Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1094 del 20/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 1094 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

Ud.

SENTENZA

sul ricorso n. 3920 dell’anno 2011 proposto da:
CONSORZIO VENEZIA NUOVA

Elettivamente domiciliato in Roma, via di Porta Castello, n. 33, nello studio dell’avv. Alfredo Biagini, che lo rappresenta e difende, giusta procura
speciale a margine del ricorso.
ricorrente
contro

BETTELLA FLAVIO – BETTELLA PAOLA – BETTELLA SILVIA

21.5.2013

Data pubblicazione: 20/01/2014

- BETTELLA DANIELA (eredi di Giuseppe Bettella)
– PROVINCIA RELIGIOSA SAN BENEDETTO DI DON ORIONE,

berto Lion).

Elettivamente domiciliati in Roma, via Confalonieri, n. 5, nello studio dell’avv. Luigi Manzi, che
li rappresenta e difende, unitamente all’avv. Sergio Dal Prà, giusta procura speciale a margine
del controricorso.
controricorrenti
nonché contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTUIURE E DEI TRASPORTI
intimato

nonché sul ricorso n. 4868 del 2011 proposto da
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTUIURE E DEI TRASPORTI

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale
dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma,
via dei Portoghesi, n. 12.
ricorrente in via incidentale
contro
BETTELLA FLAVIO – BETTELLA PAOLA – BETTELLA SILVIA
– BETTELLA DANIELA (eredi di Giuseppe Bettella)

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in persona di don Alessandro D’Acunto (erede di Ro-

- PROVINCIA RELIGIOSA SAN BENEDETTO DI DON ORIONE,
in persona di don Alessandro D’Acunto (erede di Ro-

Come sopra rappresentati
controricorrenti

nonché nei confronti di
CONSORZIO VENEZIA NUOVA

intimato
avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia, n. 722, depositata in data 24 marzo 2010;
sentita la relazione all’udienza del 21 maggio 2013
del consigliere Dott. Pietro Campanile;
sentito per il Consorzio Venezia Nuova l’avv. C.
Pesce, munito di delega;
Udite le richieste del Procuratore Generale, in
persona del Sostituto Dott. Immacolata Zeno, che
ha concluso per il rigetto, in subordine per
l’accoglimento del terzo motivo del ricorso principale e del quinto dell’incidentale.
Svolgimento del processo

l – Con atto di citazione notificato il 30 ottobre
2002 i signori Roberto Lion e Giuseppe Bettella
convenivano davanti alla Corte di appello di Venezia il Consorzio Venezia Nuova e il Ministero delle

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berto Lion).

Infrastrutture e dei Trasporti, e, premesso che il
Prefetto di Padova aveva disposto, con decreto del
16 maggio 1992, l’occupazione di un terreno di loro

intesa alla realizzazione di un progetto di ampliamento del porto di Chioggia; che successivamente
all’emanazione del decreto di esproprio la competente commissione provinciale aveva determinato in
lire 59.214.000 l’indennità ad essi spettante, in
misura inferiore all’indennità provvisoria già indicata in lire 98.690.000, da essi accettata; tanto
premesso, chiedevano che fosse accertato che
l’indennità fosse quella originariamente accettata,
o comunque, fosse determinata in misura pari a
quella provvisoria.
1.1 – Si costituiva il Consorzio eccependo, tra
l’altro, il difetto di giurisdizione, essendo la
questione relativa alla validità dell’accordo devoluta al giudice amministrativo.
Nel merito, il Consorzio, così come il Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti, eccepivano
l’infondatezza della domanda.
1.2 – La Corte di appello adita, all’esito
dell’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio,
valutati i chiarimenti forniti dall’esperto, e ri-

