Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10927 del 26/05/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10927 Anno 2016
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: DE CHIARA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARUSO ADRIANO (C.F. CRSDRN70824H5010), rappresentato e
difeso, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’avv. Enrico Fioretti C.F. FRTNRC671720F839R) ed
elett.te dom.to presso lo studio del medesimo in Roma,
Via Cicerone n. 44

– ricorrente contro

2016
SERAFINI ALBERTO (C.F. SRFLRT78B11D773K),

DIAFERIA

STEFANIA (C.F. DFRSFN81B50Z604J) e DE SANTIS ALESSANDRA

Data pubblicazione: 26/05/2016

(C.F. DSNLSN81T44H501S), rappresentati e difesi, per
procura speciale a margine del controricorso, dagli
avv.ti Giovanni
MGNGNN34T13C351A)

Magnano di San Lio (C.F.
p.e.c. giovannnimagnanosan-

Li°

p.e.c. marcellomagnanosan-

(C.F. MGNMC1,65S29C351L)

lio@ordineavvocatiroma.org ed elett.te dom.ti presso lo
studio dei medesimi in Roma, Via dei Gracchi n. 187

controrlevrrenti

avverso la sentenza n. 2433/11 della Corte d’appello di
Roma depositata il 15 giugno 2011;
udita la relazione della causa

svolta nella pubblica

udienza del 13 gennaio 2016 dal Consigliere dott.

Carlo

DE CHIARA;
udito per il ricorrente l’avv. Enrico FIORETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Francesca

CERONI,

che ha concluso per

l’inammissibilità o in subordine iil rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Presidente del Tribunale di Roma, con decreto
notificato il 16 aprile 2004, ingiunse al sig. Adriano

Caruso il pagamento, in favore dei sigg. Alberto Serafini,

Stefania Diaferia e Alessandra De Santis, di

18.222,50 a titolo di

e

indennità per la perdita

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lio@ordineavvocatiroma.org e Marcello Magnano di San

dell’avviamento commerciale e di e 50,00 giornalieri, a
decorrere dal 1.'” gennaio 2004, a titolo di penale, in
relazione alla cessazione di un contratto di affitto di
azienda stipulato tra il Caruso stesso, quale conceden-

affittuaria, società cui erano subentrati gli intimanti
a seguito del suo anticipato scioglimento.
Con atto di citazione notificato il 25 maggio 2004
contestando le pre-

il sig. Caruso propose opposizione,

tese avversarie e chiedendo, in via riconvenzionale, il
risarcimento

del danno, pari ad

e 22.000,00, per la

perdita di valore dell’azienda conseguita

all’interruzione della sua gestione.
Il Tribunale, dopo aver disposto la trasformazione
del rito in rito speciale del lavoro, trattandosi

controversia locatizia, dichiarò
l’opposizione

di

inammissibile

e con essa anche la domanda riconven-

zionale – per tardività, dato che entro i
dalla notifica del decreto l’atto

40 giorni

di opposizione era

stato bensì notificato, ma non anche depositato in cancelleria, essendo il

deposito avvenuto soltanto il 3

giugno 2004.
La Corte d’appello di Roma, adita con gravame del
soccombente,

ha confermato la decisione del primo giu-

dice.

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te, e la Miedo di Alberto Serafini & C. s.n_c., quale

Il sig. Caruso ha proposto ricorso per cassazione

articolando due motivi di censura, illustrati anche con
memoria. Gli intimati si sono difesi con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

violazione degli artt. 641 e 645 c.p.c., si censura la
statuizione di tardività dell’opposizione invocando il
principio di c.d. ultrattività del rito, per il quale,
introdotto il giudizio con le modalità del rito ordina-

rio (essendo la prima fase del procedimento monitorio,
ad avviso del ricorrente, indifferente alla natura del
diritto

azionato) anche l’opposizione doveva seguire

con le stesse modalità, e dunque essere

proposta con

atto di citazione, non con ricorso, pur trattandosi di
controversia soggetta per materia al rito del lavoro.
1.1. – Il motivo è infondato.
Per giurisprudenza da lungo tempo consolidata,
l’opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia
di lavoro – o anche di locazione, per il rinvio di cui
all’art. 447 bis c.p.c. e dunque soggetta allo speciale rito ad essa riservato, deve essere proposta con
ricorso e, ove proposta erroneamente con citazione,
questa può produrre gli effetti del ricorso solo se sia
depositata in cancelleria entro

il

termine di cui

all’art. 641 c.p.c., non essendo sufficiente che entro

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l. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando

tale data sia stata comunque notificata alla controparte (cfr., tra i numerosissimi precedenti,

Cd5S.

797/2013, 8014/2009, 4867/1993, 6018/1983, 4010/1979).
Questa Corte ha anche affermato, in ossequio al

rente, che alla controversia riguardante un rapporto
soggetto al rito del lavoro, che erroneamente non sia
stata trattata con detto rito, sono comunque applicabili le regole ordinarie in ordine ai termini e ai modi
per la proposizione dell’impugnazione, atteso che il
rito adottato dal giudice a quo assume una funzione enunciativa della natura della stessa, indipendentemente
dall’esattezza della relativa valutazione, e costituisce per le parti criterio di riferimento (Case.
15272/2014, 12290/2011, 2529/2009, 6523/2002,
10978/2001, 5184/2004, 13970/2004, le ultime tre rese a
sezioni unite). Tale principio è stato applicato anche
nell’ambito del processo monitorio, affermandosi conseguentemente la ritualità di un’opposizione proposta con
atto di citazione depositato oltre il quarantesimo
giorno, in quanto il decreto ingiuntivo era stato emesso – seppur erroneamente, trattandosi di crediti di lavoro – dal presidente del tribunale e non dal giudice
del lavoro: il che costituiva chiaro indizio
dell’adozione del rito ordinario (Case. 22738/2010).

