Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10950 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. I, 26/04/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 26/04/2021), n.10950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13453/2019 proposto da:

O.S., elettivamente domiciliato in Isernia, via XXIV

maggio n. 33, presso lo studio dell’avv. P. Sassi, che lo

rappresenta e difende come da procura in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno Commissione Territoriale Riconoscimento

Protezione Internazionale Salerno Sezione Campobasso, elettivamente

domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello

Stato, che lo rappresenta e difende;

-controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

07/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2021 dal cons. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Campobasso ha respinto il ricorso proposto da O.S. cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come “rifugiato” che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di essere fuggito dalla (OMISSIS), perchè non voleva prendere il ruolo che già era stato del nonno e del padre di “ritual doctor” del villaggio e che per questo era stato minacciato di morte dai suoi familiari, che avrebbero perso i benefici della carica a meno che egli non fosse morto, nel qual caso il ruolo poteva rimanere all’interno della famiglia.

A supporto della decisione di rigetto, il tribunale ha reputato la narrazione sostanzialmente non credibile, perchè incoerente e vaga e sostanzialmente smentita dalle fonti informative dalle quali risulta che il ruolo di “ritual doctor” è molto ambito all’interno di un villaggio e non risulta riscontrato che la sua successione debba seguire una precisa linea ereditaria, nè che in caso di rifiuto, il soggetto a cui spettava succedere dovesse essere ucciso. Il tribunale ha accertato, inoltre, l’assenza di situazioni violenza indiscriminata, in quanto nell'(OMISSIS), dalle fonti risultavano solo gli atti terroristici a danno delle piattaforme petrolifere. Non veniva pertanto, riconosciuto lo status di rifugiato, nè la protezione sussidiaria, neppure declinato sotto l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c. Il tribunale non ha ravvisato, inoltre, la ricorrenza di gravi motivi di carattere umanitario.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 9 e 11 del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 14 e art. 27, comma 1 bis, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1, lett. e) e g), artt. 3, 14, art. 16, comma 1, lett. b) e art. 19 e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della situazione esistente in (OMISSIS) sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria. Mancanza totale di motivazione; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in (OMISSIS) sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2 in quanto, erroneamente, il Tribunale aveva revocato l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto solleva censure di merito sull’accertamento condotto dal Tribunale, alla stregua delle fonti consultate, in merito alla situazione generale della (OMISSIS) e della situazione personale del ricorrente nel paese di provenienza (il ricorrente contrappone le sue fonti a quelle utilizzate dal tribunale ma in termini di mero dissenso). Inoltre, la richiesta di nuova audizione da parte del ricorrente è stata generica (Cass. n. 21584/20).

Il secondo motivo è infondato, in quanto la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

Il terzo motivo è inammissibile.

Secondo l’insegnamento di questa Corte “”La revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 D.P.R. citato.” (Sez. 3 Pres. Travaglino, Est. Fiecconi, Ordinanza n. 3028 del 08/02/2018, Sez. 2 – Pres. Petitti, Est. Giusti, Sentenza n. 29228 del 06/12/2017).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

 

 

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