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proprietà nell’ambito della procedura espropriativa

levato preliminarmente che la domanda fondata sul
perfezionamento della cessione bonaria era stata
abbandonata, osservava che, pur avendo gli attori

fosse commisurata a quella provvisoria, tale richiesta non fosse ostativa alla determinazione
dell’indennità di esproprio dovuta per legge, ed a
tal fine richiamava l’orientamento secondo cui il
giudice ha il potere dovere di individuare i criteri indennitari applicabili, senza essere vincolato
dalle indicazioni delle parti. L’indennità veniva
quindi determinata, per i mappali 445 e 448 in C
365.567,50, e, quanto ai mappali 446 e 447, ritenuta la configurabilità di un’espropriazione parziale, trattandosi di aree cortilizie, in C 40.000,00
ai sensi dell’art. 40 della 1. n. 2359 del 1865.
Veniva altresì determinata in

E

112.657,63

l’indennità di occupazione temporanea.
Venivano altresì attribuiti gli interessi legali
sulle somme dovute, nonché il maggior danno da rivalutazione monetaria, pari alla differenza fra il
tasso del rendimento medio dei titoli di stato e
quello degli interessi legali.
1.3 – Per la Cassazione della decisione propongono
distinti ricorsi il Consorzio Venezia Nuova e il

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chiesto con l’atto introduttivo che l’indennità

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,
deducendo rispettivamente tre e cinque motivi, ai
quali Flavio, Paola, Silvia e Daniela Bettella,

Orione, rappresentata da don Alessandro D’Acunto,
quali eredi, rispettivamente, di Giuseppe Bettella
e di Roberto Lion, resistono con controricorso.
Il Consorzio e i controricorrenti hanno depositato
memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

2 – Preliminarmente va disposta la riunione dei
ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto
proposti nei confronti della medesima decisione.
2.1 – Con il primo motivo il Consorzio, denunciando
vizio di motivazione nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 183 e 189 c.p.c. sostiene
che erroneamente la Corte di appello avrebbe disatteso l’eccezione fondata sulla novità della domanda
inerente al “quantum”, precisata solo dopo il deposito dell’elaborato peritale, con richiesta di somma maggiore rispetto a quella indicata (in misura
pari all’indennità già offerta e, in tesi, accettata) nell’atto introduttivo.
2.2 – Questione di analogo contenuto, con indicazione delle medesime norme che si assumono violate,

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nonché la Provincia religiosa san Benedetto di don

è ravvisabile nel primo mezzo del ricorso proposto
dall’Amministrazione, ragion per cui è possibile
procedere a un esame congiunto di dette doglianze.

Vale bene premettere che non vi è spazio, allorché,
come nella specie, si denunci un error in procedendo, per la prospettazione di vizi motivazionali, in
quanto la violazione o meno della norma procedurale
sussiste indipendentemente dalle ragioni addotte
dal giudice del merito, tanto più che la corte di
cassazione al riguardo è giudice del fatto (inteso
in senso processuale) ed ha il potere – dovere di
accertarlo procedendo all’esame diretto degli atti
(Cass., Sez. un., 22 maggio 2012, n. 8077; Cass.,22
gennaio 2006, n. 24856).
2.4 – Tanto rilevato, non si può prescindere, esaminando la questione inerente all’introduzione o
meno di domande nuove oltre i termini preclusivi
segnati dagli artt. 183 e 189 c.p.c., dalla natura
dell’azione esercitata dall’espropriato ai sensi
dell’art. 19 della 1. 20 ottobre 1971, n. 865.
Secondo l’indirizzo uniformemente seguito dalla
giurisprudenza di questa Corte (Cass. 27 gennaio
1998, n. 774; Cass. 30 dicembre 1998, n. 12880;
Cass. 9 luglio 1999, n. 7185; Cass. 15 ottobre

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2.3 – Tali censure sono infondate.