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principio di ultrattività del rito, invocato dal ricor-

E’, dunque, l’enunciazione della natura della causa da parte del giudice a quo, attraverso l’adozione di
un certo rito, che determina la c.d. ultrattività di
quest’ultimo, ossia l’adozione delle sue forme anche

però, è del tutto mancata nel caso in esame: nessun significativo indizio, invero, viene indicato
dell’adozione, da parte del Presidente del Tribunale
che ha emesso il decreto ingiuntivo, del rito ordinario
in luogo del rito del lavoro, imposto dalla natura del
diritto controverso; onde non resta che fare applicazione della regola per la quale l’opposizione va proposta mediante ricorso, con tutto ciò che ne consegue.
Né vale al ricorrente richiamare, in contrario,
Cass. 15720/2006 – cui può aggiungersi, peraltro, Cass.
10206/2001 che sembrano collegare la necessità
dell’introduzione del giudizio mediante citazione alla
natura stessa – ritenuta in sé “ordinaria” – del rito
monitorio, a prescindere qualsiasi enunciazione da parte del giudice: si tratta infatti di precedenti isolati, che finiscono col porsi in aperto contrasto con il
più che consolidato orientamento, di cui si è detto
all’inizio, che impone invece la forma del ricorso per
l’opposizione a decreto ingiuntivo in materia lavoristica, oltre che di precedenti nei quali, peraltro, e-

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per l’impugnazione o l’opposizione. Tale enunciazione,

rano presenti anche indizi dell’adozione in concreto
del rito ordinario, consistenti nell’emissione del decreto da parte del presidente del tribunale o del giudice di pace invece che del giudice del lavoro.

motivazione, si lamenta che la Corte d’appello abbia
apoditticamente affermato l’inammissibilità anche della
domanda riconvenzionale contenuta nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo.
2.1. – Neanche questo motivo (che configura in realtà una censura di error in procedendo,

piuttosto che

di vizio di motivazione, la quale ultima sarebbe inammissibile per difetto di incidenza su un accertamento
in fatto) può essere accolto.
Nel rito del lavoro l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dall’opponente (che però ha la
veste sostanziale di convenuto) deve avere il contenuto
della memoria difensiva ai sensi dell’art. 416 c.p.c. e
quindi l’opponente deve compiere tutte le attività ivi
previste, a pena di decadenza; pertanto egli è tenuto a
proporre con l’opposizione le eccezioni processuali e
di merito, non rilevabili d’ufficio, e le domande riconvenzionali, oltre a indicare i mezzi di prova e produrre i documenti, non dissimilmente da quanto è previ-

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2. – Con il secondo motivo, denunciando vizio di

sto per ogni convenuto nel rito del lavoro (Cass.
1458/2005, 13467/2003, 3115/1998).
Il ricorrente richiama in senso contrario Cass.
9442/2010, che, in fattispecie di opposizione a decreto

to applicazione del diverso principio secondo cui
l’inammissibilità

dell’opposizione avverso il decreto

ingiuntivo non osta a che l’opposizione medesima produca gli effetti di un ordinario atto di citazione, nel
concorso dei requisiti previsti dagli artt. 163 e 163
bis c.p.c., con riguardo alle domande che essa conten-

ga, autonome e distinte rispetto alla richiesta di annullamento e revoca del decreto (cfr. per tutte, Cass.
Sez. Un. 2387/1982).

L’applicazione di tale principio,

però, non era appropriata, poiché esso era stato affermato da questa Corte con riferimento al rito ordinario
anteriore alla modifica dell’art. 166, secondo comma,
c.p.c. introdotta con (l’art. 3 dl. 21 giugno 1995, n.
238, reiterato con l’art. 3 d.l. 9 agosto 1995, n. 347,

nonché con) l’art.

3 d.l. 18 ottobre 1995, n. 432,

conv. dalla 1. 20 dicembre 1995, n. 534:

rito che

all’epoca non prevedeva la necessità (prevista esclusi-

vamente per il rito speciale del lavoro)

di proporre la

domanda riconvenzionale, a pena di decandenza, nella
comparsa di risposta.

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ingiuntivo in materia locatizia, ha effettivamente fat-

Né, ancora, vale al ricorrente richiamare quei
precedenti in cui è stato affermato che
l’inammissibilità o improcedibilità dell’opposizione
non preclude la possibilità di riproporre la domanda

(cfr. Casa. 11602/2002, 1928/1981, 6355/1980,
185/1974). La declaratoria di inammissibilità assunta
nella specie dai giudici

a quibus si riferisce infatti

esclusivamente al presente processo e non pregiudica la
riproposizione della domanda in un futuro, nuovo giudizio.
3. – Il ricorso va in conclusione respinto, con
condanna del ricorrente alle spese processuali, liquidate come in disopositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in C 2.200,00, di
cui C 2.000,00 per compensi di avvocato, oltre spese
forfetarie e accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
13 gennaio 2016.

riconvenzionale in un successivo, distinto giudizio

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