Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10931 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. I, 26/04/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 26/04/2021), n.10931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32212/2018 proposto da:

E.B., elettivamente domiciliato in Roma Via Germanico

172, presso lo studio dell’avvocato Panici Pier Luigi, lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Lombardi Baiardini

Anna;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12, Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di PERUGIA, depositato il

18/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/01/2021 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Perugia ha respinto il ricorso proposto da E.B., cittadina (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato alla richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazione e anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

La richiedente ha riferito di avere subito nel campus della scuola che frequentava un’aggressione da parte di un gruppo di ragazzi che nel tentativo di violentarla le avevano puntato contro un’arma, ed era riuscita a scamparla per l’intervento degli uomini della sicurezza. Aveva quindi deciso d’iscriversi in un cult per avere garanzie di protezione dal rischio di altre aggressioni, ma di essersi rifiutata di obbedire all’ordine di uccidere un’altra ragazza. Era, quindi, riuscita a fuggire. Aiutata da un uomo incontrato per strada, che però, dopo averla fatta arrivare in Libia, l’aveva venduta come prostituta, ma era riuscita a fuggire imbarcandosi per l’Italia.

A supporto della decisione di rigetto, il tribunale ha rilevato che la ricorrente è risultata generica essendosi limitata a fornire indicazioni poco circostanziate sui cult in Nigeria; pertanto, il Tribunale non ha riconosciuto alcuna delle protezioni richieste, neppure l’umanitaria, non essendo stati dedotti ulteriori motivi di vulnerabile a soggettiva e/o oggettiva.

Contro il decreto del medesimo tribunale è ora proposto ricorso per

cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

La ricorrente censura la decisione del Tribunale (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 comma 3, in quanto la Corte d’appello aveva ritenuto la ricorrente erroneamente non credibile; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7 e 8, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, 25 e 32, artt. 1 e 3 della Convenzione di Ginevra e degli artt. 2, 3, 4, 5 e 9 della CEDU, sulla mancata concessione dello status di rifugiato; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e art. 14, lett. a), b), c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, 25 e 32, per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per la mancata concessione della protezione umanitaria.

Il primo e secondo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono inammissibili, perchè da una parte la ricorrente contesta il giudizio di non credibilità che è una valutazione discrezionale (anche se non arbitraria) del giudice del merito nella specie congruamente motivata, dall’altro, sulla base proprio della ritenuta non credibilità della ricorrente, il Tribunale non era tenuto a disporre ad un accertamento d’ufficio sul cultismo in Nigeria, anche se dalla consultazione delle fonti informative, la Confraternita menzionata dalla ricorrente risultava non esistente.

Il terzo motivo è inammissibile, in quanto, alla censura che lo Stato nigeriano non tutela dalle sette, la ricorrente non ha saputo superare l’obiezione sollevata dal tribunale che la ricorrente non si è neppure rivolta alla Polizia ed, inoltre, in riferimento alla dedotta situazione di violenza indiscriminata la ricorrente non ha saputo superare l’obiezione che tale situazione non è stata neppure allegata.

Il quarto motivo è inammissibile, in quanto la ricorrente non chiarisce le situazioni di vulnerabilità che avrebbe allegato nel merito. Inoltre, la circostanza dedotta in memoria di avere partorito una bambina è un fatto nuovo che non può essere preso in considerazione in sede di legittimità, non risultando neppure lo stato di gravidanza allegato in sede di merito.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna la ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

 

 

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