Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10944 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. I, 26/04/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 26/04/2021), n.10944

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14264/2019 proposto da:

F.J., elettivamente domiciliato in Roma Via Germanico 172,

presso lo studio dell’avvocato Panici Pier Luigi, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Lombardi Baiardini Anna;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), Ministero Dell’interno Commissione

Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di PERUGIA, depositato il

19/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/01/2021 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Perugia ha respinto il ricorso proposto da F.J., cittadina nigeriana, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato alla richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

La richiedente ha riferito che in patria la famiglia versava in stato di povertà, che un uomo che aveva conosciuto in giovanissima età e che le aveva promesso che l’avrebbe aiutata, dopo che era rimasta incinta a 16 anni, non si era fatto più vedere. Aveva cominciato a lavorare come parrucchiera ma non veniva pagata perchè apprendista. Una donna l’aiuta a lasciare la Nigeria, ma si ritrova ad essere indotta a prostituirsi in Libia. Lei rifiuta e scappa.

A supporto della decisione di rigetto, espletata la audizione della F. il Tribunale ha ritenuto l’assenza, nelle dichiarazioni della richiedente, di ragioni che giustifichino la protezione. Pertanto, il non gli ha riconosciuto alcuna delle protezioni richieste, neppure l’umanitaria, non essendo stati dedotti ulteriori motivi di vulnerabilità soggettiva e/o oggettiva.

Contro il decreto del medesimo tribunale è ora proposto ricorso per

cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

La ricorrente censura la decisione del tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7 e 8, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 25 e 32, artt. 1 e 3 della Convenzione di Ginevra e degli artt. 2, 3, 4, 5 e 9 della CEDU, deducendo che la credibilità era stata illegittimamente valutata; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e art. 14, lett. a), b) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,25 e 32, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 18, della dir. 2011/36/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5.4.11, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per la mancata cooperazione istruttoria e perchè il tribunale non aveva colto, nella narrazione, gli elementi della tratta, alla quale sarebbe stata assoggettata la ricorrente; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 18 e 32, per la mancata concessione della protezione umanitaria.

Il primo motivo è inammissibile, perchè non coglie l’effettiva ratio decidendi del decreto che non è basato sulla non credibilità della richiedente, ma sul fatto che nelle dichiarazioni della stessa non si sono ravvisati gli estremi che giustificavano la protezione, considerando che il tentativo di induzione alla prostituzione si sarebbe svolto in Libia e che l’induzione era stata rifiutata dalla richiedente.

Il secondo motivo è inammissibile perchè sollecita una rivalutazione del merito della vicenda, peraltro avvalendosi di una relazione di un’associazione italiana di sostegno anti tratta che non risulta ritualmente acquisita al processo.

Il terzo motivo è inammissibile, in quanto il giudizio comparativo è stato effettuato, mentre l’assunto difensivo di una possibile soggezione a tratta imponeva al tribunale di procedere all’audizione (Cass. n. 24573/20), incombente a cui il tribunale ha provveduto, anche se, poi, l’assunto difensivo è stato prima esaminato dal tribunale, e poi escluso. Infine, il tribunale ha accertato che la dedotta situazione di estrema povertà non era sufficiente in assenza di un’adeguata integrazione sul territorio italiano.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale, esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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