2002, n. 14664; Cass. 17 aprile 2003, n. 6176;
Cass., 9 giugno 2004, n. 10899), l’opposizione alla
stima dell’indennità da corrispondere all’espro-

gnazione dell’atto amministrativo, ma introduce un
ordinario giudizio a cognizione piena in unico grado, avente ad oggetto la determinazione dell’indennità di esproprio dovuta per legge e diretto a stabilire il quantum di tale indennità, nel quale il
giudice, applicando le norme vigenti al momento
della decisione, deve procedere alla determinazione
dell’indennità anzidetta indipendentemente dalle
richieste formulate dalle parti, le cui deduzioni
non ineriscono al “petitum” immediato, già compiutamente definito dalla domanda di determinazione
dell’indennità.
2.5 – Nel giudizio sopra indicato, quindi, la stima
eseguita in sede amministrativa e la qualificazione
dell’area sulla cui base l’indennità è stata in
quella sede determinata non hanno alcun effetto
vincolante ai fini della qualificazione che il giudice di merito deve autonomamente eseguire per
quantificare l’indennità, essendo compito del giudice stesso la corretta applicazione, e prima ancora l’individuazione, dei criteri indennitari appli-

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priato non si configura come un giudizio di impu-

cabili alla procedura ablatoria avviata dai pubblici poteri, senza per questo essere vincolato dalle
indicazioni delle parti, ma con il potere-dovere di

cabili, in ossequio al generale principio “iura novit curia”. Per altro verso, il fatto che l’opponente indichi un criterio per la determinazione
dell’indennità e che tale criterio sia stato condiviso dall’opposto nella fase precedente al giudizio
stesso, non esime il giudice dal determinare la
giusta indennità in base al criterio che ritenga
correttamente applicabile.
Mette conto di richiamare, inoltre, l’insegnamento
delle Sezioni unite di questa Corte, che nella nota
decisione del 22 novembre 1994, n. 9872, ebbero a
precisare che “dato che il bene della vita alla cui
attribuzione tende l’opponente alla stima è l’indennità, liquidata nella misura di legge, non già
l’indicato criterio legale; ne’ potendo considerarsi “nuova” la relativa questione, atteso che il
giudice, nella ricerca dei criteri legali, non incontra, nei limiti della domanda, alcun vincolo derivante dalle deduzioni delle parti e che nella
complessa fattispecie dell’indennità espropriativa

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autonoma individuazione appunto delle norme appli-

non è possibile separare i profili di fatto da
quelli di diritto”.
2.6 – Entrambi i motivi esaminati, per altro, tra-

impugnata si dà espressamente atto – la domanda attorea volta all’accertamento dell’avvenuta cessione
bonaria era stata abbandonata in corso di causa, e
quindi la richiesta era “limitata alla determinazione dell’indennità di esproprio”: tale essendo il
“petitum”, le deduzioni degli opponenti in merito
alla somma da attribuire a titolo di indennità,
formulate in termini e in tempi diversi, avevano
valore meramente indicativo, non essendo richiesta
alcuna quantificazione (cfr. anche Cass., 3 aprile
2007, n. 8361; Cass., 23 settembre 2005, n. 18681).
Appare pertanto evidente come nella decisione in
esame non possa ritenersi sussistente la denunciata
violazione degli artt. 183 e 189 c.p.c., così come
non è ravvisabile alcun vizio di ultrapetizione.
3 – Con il secondo motivo il Consorzio Venezia Nuova denuncia omessa e/o insufficiente motivazione su
un punto decisivo della controversia, con particolare riferimento alla quantificazione della indennità espropriativa, nonché violazione e falsa ap-

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scurano di considerare che – come nella decisione

plicazione dell’art. 2, comma 89, della legge n.
244 del 2007.
3.1 – Quanto a quest’ultimo profilo, deve rilevarsi
ratione temporis

