Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10932 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. III, 05/05/2010, (ud. 08/04/2010, dep. 05/05/2010), n.10932

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA

NUOVA 439, presso lo studio dell’avvocato RAINONE ACHILLE, che lo

rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

UGF ASSICURAZIONI SPA nuova denominazione assunta – dalla SpA

Compagnia Assicuratrice Unipol, la quale ha incorporato Per fusione

la SpA Aurora Assicurazioni (gia’ SpA Meieaurora Assicurazioni) in

persona del suo procuratore ad negotia, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA LEONIDA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato

SPINELLI GIORDANO TOMMASO, che la rappresenta e difende, giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

B.M., F.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3946/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

9.7.08, depositata l’8/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

udito per la ricorrente l’Avvocato Achille Rainone che si riporta

agli scritti;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA che

nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 29 aprile 2009 A.G. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 8 ottobre 2008 dalla Corte d’Appello di Roma, confermativa della sentenza del Tribunale, che aveva condannato B.M., F.F. e la Meie Assicurazioni (attualmente UGF Assicurazioni S.p.A.) a pagargli in solido Euro 87.526,76 a titolo di risarcimento danni da sinistro stradale. L’UGF Assicurazioni S.p.A. ha resistito con controricorso, mentre gli altri intimati, F. F. e B.M., non hanno espletato attivita’ difensiva.

2- I motivi del ricorso risultano inammissibili, poiche’ la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006,art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in Cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Come eccepito dalla resistente, il ricorso e’ stato redatto secondo una tecnica espositiva che rende disagevole e discutibile persino l’individuazione dei motivi di ricorso e la riferibilita’ dei quesiti, in evidente spregio del disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 4, il quale prescrive la specificazione dei motivi per cui viene chiesta la cassazione della sentenza impugnata.

Viene proposta una censura intitolata: “insufficiente motivazione sul mancato riconoscimento del danno specifico” cui segue quello che viene definito 1 motivo cosi’ formulato: “costituisce domanda nuova il risarcimento del danno specifico, emergente da giudizio concluso con sentenza del Tribunale del Lavoro, emessa nel corso del giudizio di primo grado? E comunque, anche in mancanza di allegazioni probatorie, se il danno specifico e’ rimesso alla decisione del Tribunale e, successivamente, della Corte d’Appello, puo’ essere valutato prendendo come parametro di riferimento almeno al triplo della pensione sociale?”.

Dalla ripetizione testuale di quanto scritto nel ricorso si evince chiaramente che non viene denunciata alcuna violazione ne’ falsa applicazione di norme di diritto, che il ricorrente prescinde totalmente dai necessari riferimenti alla motivazione della sentenza impugnata e alla specificita’ del caso concreto, che non vengono spiegate le ragioni dell’addotta insufficienza della motivazione (la Corte territoriale aveva ritenuto inammissibile per tardivita’ una produzione documentale).

Il ricorso prosegue lamentando. “contraddittorieta’ della motivazione circa un punto decisivo della controversia”, cui segue in 2 quesito cosi’ concepito: “Se vengono fissati i termini ex art. 184 c.p.c. per deposito note e documenti e nel corso del giudizio il danneggiato e’ sottoposto a successive operazioni chirurgiche conseguenti il danno fisico riportato nel sinistro per cui e’ causa o subisce una progressiva limitazione della propria capacita’ lavorativa riscontata da organo giudiziario competente per materia. Le risultanze documentali possono essere depositate al di fuori dei termini dell’art. 184 c.p.c., previa riapertura dei termini suddetti?”.

Il quesito presenta i medesimi connotati che lo rendono intrinsecamente inammissibile posti in evidenza con riferimento al primo motivo. Anche con questa censura non vengono denunciate ne’ violazione, ne’ falsa applicazione di norme di diritto, ma viene lamentato un vizio di contraddittorieta’ della motivazione in relazione al quale non viene offerta alcuna argomentazione dimostrativa.

Infine l’ A. lamenta: “violazione o falsa applicazione dell’art. 184 bis c.p.c. e dell’art. 421 c.p.c., comma 2”. Con questa doglianza egli si limita ad affermare che la durata pluriennale dei processi civili per i danneggiati che abbiano riportato gravi lesioni che rendano necessarie piu’ operazioni chirurgiche nel corso degli anni o abbiano ottenuto altra documentazione probatoria debba indurre a concedere una riapertura dei termini.

Trattasi di affermazioni de iure condendo e del tutto avulse dalla sentenza impugnata.

Ragioni di completezza consigliano di rilevare che nel ricorso non viene mai dimostrato il carattere decisivo della documentazione di cui discute.

4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria ed ha chiesto d’essere ascoltato in Camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte con la memoria non superano i rilievi della relazione circa la non immediata identificabilita’ delle censure e il mancato soddisfacimento dell’onere processuale di cui all’art. 366 bis c.p.c.;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

 

 

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