Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10924 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. II, 26/04/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 26/04/2021), n.10924

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10616/2016 proposto da:

ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, V. TEMPIO DI GIOVE 21, presso lo studio

dell’avvocato SERGIO SIRACUSA, che lo rappresenta e difende giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE EUROPA, 98,

presso lo studio dell’avvocato MARIO MANZI, che lo rappresenta e

difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5673/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 5673 del 2015, pubblicata il 22 ottobre 2015, ha parzialmente accolto l’appello proposto da M.A. avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 11379/2014 e nei confronti di Roma Capitale (già Comune di Roma), e per l’effetto ha dichiarato illegittima la confisca delle merci e delle attrezzature di cui la verbale di sequestro del (OMISSIS).

1.1. Il giudizio di primo grado era stato introdotto da M.A. con ricorso in opposizione a due Det. Dirig. Ingiuntive (nn. 92130015255 e 9713301524), che irrogavano rispettivamente la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 5192,47 e la confisca della merce sequestrata a seguito dell’accertamento dello svolgimento da parte del M. dell’attività di commercio su area pubblica su posto fisso, in assenza della relativa autorizzazione.

1.2. A sostegno dell’opposizione il M. aveva dedotto di essere titolare di autorizzazione per l’esercizio del commercio in forma itinerante, e che la merce in vendita non era contraffatta, sicchè anche il sequestro risultava illegittimo.

1.3. Il Tribunale rigettò l’opposizione, ritenendo che la condotta del M., consistita nella occupazione stabile di un’area pubblica con un banco di mq 4,5, con sosta protratta nel tempo, violasse il D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 29, comma 1, nonchè il divieto di svolgimento di vendita ambulante nel centro storico, luogo di accertamento dell’infrazione, e che la confisca amministrativa di merce e attrezzatura di vendita costituisse, in simili circostanze, un provvedimento obbligatorio ai sensi del comma 1 del suddetto articolo.

2. La Corte d’appello ha ritenuto, invece, che la fattispecie concreta fosse sussumibile nella previsione di cui al D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 29, comma 2, trattandosi di attività di commercio su area pubblica esercitata esclusivamente in violazione delle limitazioni e dei divieti stabiliti dalla deliberazione del Comune, e non (anche) in assenza dell’autorizzazione o fuori dal territorio indicato nell’autorizzazione. Di conseguenza, risultava applicabile la sola sanzione amministrativa pecuniaria, con esclusione della confisca e diritto del sanzionato alla restituzione della merce.

3. Roma Capitale ricorre per la cassazione della sentenza di appello sulla base di un unico motivo, al quale resiste, con controricorso, M.A..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso è denunciata violazione del D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 28 e art. 29, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e si contesta che la Corte d’appello, pur facendo propria la ricostruzione dei fatti risultante dal verbale di contestazione – incompatibile con l’esercizio di commercio itinerante per il quale il M. era autorizzato – aveva poi ritenuto erroneamente che fossero violati soltanto le limitazioni ed i divieti sanciti per l’esercizio dell’attività nel centro storico.

L’erronea sussunzione della fattispecie concreta dell’art. 29 citato, comma 2, anzichè nel comma 1, aveva comportato l’annullamento della confisca obbligatoria delle merci e delle attrezzature di vendita, prevista come sanzione accessoria dal comma 1 del medesimo articolo.

2. Il motivo è fondato.

2.1. Il D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 28, nel testo in vigore dall’8 maggio 2010, applicabile ratione temporis, prevede che il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto: a) su posteggi dati in concessione per dieci anni; b) su qualsiasi area purchè in forma itinerante (comma 1); che l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita sulle aree pubbliche mediante l’utilizzo di un posteggio è rilasciata dal sindaco del comune sede del posteggio ed abilita anche all’esercizio in forma itinerante nell’ambito del territorio regionale (comma 3); che l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante è rilasciata dal comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l’attività ed abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore, nonchè nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago (comma 4).

2.2. Le autorizzazioni al commercio ambulante sono dunque di due tipologie: la prima abilita all’esercizio dell’attività in postazione fissa, con occupazione del suolo pubblico, previa concessione decennale; la seconda abilita all’esercizio dell’attività in forma itinerante, senza limitazioni territoriali, ma non consente evidentemente l’occupazione stabile di suolo pubblico.

La previsione sanzionatoria, contenuta nel successivo art. 29, punisce “chiunque eserciti il commercio sulle aree pubbliche senza la prescritta autorizzazione o fuori dal territorio previsto dalla autorizzazione stessa, nonchè senza l’autorizzazione o il permesso di cui all’art. 28, commi 9 e 10”, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Lire 5.000.000 a Lire 30.000.000 e con la confisca delle attrezzature e della merce (comma 1).

E’ inoltre punito “chiunque violi le limitazioni e i divieti stabiliti per l’esercizio del commercio sulle aree pubbliche dalla deliberazione del comune di cui all’art. 28”, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Lire 1.000.000 a Lire 6.000.000.

3. Nella fattispecie in esame, in cui è stato accertato che il sig. M., munito di autorizzazione al commercio in forma itinerante svolgeva, invece, commercio in postazione fissa, la Corte d’appello ha ritenuto che la condotta accertata fosse sussumibile dell’art. 29, comma 2, in quanto l’attività si svolgeva in centro storico, area su cui era vietato il commercio ambulante tout court, in forza di Delibera del Comune di Roma (art. 28, comma 16), e che, pertanto, non potesse essere disposta la confisca della merce e delle attrezzature.

3.1 Il ragionamento della Corte di merito muove dal presupposto che il soggetto titolare di autorizzazione, anche se esercita oltre i limiti dell’autorizzazione, non possa considerarsi “abusivo” ai sensi e per gli effetti previsti dal D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 29, comma 1.

Si tratta di interpretazione che non tiene conto del riferimento testuale contenuto nell’art. 29, comma 1, alla “prescritta autorizzazione”, espressione con la quale il legislatore ha inteso riprodurre, sul piano della previsione sanzionatoria, la distinzione tra i due tipi di autorizzazione, in coerenza con la definizione contenuta nel precedente art. 28, che definisce facoltà e limiti per ciascuna di esse.

Diversamente da quanto affermato dalla Corte di merito, l’esercizio del commercio ambulante è lecito se conforme all’autorizzazione, e perciò il soggetto titolare di autorizzazione al commercio in forma itinerante – che lo abilita a vendere su tutto il territorio nazionale nella forma prescritta – non può esercitare il commercio ambulante in postazione fissa senza incorrere nella violazione prevista dall’art. 29, comma 1, giacchè in tal caso sta agendo oltre i limiti fissati dall’autorizzazione.

3.2. L’assunto trova conferma nel precedente in tema di commercio ambulante in posto fisso, in cui questa Corte ha confermato l’applicazione della sanzione di cui al D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 29, comma 1, a carico di un soggetto già autorizzato a commerciare in posto fisso, il quale aveva chiesto lo spostamento e, senza attendere il relativo provvedimento, aveva iniziato a commerciare nel posto per il quale non era ancora stato autorizzato (Cass. 22/05/2006, n. 11965).

4. All’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice designato in dispositivo, che procederà ad un nuovo esame dell’opposizione facendo applicazione del principio di diritto sopra enucleato, e provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, diversa sezione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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