Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10937 del 26/05/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10937 Anno 2016
Presidente: DOGLIOTTI MASSIMO
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

t

SENTENZA

sul ricorso 7996-2011 proposto da:
RESTELLI EMILIO (c. f. RSTMLE34C05F205I), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 107, presso
l’avvocato ENRICO ELIO DEL PRATO, rappresentato e
difeso dall’avvocato LUCIA ANTONELLA RAPANA’, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2016
780

contro

MANZONI ELENA, MANZONI MARIA MELANIA in DE REGE,
MANZONI GIUSEPPE, quest’ultimo in proprio e nella
qualità di procuratore del fratello GIACOMO MARIA

Data pubblicazione: 26/05/2016

MANZONI (anche in proprio), elettivamente domiciliati
in

ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 23, presso l’avvocato

MICHELA NATALE, rappresentati e difesi dall’avvocato
ALESSANDRA BERNARDINI, giusta procura a margine del
controricoro;

avverso la sentenza n. 2304/2010 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 19/08/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/04/2016 dal Consigliere Dott. LOREDANA
NAZZICONE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato LUCIA ANTONELLA
RAPANA’ che ha chiesto raccoglimento del ricorso;
udito, per i controricorrenti, l’Avvocato MICHELA
NATALE, con delega, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– controricorrenti

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Milano i con sentenza del 19 agosto
2010, accogliendo l’impugnazione proposta dagli originari
attori Elena, Giacomo Maria, Giuseppe e Maria Melania Manzoni
contro Emilio Restelli, ha dichiarato non autentiche quattro
opere già attribuite al fratello degli attori, l’artista Piero
Manzoni.

d’ufficio ad opera di critico esperto dell’artista, il prof.
Altamira, ha condiviso l’accertamento del medesimo in ordine
alla non autenticità di tutte e quattro le opere oggetto del
giudizio, avendo il consulente riscontrato una difformità
delle opere da quelle analoghe, ma autentiche, anche in
ragione della provenienza incerta dei lavori, la quale non
corrobora la tesi dell’autenticità.
Avverso questa sentenza viene proposto ricorso per
cassazione da Emilio Restelli sulla base di quindici motivi.
Resistono con unico controricorso gli intimati, depositando
altresì la memoria di cui all’art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il ricorso propone quindici motivi d’impugnazione,
che possono essere come di seguito riassunti:
1) violazione dell’art. 116 c.p.c., per avere la corte
del merito meramente aderito alle conclusioni della consulenza
tecnica d’ufficio, in tal modo attribuendo ad essa la valenza
di una prova legale;
2) violazione degli art. 132 e 156, 2 ° comma, c.p.c., per
avere la corte del merito motivato la decisione in modo
apparente ed incomprensibile;
3)

violazione dell’art. 116 c.p.c., per motivazione

omessa e insufficiente, essendovi libertà valutativa del
giudice rispetto agli esiti peritali;
4) violazione degli art. 132, n. 4, e 156, 2 ° comma,
c.p.c.,

mancando

conclusioni

le

peritali,

ragioni
non

contenendo

sillogismo;

r. g. 7996/2011

dell’accoglimento

3

la

sentenza

delle
un

disposta consulenza tecnica

La corte territoriale,

5)

violazione dell’art. 116 c.p.c., per motivazione

omessa e insufficiente, essendovi contraddizione tra le
motivazioni delle due consulenze;
6) violazione degli art. 132, n. 4, e 156, 2 ° comma,
c.p.c., perché la corte del merito, a fronte di due consulenze
rispettivamente in primo e secondo grado non coincidenti, non

7) violazione degli art. 132 e 156, 2 ° comma, c.p.c.,
perché la motivazione apparente rende nulla la sentenza;
8) violazione degli art. 23 e 169 l 2 aprile 1941, n.
633, 2697, 2727 e 2729 c.c., 115, 116, 132 e 163 c.p.c., oltre
al vizio di motivazione sotto ogni profilo, con riguardo alla
base della presunzione assunta dalla corte territoriale;
9) violazione degli art. 23 e 169 l. 2 aprile 1941, n.
633, 2697 c.c., 115,

