Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10936 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. III, 05/05/2010, (ud. 08/04/2010, dep. 05/05/2010), n.10936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGEA, AGENZIA EROGAZIONI IN AGRICOLTURA, in persona del legale

rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ CATTOLICA ASSICURAZIONI COOP. A R.L. in persona del suo

procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE

GIANTURCO 6, presso lo studio dell’avvocato SCIUTO FILIPPO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SCOFONE CARLINO, giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3290/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA

dell’8/07/2008, depositata l’01/09/08;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica

dell’08/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

udito l’Avvocato Nucaro Giuseppe (Avvocatura), difensore della

ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Sciuto Filippo, difensore della controricorrente che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

e’ presente il P.G. in persona del Dr. ANTONIETTA CARESTIA, che ha

concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 14 maggio – 29 luglio 2002 il Tribunale di Roma accoglieva l’opposizione proposta dalla Societa’ Cattolica di Assicurazione all’ingiunzione per L. 220.528.000 intimatale dall’AGEA in relazione alla garanzia prestata dalla societa’ assicuratrice a favore della Farzoo S.r.l., la quale era risultata inadempiente agli obblighi contrattuali.

Con sentenza in data 8 luglio – 1 settembre 2008 la Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza impugnata.

La Corte territoriale osservava per quanto interessa: l’AGEA non aveva provato e neppure mai indicato da quali elementi fosse desumibile l’inadempimento della Farzoo all’obbligo di denaturare il latte; l’appellante non aveva censurato l’affermazione del Tribunale circa l’onere di provare tale inadempimento con riferimento alla partita dettagliatamente individuata;

Avverso la suddetta sentenza l’AGEA ha proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo.

La Societa’ Cattolica di Assicurazioni Coop. a r.l. ha resistito con controricorso.

Il ricorso, originariamente trattato nell’adunanza in Camera di consiglio del 3 dicembre 2009, e’ stato rinviato alla pubblica udienza.

La ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del Reg. CEE n. 368/71 e dell’art. 1936 c.c., nonche’ degli artt. 2697 e 2698 c.c..

La questione sottoposta all’esame della Corte e’ la prova dell’inadempimento – negata dalla sentenza impugnata e affermata dalla ricorrente – da parte della Farzoo S.r.l. dell’obbligo di denaturare il latte acquistato e di destinarlo all’alimentazione degli animali; cio’ in quanto l’obbligo della soc. Cattolica di garantire l’Agea sorgeva a seguito dell’inadempimento della Farzoo.

La questione sopra sintetizzata implica necessariamente esame delle risultanze processuali e apprezzamenti di fatto che non sono consentiti nel giudizio di legittimita’.

D’altra parte il ricorso non censura specificamente la sentenza impugnata nelle parti in cui rileva che non e’ stata impugnata l’affermazione del Tribunale circa la mancata produzione di qualsivoglia documento da parte dell’Agea e che in appello e’ stata depositata una serie di fotocopie di documenti della cui produzione in primo grado non vi e’ prova, cosi’ come dei necessari riferimenti al fatto specifico che ha originato la controversia.

Anche con la memoria la ricorrente assume che, vertendosi in materia di fideiussione e trattandosi di giudizio di opposizione ad ingiunzione, gravava sulla Cattolica provare il corretto adempimento dell’obbligazione da parte della Farzoo e aggiunge che, comunque, l’inadempimento della medesima risultava per tabulas.

La prima affermazione trascura il rilievo della Corte territoriale, secondo cui “l’Agea non ha contestato la statuizione del Tribunale che le ha addossato l’onere di provare l’inadempimento della S.r.l.”.

La seconda si basa su un’asserita prova fondata su documento (la Corte territoriale ha spiegato di non avere rinvenuto alcun specifico riferimento alla partita di latte oggetto del giudizio) di cui, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 non vengono offerte le prescritte indicazioni. Infatti e’ orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. Ili n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimita’. In altri termini, il ricorrente per Cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento.

Ne consegue che il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono il criterio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA