Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10930 del 18/05/2011

Cassazione civile sez. II, 18/05/2011, (ud. 18/04/2011, dep. 18/05/2011), n.10930

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

O.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DI S. MARIA MAGGIORE 112, presso lo studio dell’avvocato DI

LAURO ALDO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.M.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, V.LE GIUSEPPE MAZZINI N. 123, presso lo studio dell’avvocato

MENNUNI ANTONIO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3754/2003 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/04/2011 dal Consigliere Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;

udito l’Avvocato Andrea VARANO, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato MENN0NI Antonio difensore del resistente che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

O.G., con denuncia di nuova opera diretta al Pretore di Castelnuovo di Porto, chiedeva che venisse disposta la sospensione dei lavori che M.P. stava effettuando in un appartamento soprastante quello di esso ricorrente.

Il Pretore negava il provvedimento cautelare, rimettendo le parti davanti al Tribunale di Roma, competente per valore.

O.G. riassumeva la causa con atto di citazione notificato il 26 aprile 1995.

M.P. resisteva alla domanda.

Il Tribunale di Roma, con sentenza in data 20 maggio 2002, condannava la M. al ripristino dei luoghi da lei illecitamente stravolti ed al risarcimento dei danni, liquidati in Euro 10.330,00.

M.P. proponeva appello, che veniva parzialmente accolto della Corte di appello di Roma con sentenza in data 25 settembre 2008.

I giudici di secondo grado ritenevano che M.P. si era limitata ad effettuare lavori nell’ambito della sua proprietà esclusiva, i quali avevano causato modeste fessurazioni in corrispondenza del solaio di O.G., per cui il danno, in considerazione anche dello stato di quasi abbandono in cui si trovava l’appartamento dell’attore, veniva ridotto in via equitativa ad Euro 800,00.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione O. G., con un unico motivo.

Resiste con controricorso M.P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Con esso si denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e si censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto che il pianerottolo che era stato investito dai lavori effettuati da M.P. fosse di proprietà esclusiva della stessa,per avere aderito alle conclusioni del C.T.U., nonostante gli errori commessi dallo stesso in ordine alla esclusione della esistenza dei dissesti lamentati, per avere erroneamente affermato al fine della liquidazione dei danni che l’appartamento di O.G. era in condizioni quasi fatiscenti, per poi concludere, senza avere mai specificato autonomamente quali erano i singoli fatti controversi, con la formulazione del seguente quesito di diritto, del tutto eccentrico rispetto allo svolgimento del motivo: nella determinazione del danno in via equitativa il giudice del merito a quale criterio interpretativo si deve attenere quando la quantificazione del danno non sia facilmente individuabile? E’ evidente la non congruenza del quesito di diritto in relazione alle questioni sollevate nel corpo del motivo, con conseguente inammissibilità del ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida nella complessiva somma di Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed oltre accessori di legge e spese generali.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2011

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