Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1093 del 20/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 1093 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

Ud.
SENTENZA
sul ricorso n. 31628 dell’anno 2006 proposto da:
GIAMBANCO ANNA MARIA – GIAMBANCO CARMELA – GIAMBANCO VINCENZO – GIAMBANCO ROSALIA
Elettivamente domiciliati in Roma, via Oslavia, n.
30, nello studio dell’avv. Salvatore Grimaudo, che
le rappresentano e difendono, giusta procure speciali, quanto a Giambanco Anna Maria, autenticata
dal notaio Maniga di Sassari il 6.11.2006,e, quanto

é03
zol3

21.5.2013

Data pubblicazione: 20/01/2014

agli altri, in calce ricorso.
ricorrenti

RETE FERROVIRIA ITALIANA S.P.A.

Elettivamente domiciliata in Roma, piazzetta Cairoli, n. 2, nello studio dell’avv. Giuseppe Pinelli;
rappresentata e difesa dall’avv. Rosalba Basile,
giusta procura speciale a margine del controricorSO.

controricorrente

avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo, n. 429, depositata in data 5 aprile 2006;
sentita la relazione all’udienza del 21 maggio 2013
del consigliere Dott. Pietro Campanile;
sentito per i ricorrenti l’avv. C. Ciofalo, munito
di delega;
sentito per la controricorrente l’avv. F. Scatamacchia, munito di delega;
Udite le richieste del Procuratore Generale, in
persona del Sostituto Dott. Immacolata Zeno, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
Svolgimento del processo

l – i signori Giambanco Anna Maria, Carmela, Vin-

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contro

cenzo e Rosalia, premesso di aver convenuto con
l’Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato, con
atto rogato in data 3 giugno 1983, la cessione di

calità Brancaccio, prevedendo il pagamento del
prezzo di lire 94.710.000, comprensivo della indennità di occupazione, nonché la revisione del medesimo, con eventuale conguaglio, sulla base delle
previsione della disciplina che sarebbe stata emanata in sostituzione delle norme dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale con sentenza n.
5 del 1980, convenivano in giudizio davanti alla
Corte di appello di Appello di Palermo l’Ente Ferrovie dello Stato, chiedendo l’attribuzione di
quanto di loro spettanza a titolo di conguaglio.
1.1 – A seguito di alterne pronunce in materia di
competenza, ed all’esito della sentenza di questa
Corte di cassazione in data 16 dicembre 1999, che
aveva affermato la competenza della Corte di appello di Palermo, il giudizio veniva riassunto, con
atto di citazione del 28 novembre 2000, davanti alla stessa, la quale, rilevata la natura conformativa del vincolo apposto sul terreno, escludeva, in
assenza di legali possibilità edificatorie, la
fondatezza della domanda di conguaglio, che, per-

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un terreno di loro proprietà, sito in Palermo, lo-

tanto, rigettava, con compensazione delle spese
processuali.
1.2 – Per la cassazione di tale decisione i pro-

tivi, cui Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. resiste
con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie ai sensi
dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
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Con il primo motivo si deduce violazione

dell’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti
dell’Uomo, degli artt. 111 e 117 Cost, nonché motivazione insufficiente e contraddittoria : richiamandosi la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, e, in particolare, la nota decisione emessa il
29 marzo 2006 nel proc. n. 36813/1997, nota come
sentenza Scordino, si sostiene l’illegittimità
dell’Art. 5 bis della legge n. 359 del 1992.
2.1 – Con il secondo mezzo si denuncia violazione e
falsa applicazione del Protocollo n. 1 art. l della
CEDU, nonché dell’art. 42 Cost., in relazione alla
mancata corrispondenza dell’indennità al valore di
mercato del bene espropriato.

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prietari propongono ricorso, affidato a cinque mo-

2.2 – Con la terza censura, deducendosi violazione
e falsa applicazione della 1. n. 865 del 1971,
dell’art. 5 della 1. n. 359 del 1992 si contesta la

reni oggetto di cessione, come affermata dalla corte territoriale, ribadendosi che si tratterebbe di
vincolo preordinato all’espropriazione, che ricorrerebbe in ogni caso in cui l’opera cui esso si riferisce

non può essere

realizzata che dall’ente

pubblico.
2.3 – Con il quarto motivo la violazione delle norme indicate in quello precedente viene prospettata
in relazione alla previsione, nel vincolo suddetto,
di costruzioni necessarie per realizzare
l’ampliamento della stazione ferroviaria: di conseguenza, non si tratterebbe di vincolo di inedificabilità.
2.4 – Con l’ultimo motivo, infine, si deduce la
violazione dell’art. 91 c.p.c., formulandosi un
giudizio di erroneità della condanna al pagamento
delle spese processuali, subordinato, tuttavia,
all’accoglimento delle domande inerenti al merito.
3 – Assume carattere prioritario l’esame – che può
essere effettuato congiuntamente in considerazione
dell’intima connessione fra le questioni dedotte –