116, 132 e 194 c.p.c., oltre alla

motivazione insufficiente, avendo il giudice demandato al
c.t.u. accertamenti in fatto sulla provenienza delle opere;
10) violazione degli art. 23 e 169 l. 2 aprile 1941, n.
633, 2697, 2727 e 2729 c.c., 115, 116, 132 e 163 c.p.c., oltre
al vizio di motivazione insufficiente ed illogica, con
riguardo alla provenienza delle opere;
11) violazione degli art. 23 e 169 l. 2 aprile 1941, n.
633, 2697, 2727 e 2729 c.c., 115, 116, 132 e 163 c.p.c., oltre
alla insufficiente motivazione, in guanto non vi è prova che
tutte le opere della medesima provenienza (Esterino Clerici)
siano false;
12) violazione degli art. 23 e 169 1. 2 aprile 1941, n.
633, 2697 c.c., 115, 116, 161, 163, 191, 195 c.p.c., per avere
il c.t.u. fondato le sue conclusioni sulla relazione del
generale Bramato e sulla denuncia presentata da Elena Manzoni
il 6 maggio 1994, mentre la corte del merito non avrebbe
dovuto utilizzare tali documenti;
13) violazione degli art. 23 e 169 l. 2 aprile 1941, n.
633, 2697 c.c., 115, 116, 132 e 163 c.p.c., oltre al vizio di
omessa motivazione, perché la c.t.u. non può esonerare le

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ha dato conto adeguato della sua decisione;

parti dall’onere della prova e gli eredi del Manzoni non hanno
provato l’autenticità delle opere di confronto;
14) violazione degli art. 23 e 169 1. 2 aprile 1941, n.
633, 115, 116, 132 c.p.c., oltre al vizio di motivazione
omessa ed insufficiente, non avendo la sentenza impugnata
risposto alle critiche alla c.t.u. rivolte dal consulente di

tecnico-scientifici, l’autenticità delle opere;
15) violazione degli art. 23 e 169 1. 2 aprile 1941, n.
633, e 132, n. 4, 156 c.p.c., perché la corte del merito ha
operato, quanto all’opera in “tela grinzata”, un mero rinvio
alla sentenza di primo grado, che già ne aveva dichiarato la
non autenticità, senza aggiungere autonoma motivazione.
2. – I motivi di ricorso primo, terzo e quinto possono
essere trattati congiuntamente, in quanto tutti vertenti
sull’adesione della corte territoriale alle risultanze del
consulente tecnico d’ufficio, e sono infondati.
Il giudizio di autenticità di un’opera d’arte è un tipico
giudizio tecnico, che solo uno specialista è in grado di
compiere, onde legittimamente il giudice – salvo il caso in
cui sia egli stesso, in ipotesi, intenditore d’arte, o meglio
particolarmente addottrinato su quel particolare artista e
periodo storico, oltre che dotato degli strumenti tecnici di
indagine – si affida per il relativo accertamento al parere di
un esperto; né ciò significa attribuire, come paventa
l’attore, alla consulenza tecnica il ruolo di una “prova
legale”, nozione tecnico-giuridica da riservarsi ad altre
fattispecie (cfr. art. 2700, 2702, 2733, 2 ° comma, c.c.).
La consulenza tecnica svolta da un esperto all’uopo
nominato resta, invero, sottoposta al libero apprezzamento del
giudice, il quale può ritenere di aderirvi, come invece
reputarla incompleta o insufficiente.
Tanto è quanto ha correttamente compiuto la corte
territoriale nella vicenda in esame, onde tali motivi vanno
disattesi.

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parte, il quale aveva dimostrato, con accertamenti artistici e

3. – Il quattordicesimo motivo, che parimenti attiene
alla c.t.u., è infondato.
La consulenza tecnica di parte costituisce una semplice
allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di alcun
valore probatorio, onde il giudice del merito, così come non
è tenuto a contrastare tutte le argomentazioni difensive degli
avvocati, allo stesso modo non è obbligato a rispondere a

tecnica di parte.
Né, ove vada di contrario avviso, gli è imposto di
analizzarne e

ti confutarne il contenuto, e ciò pur quando

ponga a base del proprio convincimento considerazioni con essa
incompatibili e conformi al parere del proprio consulente
(Cass. 29 gennaio 2010, n. 2063).
4. – Un insieme di motivi – secondo, quarto, sesto,
settimo e quindicesimo – si appuntano sulla motivazione della
sentenza impugnata, la quale non risponderebbe ai requisiti
prescritti dall’art.