del richiamato

ius superveniens alla fattispecie, dovendosi ribadirsi il costante orientamento di questa Corte secondo cui la norma intertemporale di cui al comma
90 dello stesso art. 2 della 1. n. 244 del 2007
prevede bensì una (limitata) retroattività della
nuova disciplina di determinazione della indennità
espropriativa, ma solo con riferimento ai “procedimenti espropriativi”, e non anche ai giudizi, “in
corso” (Cass., Sez. un., 28 febbraio 2008, n. 5269;
Cass., 21 giugno 2010, n. 14939).
4 – La questione inerente al dedotto vizio motivazionale, come sopra dedotto, può essere esaminata
unitamente a quelle introdotte con il secondo, il
terzo ed il quarto motivo del ricorso incidentale
dell’Amministrazione.
Tali mezzi, invero, avendo in comune la denuncia di
vizi motivazionali direttamente attribuiti
all’elaborato peritale, si risolvono in inammissibili censure concernenti il merito.
Invero le critiche alle scelte effettuate in sede
peritale, così come recepite nella decisione impu-

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l’inapplicabilità

gnata, per poter incidere sulla motivazione di
quest’ultima, non possono risolversi nella proposizione, per la prima volta in questa sede, di censu-

e condivise dal giudice del merito.
Con orientamento costante, questa Corte ha affermato il principio secondo cui non incorre nel vizio
di carenza di motivazione la sentenza che recepisca
“per relationem” le conclusioni e i passi salienti
di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di
cui dichiari di condividere il merito; pertanto,
per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza
argomentativa, tale motivazione, è necessario che
la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza
tecnica d’ufficio già dinanzi al giudice “a quo”,
la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione; al contrario, una
mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei
vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in
sentenza, si risolve nella mera prospettazione di
un sindacato di merito, inammissibile in sede di
legittimità (Cass. 4 maggio 2009, n. 10222; Cass. 6
settembre 2007, n. 18688; Cass. 28 marzo 2006, n.
7078). Non risultano, invero, proposte davanti al
giudice del merito, nel senso che le relative dedu-

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re attinenti alle valutazioni compiute dall’esperto

zioni non sono state richiamate, nel rispetto del
principio di autosufficienza, nel ricorso, le complesse argomentazioni svolte in questa sede circa

d’ufficio, che, in tal modo, anziché concretare
specifiche censure alla motivazione della decisione
impugnata, si risolvono in inammissibili questioni
attinenti al merito.
Alle medesime conclusioni deve pervenirsi quando il
giudice del merito, a fronte delle critiche
all’elaborato peritale da parte dei consulenti di
parte, abbia disposto che il proprio ausiliare le
esaminasse partitamente fornendo i chiarimenti del
caso (Cass., 7 luglio 2009, n. 15904, in motivazione). Deve pertanto ribadirsi che il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di
parte (come è avvenuto nella specie), esaurisce
l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle
fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclu-

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le valutazioni operate dal consulente tecnico

sioni tratte. In tal caso, le critiche di parte,
che tendano al riesame degli elementi di giudizio
già valutati dal consulente tecnico, si risolvono

configurare il vizio di motivazione previsto
dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 9 gennaio 2009,

n. 282).
5 – Il terzo motivo, con il quale il Consorzio, denunciando omessa ed insufficiente motivazione,
nonché violazione e falsa applicazione delle norme
contenute negli artt. 49 della l. n. 2359 del 1865,
1219 e 1224 c.c., si duole dell’attribuzione degli
interessi e del maggior danno (indicato nel ricorso
come rivalutazione) sull’intera somma liquidata,
comprensiva degli importi già depositati presso la
Cassa depositi e prestiti, è fondato e va accolto.
Deve, infatti trovare applicazione il principio secondo cui n deposito della somma corrispondente
alla determinazione giudiziale dell’indennità ha
effetto liberatorio per l’ente espropriante, senza
che rilevi la circostanza che la determinazione
perderebbe il carattere di definitività a seguito
di impugnazione, da parte dell’espropriante, della
sentenza di accertamento dell’indennità, essendo la
suddetta definitività solo il presupposto per lo

