Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10952 del 05/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/05/2017, (ud. 07/03/2017, dep.05/05/2017),  n. 10952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18545/2015 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ORTIGARA 3,

presso lo studio dell’avvocato MICHELE AURELI, che lo rappresenta e

difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato CLAUDIO SAVELLI

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante in proprio e quale

procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI

I.N.P.S. (S.C.C.I.) S.p.A. – C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede

dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati ESTER ADA VITA SCIPLINO,

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1627/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 12/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/03/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 12 gennaio 2015, la Corte di appello di Bologna confermava la decisione del primo giudice di rigetto dell’opposizione proposta da C.C. nei confronti dell’INPS avverso il ruolo e la cartella di pagamento relativi al recupero contributivo operato dall’istituto e conseguente all’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate di un preteso maggior reddito relativo all’anno 2005;

che per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il C. affidato a due motivi cui l’INPS resiste con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

che il C. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., in cui si muovono critiche alla predetta proposta evidenziandosi che nel ricorso era stato evidenziato come, in sede di discussione orale innanzi alla Corte di Appello, fosse stata richiamata la decisione di questa Corte n. 8374/2014 sulla quale era basato il primo motivo di ricorso e, inoltre, ribadiva la fondatezza anche del secondo;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo di ricorso si è dedotta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 3, artt. 295 e 337 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) assumendosi che il credito non poteva essere iscritto a ruolo essendo stato impugnato l’accertamento sul quale si fondava innanzi al giudice tributario (il ricorrente dichiara che tale giudizio pende ancora innanzi a questa Corte) e che, comunque, questa circostanza avrebbe dovuto comportare la sospensione della presente causa ex artt. 295 o 337 c.p.c., sospensione erroneamente negata dalla Corte territoriale;

che, con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè art. 24 Cost. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per non avere il giudice del gravame disposto una consulenza tecnica d’ufficio, come richiesta in primo grado e, poi, in appello;

che il primo motivo è inammissibile alla luce del principio affermato da questa Corte secondo cui nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano, con la conseguenza che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (Cass. Sez. U., n. 16602 del 08/08/2005; successive conformi, ex multis: Cass. n. 21431 del 12/10/2007; Cass. Sez. U., n. 10374 del 08/05/2007); orbene, nel caso in esame, l’appello è stato rigettato sul rilievo del fatto che il C. nulla aveva documentato in ordine alla pendenza del giudizio tributario venendo così meno all’onere su di lui incombente di provare il fatto costitutivo posto a fondamento della eccezione sollevata e tale ratio decidendi, non risulta incisa da alcuno dei motivi di ricorso e, dunque, vale da sola a sorreggere la impugnata sentenza.

che è infondato nel resto in quanto la Corte di appello ha, con motivazione resa “ad abundatiam” ed esaustiva, spiegato la insussistenza della opportunità di sospendere il presente giudizio, trattandosi di sospensione facoltativa ex art. 337 c.p.c. (Cass. n. 13823 del 07/07/2016; Cass. n. 798 del 20/01/2015) in quanto l’ipotetica causa pregiudicante pendeva, all’epoca, innanzi a questa Corte (peraltro, come detto, nella impugnata sentenza si evidenzia che di tale pendenza nessuna prova era stata fornita);

che il secondo motivo è infondato in quanto correttamente la Corte di appello non ha disposto la consulenza tecnica d’ufficio sul rilievo che la stessa avrebbe avuto un contenuto meramente esplorativo, così applicando un principio più volte affermato da questa Corte, con motivazione non censurabile in sede di legittimità (Cass. n. 3130 del 08/02/2011; Cass. n. 15219 del 05/07/2007, ex multis);

che, pertanto, il Collegio ritiene di rigettare il ricorso anche se per ragioni parzialmente diverse da quelle indicate nella proposta dal relatore;

che le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017

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