132 c.p.c.

e sarebbe inidonea ad

esprimere le ragioni della decisione: ciò, in ragione della
sua brevità, della mera adesione alla consulenza tecnica
d’ufficio, della mancanza di un compiuto
sillogistico”,

“ragionamento

del rinvio – per quanto riguarda una delle

opere – alla motivazione della sentenza di primo grado.
Sotto quest’ultimo profilo, le Sezioni unite hanno di
recente statuito, con riguardo alla sentenza riproduttiva
delle argomentazioni di un atto di parte, pur senza niente
aggiungervi, che essa non è nulla, ove le ragioni della
decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo
giudicante e risultino in modo chiaro

(Cass., sez. un., 16

gennaio 2015, n. 642).
Tale conclusione ben può estendersi all’ipotesi in cui si
operi riferimento alla motivazione della sentenza impugnata,
posto che il giudice dell’impugnazione ben può aderire a
quella, senza necessità, ove la condivida, di ripetere
necessariamente tutti gli argomenti a sostegno della decisione
o di rinvenirne altri.

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tutti gli argomenti che siano esposti in una consulenza

Quanto esposto vale anche a disattendere tutte le altre
censure veicolate dai motivi in esame.
La sentenza impugnata ha riportato le conclusioni della
consulenza tecnica espletata, aderendo ad esse e richiamando
altresì, con riguardo ad una delle quattro opere, la condivisa
affermazione di non autenticità, operata già dalla sentenza di
primo grado.

obbligo di motivare la sentenza pronunciata, a norma dell’art.
132 c.p.c. e 118 att. c.p.c.; non senza doversi qui osservare
come, nell’attuazione del principio costituzionale della
ragionevole durata del processo e dell’economia processuale,
in una con quello del giusto processo, la tendenza del
legislatore è nel senso di una motivazione concisa che, sia
pure nel rispetto dei fini suoi propri ed, in particolare,
della completezza e chiarezza, sia tuttavia in grado di
esprimere i concetti in modo sintetico, senza inutili
ripetizioni e passaggi sovrabbondanti.
La sentenza, invero, prima che un documento giuridico, è
un documento letterario, del quale deve rispettare i canoni
essenziali: onde non sarebbe ben scritta, oltre che rispettosa
del disposto delle norme richiamate, una sentenza che
ripetesse più volte lo stesso concetto a fini di maggiore
chiarezza, costituendo principio di corretta redazione dei
testi l’esporre da subito i concetti in modo nitido, senza
bisogno, quindi, di ripeterlo più volte nella ricerca di una
migliore intelligibilità.
La sentenza impugnata rispetta in pieno il canone della
sinteticità, unito a quello della chiarezza: laddove,
trattandosi di far proprie le risultanze di una consulenza in
materia di autenticità di opera d’arte, il giudice del merito
ha adempiuto correttamente al proprio obbligo motivazionale í
richiamando i risultati e le argomentazioni esposte dal
consulente tecnico d’ufficio.
5. – L’ultimo insieme di motivi – dall’ottavo al
tredicesimo – mira a contestare il convincimento esposto dal

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In tal modo, il giudice d’appello ha assolto al proprio

giudice del merito circa l’autenticità delle opere quanto alla
loro provenienza, nonché alla ritenuta autenticità delle opere
di confronto.
Il giudizio di autenticità di opere d’arte contemporanea,
quali quelle per cui è causa, caratterizzate dall’impiego di
materiali, forme, concezioni relativamente agevoli da

da renderne parimenti agevole un realistico “invecchiamento” è stato svolto dalla corte del merito, come più volte esposto,
mediante l’espletamento della consulenza tecnica, dal giudice
fatta propria.
Una riproposizione, in questa sede, delle valutazioni e
degli apprezzamenti di merito – cui, in fatto, i motivi in
oggetto mirano – è dunque inammissibile, non trattandosi di
questioni esaminabili nel giudizio di legittimità.
6. – Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese di lite in favore solidale dei
controricorrenti, liquidate in C 7.200,00 complessivi, di cui
E 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli
accessori, come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12
aprile 2016.

riprodurre – ed, inoltre, non così risalenti nel tempo, tanto

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