fini dell’interpretazione del contratto, ed
osserva in particolare che: la richiesta di pagamento degli
interessi con decorrenza dal 2002, dopo che le opere erano
sostanzialmente finite, non ha alcun valore confessori° di
implicita rinuncia alla ripetizione del capitale e degli
interessi o di prova dell’accordo che escludesse la
restituzione di quanto pagato dalla Brambilla; il presunto
carattere funzionale delle ristrutturazioni degli
appartamenti non è desumibile dalla contabilizzazione sotto
la voce di bilancio “immobilizzazioni materiali”, dato che
i lavori extranegozio sono stati fatti pagare dalla
Brambilla perché la Ripamonti non aveva redditi e la
Brambilla aveva invece redditi significativi, e quindi la
possibilità di recuperare fiscalmente l’Iva e dedurre i
costi, e tale convenienza fiscale era stata ammessa dai
signori Brambilla a pag.17 della comparsa di costituzione
con appello incidentale.

7

La ricorrente si duole dell’errata interpretazione della
clausola sub 7) del contratto di locazione, sostenendo che
l’unico vero motivo su cui poggia la decisione impugnata è
la indimostrata “stretta e specifica funzionalità” dei
lavori all’esercizio dell’attività del negozio di vendita

di scarpe della Brambilla, non giustificata dalla Corte
ambrosiana; la verità è che le opere anticipate per i dieci
appartamenti nulla hanno a che fare con l’esercizio
dell’attività della Brambilla; lo stesso tenore letterale
dell’art.7 depone per il riferimento ai soli locali
concessi in locazione(negozio al piano terreno, cantine
adibite a magazzino, uffici che occupano in parte il primo
piano) e detta clausola standard si riferisce alle
addizioni ed alle migliorie; la Corte del merito ha altresì
violato l’art.1362,2 ° coma, laddove non ha valutato il
comportamento complessivo posteriore delle parti, ovvero il
pagamento degli interessi approvato dall’assemblea della
Ripamonti per gli anni precedenti al 2006.
1.2.- Col secondo, la ricorrente si duole della violazione
e falsa applicazione degli artt.1592 e 1593 c.c.,
concernenti le addizioni e le migliorie nell’ambito del
contratto di locazione, di cui la clausola sub 7 del
contratto è mera specificazione, sempre con riferimento al
bene locato, e la Corte d’appello ha errato nell’estendere

L/1

detta clausola ad oggetto e rapporto estranei alla
locazione .
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1.3.- Col terzo, denuncia il vizio di motivazione, per
l’omesso esame del comportamento concludente successivo
delle parti, consistito nel pagamento degli interessi
passivi per gli anni 2004, 2005,2006, non valutato dalla Ca
che ha tra l’altro ritenuto effettuato il pagamento solo

per il 2004.
1.4.- Col quarto, si duole del “vizio di motivazione” in
relazione alla domanda di arricchimento senza causa,
proposta in subordine.
2.1.- Rapidamente disattesa l’eccezione di inammissibilità
dell’impugnazione per l’omessa integrale trascrizione della
clausola sub 7) del contratto di locazione, riportata
invero alle pagine 21 e 22 del ricorso, vanno esaminati
congiuntamente i primi tre motivi, in quanto intesi a
censurare sotto ambedue i profili dei vizi ex art.360 nn.3
e 5 c.p.c., e gli stessi devono ritenersi in parte
infondati, in parte inammissibili.
La Corte del merito,

premesso che i

lavori di

ristrutturazione erano terminati nel 2002, e che in
concomitanza di tale circostanza, le parti erano addivenute
alla stipula del contratto di locazione, ha ritenuto che le
stesse, con la clausola sub 7) avevano inteso regolare per
il futuro i loro rapporti, anche per quanto riguardava i
lavori sostenuti dalla Brambilla, stabilendo che detti
lavori erano da ritenersi funzionali all’attività di detta
società e potevano anche non essere in stretta correlazione
9

con i locali concessi in locazione, e che per gli stessi,
la Brambilla avrebbe potuto in futuro muovere alcuna
rivendicazione patrimoniale.
Ed anzi, osserva la Corte ambrosiana, “proprio l’assenza di
una stretta correlazione fra le opere realizzate in

concerto da BUS e i locali oggetto di locazione ha potuto
indurre le parti ad escludere espressamente per il futuro
ogni rivendicazione patrimoniale della conduttrice BUS nei
confronti della Ripamonti proprietaria dell’immobile.”
La Corte del merito ha infine motivatamente e congruamente
escluso, alla luce dell’espresso esonero di cui alla citata
clausola, che potesse avere alcuna incidenza il pagamento
degli interessi effettuato dalla Ripamonti nel 2004, con
ciò valutando anche il comportamento successivo delle
parti.
A fronte di detta esegesi del dato contrattuale, condotta

alla stregua dei criteri ermeneutici di cui all’art.1362 e
ss. c.c., con motivazione congrua ed esaustiva, l’odierna
ricorrente si è limitata a prospettare una diversa
interpretazione, sostenendo del tutto genericamente la
violazione degli artt. 1362-1371 c.c. nell’intento di
avvalorare la propria tesi, ovvero l’attinenza della
clausola pattizia al solo contratto di locazione ed ai beni
locati, e la natura di mera specificazione negoziale degli
artt.1592 e 1593 c.c., mentre, come tra le ultime,
affermato nella pronuncia 2465/2015 ( ed in senso conforme,

lo

tra

le

altre,

le

sentenze

8372/2005,

12258/2003,

2074/2002), in tema di interpretazione del contratto, il
sindacato di legittimità non può investire il risultato
interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi
di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo

alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica
e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con
conseguente inammissibilità di ogni critica alla
ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice
di merito che si traduca in una diversa valutazione degli
stessi elementi di fatto da questi esaminati.
2.2.- Il quarto motivo presenta profili di inammissibilità
ed infondatezza.
La ricorrente ha fatto valere il vizio di motivazione della
pronuncia, deducendo che la Corte del merito, a riguardo
della domanda subordinata, si è limitata a ritenere la
carenza del requisito della sussidiarietà(così pag. 33 del
ricorso), mentre a pag. 34, ha sostenuto che a riguardo la
Corte ambrosiana nulla ha detto.
Orbene, il motivo, specificamente prospettato come vizio di
motivazione, ove inteso a censurare l’argomento, tutto di
diritto,

fatto valere dalla Corte territoriale,

è

evidentemente inammissibile; ove lo stesso potesse
ritenersi come inteso a far valere il vizio di omessa
pronuncia, sarebbe in ogni caso infondato, avendo statuito
sul punto la Corte d’appello.
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3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese del
giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza. Non può riconoscersi il risarcimento per lite
temeraria in carenza dell’elemento soggettivo.

La Corte respinge il ricorso;condanna la ricorrente alle
spese, liquidate in euro 10.000,00, a favore dei
controricorrenti Brambilla Emanuele +2 e Brambilla Alberto,
oltre euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed
accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma l quater del d.p.r. 115 del
2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis
dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, in data 4 maggio 2016
Il Presidente

P.Q.M.

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