Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10934 del 26/04/2021
Cassazione civile sez. I, 26/04/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 26/04/2021), n.10934
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32216/2018 proposto da:
K.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Germanico 172,
presso lo studio dell’avvocato Panici Pier Luigi, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato Lombardi Baiardini Anna;
– ricorrente –
contro
Commissione Territoriale per il Riconoscimento della protezione
Internazionale Firenze Sez. Perugina, Ministero dell’Interno,
(OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di PERUGINA, depositato il
01/10/2018;
udita la relazione della causa svolta dalla Camera di consiglio del
15/01/2021 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Perugia ha respinto il ricorso proposto da K.M., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il richiedente ha riferito che il padre era stato ucciso da una persona che aveva vecchi rancori e per questo aveva lasciato il paese nel (OMISSIS). Siccome non aveva più la protezione del padre e della madre, si era cercato un lavoro fuori del proprio paese, fino a giungere in Italia. Successivamente, ha invece riferito di avere abbandonato il proprio paese per il timore che le persone che avevano ucciso il padre, potessero uccidere anche lui. Gli assassini del padre erano ribelli, mentre il padre era contrabbandiere.
A supporto della decisione di rigetto, il tribunale ha rilevato che il racconto del richiedente non è credibile per le diverse versioni fornite della vicenda, che riguardano fatti di natura privata. Pertanto, il tribunale non ha riconosciuto alcuna delle protezioni richieste, neppure la protezione umanitaria, non essendo stati dedotti ulteriori motivi di vulnerabilità soggettiva e/o oggettiva.
Contro il decreto del medesimo tribunale è ora proposto ricorso per
cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione del tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e art. 14, lett. c), D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, 25 e 32 e degli artt. 2, 3, 4, 5 e 9 della CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento alla credibilità del richiedente, avuto riguardo alla mancata cooperazione istruttoria, per il riconoscimento dello status di rifugiato e/o della protezione sussidiaria; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6, e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria.
Il primo motivo è inammissibile perchè censura il giudizio di non credibilità che consiste in una valutazione discrezionale (anche se non arbitraria) congruamente motivata e che preclude l’accertamento d’ufficio relativamente alla situazione del ricorrente riferita al contesto generale del paese, in riferimento allo status di rifugiato ed alla protezione sussidiaria, per le ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Mentre, in riferimento all’ipotesi di cui del medesimo D.Lgs. n. 251 del 2007 cit., art. 14, lett. c), non ne risulta specificamente che sotto la compiuta allegazione in sede di merito.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto solleva censure di merito sull’accertamento della situazione personale del ricorrente senza indicare quali ragioni di vulnerabilità, diverse da quelle considerate nel provvedimento e giudicate dal tribunale prive di riscontro, fossero state allegate in sede di merito.
La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021