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natura conformativa del vincolo esistente sui ter-

del terzo e del quarto motivo, inerenti alla ricognizione dell’area, in quanto solo l’affermazione
della natura edificabile dell’area ceduta consenti-

della domanda di conguaglio, che evidentemente assorbe le altre censure.
Deve preliminarmente rimarcarsi che la pronuncia
della Corte costituzionale n. 348 del 2007 riguarda
soltanto i primi due commi dell’art. 5 bis della 1.
n. 359 del 1992, ma non il terzo, sul quale si fonda il criterio di individuazione delle aree edificabili.
Deve quindi ribadirsi che l’affermazione della necessità del ricorso alla volontà delle parti come
criterio per stabilire la natura edificatoria o meno del terreno è all’evidenza inadeguata, e comunque difforme al costante indirizzo di questa Corte,
secondo cui, perché possa procedersi a conguaglio,
occorre verificare, applicando i criteri della normativa sopravvenuta, se ricorrano i presupposti richiesti per procedere alla nuova stima del terreno,
e ciò anche prescindendo dalla valutazione comune
effettuate dalle parti in sede di cessione.
Questa Corte invero ha già affermato che la 1. 29
luglio 1980 n. 385, nel dettare norme provvisorie

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rebbe di superare il giudizio di inammissibilità

sull’indennità di espropriazione di aree edificabili, ha previsto che le indennità determinate secondo i criteri dettati dall’art. 1 sarebbero state

la legge sostitutiva delle norme dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale con la sentenza
n. 5 del 1980, da emanarsi entro un anno dall’entrata in vigore della legge suddetta.
Ciò comporta che la comune valutazione dell’immobile quale edificabile, in sede di accordo per la
corresponsione di un acconto sull’indennità di
espropriazione, non è vincolante, e non preclude
quindi la verifica della natura edificatoria secondo i criteri introdotti dalla legge sopravvenuta
(art. 5 bis d.l. 11 luglio 1992 n. 333, conv. in l.
8 agosto 1992 n. 359), né la determinazione
dell’importo dell’indennità spettante, il quale
può, in ipotesi, risultare inferiore alla somma già
percepita dall’espropriato a titolo di acconto, con
conseguente esclusione di ogni conguaglio (Cass.,
14 febbraio 2008, n. 3705).
3.1 – La natura non edificabile dell’area ceduta
non acquista rilevanza neppure in relazione allo
ius superveniens

rappresentato dalla sentenza n.

181 del 10 giugno 2011, pubblicata sulla G.U. n. 26

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soggette a conguaglio secondo quanto stabilito dal-

del 15 giugno 2011, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 4

disposto con la L. n. 865 del 1971, art. 15, comma
l, secondo periodo e art. 16, commi 5 e 6 nel testo
sostituito dalla L. n. 10 del 1977, per contrasto
con l’art. 42 Cost., comma 3 e l’art. 117 Cost..
Questa Corte, infatti, ha già rilevato che tanto la
disciplina del conguaglio quanto l’efficacia della
testé richiamata sentenza della Corte Costituzionale erano collegati al presupposto indefettibile
della natura edificatoria delle aree oggetto di
cessione volontaria, il cui corrispettivo per l’appunto veniva ritenuto “conguagliabile” per l’applicazione di un diverso, seriamente ristoratore, criterio indennitario; tali presupposti non ricorrono
nella specie alla luce il fermo indirizzo di questa
Corte, già richiamato, per il quale, ove la cessione sia stata convenuta per aree agricole, nessun
conguaglio è azionabile ad integrazione del corrispettivo erogato (cfr. anche Cass. n. 1886 del
1996, n. 7429 del 2002 e n. 1984 del 2005) neanche
essendo prospettabile che della cessione venga, per

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convertito nella L. n. 359 del 1992 in combinato

tal ragione, predicata la illiceità (Cass. n. 10789
del 2003).
4 – La corte territoriale ha correttamente rilevato

piano regolatore, con conseguente inedificabilità
dell’area ceduta.
In relazione a un terreno ubicato nella medesima
zona e a un’espropriazione finalizzata, come nella
specie, alla realizzazione di opere per
l’ampliamento della medesima stazione ferroviaria,
questa Corte ha già affermato che il carattere conformativo o preespropriativo del vincolo di inedificabilità dipende unicamente dal tipo di destinazione assegnata ai suoli, in rapporto alla configurazione del territorio oggetto della programmazione
urbanistica, nel senso che la conformazione del
territorio è tale se rispecchia criteri generali e
predeterminati connessi alle caratteristiche del
territorio, riconducibili alla ripartizione in zone
funzionali, mentre la destinazione specifica di
singole aree, nel senso che nella planimetria del
territorio regolato essa assume configurazione lenticolare all’interno di più vaste ione urbanistiche, ha carattere espropriativo.