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in mere argomentazioni difensive, che non possono

svincolo della somma a favore dell’espropriato; ne
consegue che l’espropriante è tenuto alla corresponsione degli interessi sull’indennità accertata

della somma stessa, gravando quelli per il periodo
successivo, sulla Cassa depositi e prestiti (Cass.,
23 aprile 2002, n. 5909; Cass., 28 gennaio 2005, n.
1823).
6 – Con l’ultimo motivo (erroneamente indicato come
sesto, ma, in realtà, quinto) l’Amministrazione
deduce violazione e falsa applicazione dell’art.
112 c.p.c., per aver la Corte d’appello attribuito
il maggior danno ai sensi dell’art. 1224 c.p.c.,
sebbene la parte si fosse limitata a chiedere la
“rivalutazione monetaria” e gli interessi.
La censura è infondata. Non risulta, invero, che la
corte territoriale abbia omesso di pronunciarsi
sulla richiesta della parte, ovvero sia incorsa nel
vizio di extrapetizione, in quanto ha attribuito
(“La rivalutazione monetaria richiesta dall’attore
spetta nella misura corrispondente al risarcimento
del danno derivato da svalutazione monetaria”)

un

determinato bene della vita all’esito di
un’operazione ermeneutica che è specificamente riservata al giudice del merito. Tale statuizione non

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dalla data dell’esproprio a quella del deposito

è quindi contestabile sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c., bensì in relazione ad
aspetti – nella specie neppure adombrati – relativi

pretativi eventualmente violati (cfr. Cass., 31 luglio 2006, n. 17451; Cass., 28 novembre 2007, n.
24708).
Per mera completezza di esposizione appare utile
ricordare che questa Corte (Cass. 28 aprile 2004 n.
8128) ha affermato che una corretta interpretazione
della domanda giudiziale postula non solo la sua
analisi letterale, ma anche e soprattutto la sua
valutazione contenutistico-sostanziale, avuto riguardo alle finalità perseguite dalla parte (Cfr.
anche Cass. 16 giugno 2003 n. 9652, secondo cui
nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice di merito non
è condizionato dalla formula adottata dalla parte,
dovendo egli tenere conto del contenuto sostanziale
della pretesa, come desumibile dalla situazione dedotta in causa).
Non può omettersi di rilevare, poi, come nel linguaggio comune, ma sovente anche nella prassi forense, esista una dimensione anfibologica del termine “rivalutazione”, ragion per cui non può affer-

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al percorso motivazionale, ovvero ai canoni inter-

marsi, con riferimento all’esito della interpretazione resa nel caso in esame, che ci si trovi in
presenza di un completo stravolgimento della doman-

petendi”, e non già di una mera opzione di natura
ermeneutica riservata, come già rilevato, al giudice del merito, e non priva, per altro, di aspetti
attinenti alla qualificazione giuridica (cfr., per
un caso speculare, ma analogo, Cass., 4 dicembre
2006, n. 25662, anche in motivazione).
6 – In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione all’unico motivo accolto,
relativo all’erronea attribuzione degli interessi e
del maggior danno ex art. 1224 c.c. sulle somme già
depositate presso la Cassa depositi e prestiti. Non
essendo necessario alcun ulteriore accertamento,
può procedersi alla decisione nel merito, nel senso
testé indicato, ai sensi dell’art. 384, secondo
comma, c.p.c..
7 – Stante la reciproca soccombenza, vanno compensate le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità fra il Consorzio e i controricorrenti; quanto al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, le stesso seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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da sotto il profilo del “petitum” e della “causa

P. Q. M.

La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il terzo mo-

unitamente al ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e, decidendo nel merito, dichiara non dovuti gli interessi e il maggior danno ex art. 1224
c.c., sulle somme già depositate presso la Cassa
depositi e prestiti. Compensa interamente fra le
parti le spese processuali relative al presente
giudizio di legittimità fra il Consorzio e i controricorrenti; condanna il Ministero delle Infrastrttuure e dei Trasporti al pagamento delle spese
processuali, che liquida in C 12.200, di cui

e

200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezion civi e, il 21 maggio 2013.

tivo del ricorso principale, che rigetta nel resto,

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