Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10947 del 05/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 05/05/2017, (ud. 22/02/2017, dep.05/05/2017),  n. 10947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11057/2016 proposto da:

INTESA SANPAOLO SPA, quale incorporante SANPAOLO IMI SPA, in persona

del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, 19, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO,

che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G., S.S., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE FERRARO, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

V.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7646/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 22/02/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza n. 7646/2014 del 26 ottobre 2015, la Corte di Appello di Napoli, rigettava il gravame proposto da Intesa Sanpaolo s.p.a. contro la sentenza resa dal Tribunale di Napoli che, in accoglimento della domanda proposta da C.G., T.M., S.S. e V.T., tutti ex dipendenti del Banco di Napoli già collocati in quiescenza con decorrenza anteriore al 31/12/1990, aveva condannato Intesa Sanpaolo al pagamento in favore dei suddetti delle differenze economiche sul trattamento pensionistico per i periodi e gli importi indicati in ricorso, ciò in base al mantenimento del meccanismo perequativo aziendale di cui alla Delib. dell’Istituto 17 gennaio 1983;

che la Corte territoriale, nella decisione ora impugnata, aveva ritenuto irrilevante ai fini della regolamentazione dei rapporti tra le parti lo ius superveniens costituito dalla L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 55, in ragione dell’intervenuto giudicato escludendo, altresì, che la base di computo delle prestazioni per il periodo successivo potesse essere depurata degli incrementi erogati in virtù del regime perequativo poi abrogato, ciò sulla base del criterio di calcolo definitivamente accertato con riguardo agli anni 1994/1996, il cui risultato era destinato a stabilizzarsi anche per gli anni successivi;

che per la cassazione della suddetta sentenza ricorre Intesa Sanpaolo s.p.a. (quale incorporante di Sanpaolo Imi s.p.a.) con riferimento alle posizioni del C. dello S. e del V., prospettando tre motivi di ricorso;

che il C. e lo S. resistono con controricorso, mentre il V. non ha svolto alcuna attività difensiva;

che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si deduce “nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., ovvero per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118disp. c.p.c., comma 1” (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) laddove aveva erroneamente ritenuto che la decisione in merito al diritto di conservare il trattamento perequativo maturato sino al luglio 1996 nei successivi ratei pensionistici fosse “assorbente rispetto all’argomentazione concernente la capitalizzazione del trattamento integrativo, asseritamente operato da taluno degli aventi causa degli originari titolari del diritto azionato”, assumendosi che non ricorreva nè un assorbimento proprio nè improprio in quanto il motivo di appello censurava la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva riconosciuto le pretese differenze perequative anche a favore di quei pensionati (gli attuali intimati) che già avevano risolto ogni rapporto con la società mediante la capitalizzazione del trattamento integrativo, avendo considerato irrilevante detta capitalizzazione che, invece, comportava una rinuncia ad ogni pretesa concernente il trattamento integrativo medesimo;

– con il secondo motivo viene dedotta “violazione e falsa applicazione degli artt. 1197 e 1362 c.c.” (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per erronea interpretazione dell’art. 47 Statuto Fondo Pensione per il Personale del Banco di Napoli nonchè degli atti con cui gli attuali intimati avevano esercitato la facoltà di capitalizzazione del trattamento pensionistico integrativo, evidenziandosi: che con la domanda era stata chiesta la condanna della società al pagamento delle somme relative al periodo dal gennaio 2004 al dicembre 2009; che, quindi, i ricorrenti chiedevano l’accertamento del loro diritto a mantenere il trattamento perequativo previsto dalla Delib. Consiglio Amministrazione gennaio 1983 e maturato alla data del luglio 1996 anche nei ratei di pensione successivi all’epoca in cui avevano capitalizzato il loro trattamento pensionistico integrativo; che, però, l’aver chiesto ed ottenuto la capitalizzazione del trattamento pensionistico comportava il venir meno del diritto alla pensione e necessariamente anche del diritto al trattamento perequativo, ai sensi dell’art. 1197 c.c., stante il consenso espresso alla capitalizzazione nelle missive con le quali la stessa era stata richiesta;

– con il terzo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione degli artt. 1197, 1230 e 1362 c.c.” (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto i pensionati che avevano richiesto ed ottenuto la capitalizzazione della pensione avevano stipulato un accordo con il quale l’originaria prestazione pensionistica mensile era stata sostituita con una nuova obbligazione avente ad oggetto l’erogazione di un importo in somma capitale con l’intento di estinguere la prestazione pensionistica medesima e tale accordo novativo, quindi, aveva comportato l’estinzione, ex art. 1230 c.c., della prestazione pensionistica mensile con conseguente infondatezza di ogni pretesa concernente l’obbligazione originaria, esercitata successivamente alla novazione medesima;

che il primo motivo è fondato in quanto la figura dell’assorbimento in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre è in senso improprio quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande con la conseguenza che l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’ assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa (Cass. n. 28663 del 27/12/2013, Cass. n. 17219 del 09/10/2012; Cass.n. 7663 del 16/05/2012); orbene, nel caso in esame non ricorreva una ipotesi di assorbimento improprio (tantomeno di assorbimento proprio) in quanto, il rigetto del motivo col quale era stata censurata la decisione del primo giudice di riconoscere il diritto alla conservazione del trattamento perequativo maturato sino al luglio 1996 nei successivi ratei pensionistici imponeva di valutare il motivo di gravame che concerneva la possibilità di attribuire tale diritto, con decorrenza gennaio 2004, anche a coloro che avevano esercitato la facoltà di ottenere la capitalizzazione del trattamento integrativo;

che la fondatezza del secondo motivo comporta l’assorbimento degli altri due;

che, pertanto, va accolto il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, l’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Napoli anche per le spese del presente giudizio.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017

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