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la natura conformativa del vincolo previsto dal

La programmazione riconducibile ai piani regolatori
generali ha generalmente carattere confermativo,
anche se non può escludersi che, eccezionalmente,

23.4.2001, n. 173/SU).
Il giudice di merito ha correttamente motivato la
propria qualificazione del vincolo di inedificabilità gravante sul terreno degli attuali ricorrenti,
come vincolo conformativo, siccome ricadente nella
zona S1-S6, “zona delle Comunicazioni” (nella quale
è vietata qualsiasi costruzione a destinazione residenziale”, concernente “tutti i beni ricompresi
nella zona e una pluralità indifferenziata di soggetti”, senza che fosse ravvisabile un’incidenza in
via particolare sui terreno stesso. Questo rientrava infatti nella “zona ferroviaria futura” (e in
piccolissima parte destinato a sede stradale), secondo una destinazione di considerevole ampiezza.
All’interno di questa, poi, per potersi avviare il
procedimento espropriativo, è stata necessaria
l’apposizione del vincolo preordinato ad esproprio.
Correttamente, dunque, il regime di inedificabilità
concernente il terreno poi oggetto di esproprio, è
stato ricondotto ad un vincolo conformativo, come
tale idoneo ad incidere sul valore del bene, e sul-

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essi contengano anche previsioni lenticolari (Cass.

la sua qualificazione urbanistica ai fini della determinazione indennitaria (Cass., l ° aprile 2005,
n. 6914).

invocato dai ricorrenti

(Cass. 18 aprile 2003, n.

6301), è stato già rilevato

che tale pronuncia

ineriva ad ipotesi in cui la zona ferroviaria era
stata ricondotta ad un vincolo già preordinato
all’esproprio, al di fuori dalla logica della zonizzazione del territorio, riguardando un’area, che
si assumeva dotata di potenzialità edificatoria per
la presenza di un edificio destinato ad alloggio
per ferrovieri, ricadente in zona agricola, senza
derogare al principio secondo cui la previsione
della zona ferroviaria riguardo ad una vasta porzione di territorio è inquadrabile nella zonizzazione (analogamente, in tema di opere di viabilità,
Cass. 7.12.2001, n. 15519 e, in tema di vincolo
conformativo coinvolgente opere ferroviarie, le recenti Cass., 9 marzo 2012, n. 3753, in motivazione;
Cass., 13 gennaio 2010, n. 404 ).
4.2 – La corte di appello, poi, con riferimento a
quanto specificamente dedotto con il quarto motivo,
si è conformata all’insegnamento di questa Corte
secondo cui non può riconoscersi la prerogativa

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4.1 – Quanto al precedente arresto di questa Corte

dell’edificabilità riguardo alla destinazione urbanistica di terreni a servizi di pubblica utilità,
preclusiva ai privati di forme di trasformazione

edificazione, che, anche se previste, sono concepite al solo fine di assicurare la fruizione pubblica
degli spazi (Cass., 23 giugno 2010, n. 15213).
Come è stato già osservato (Cass., 22 febbraio
2000, n. 1987), l’affermazione dell’opposto principio porterebbe, difatti, a ritenere che qualsiasi
area a destinazione agricola dovrebbe essere valutata come edificatoria sol perché scelta per la localizzazione dell'”opus publicum”.
5 – Il rigetto dei motivi che precedono, attesa la
natura pattizia della determinazione del corrispettivo della cessione dell’area e la proponibilità
della domanda di conguaglio – per le ragioni sopra
evidenziate – nella sola ipotesi della sua edificabilità, è assorbente rispetto agli ulteriori motivi
(essendo per altro la richiesta relativa alle spese
una mera prospettazione condizionata
dall’accoglimento del ricorso).
6 – Le spese del presente giudizio di legittimità
seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

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del suolo riconducibili alla nozione tecnica di

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti
al pagamento delle spese processuali relative al

12.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge..
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 21 maggio 2013.

presente giudizio di legittimità, liquidate in C

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