Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10920 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. II, 26/04/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 26/04/2021), n.10920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25626/2019 proposto da:

E.F., rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO TACCHI

VENTURI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 810/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 05/03/2019;

2473 udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

del 05/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da E.F., cittadino (OMISSIS), la sentenza n. 810/2019 della Corte di Appello di Venezia con ricorso fondato su tre motivi.

Il ricorso non è resistito con controricorso.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento di protezione internazionale.

La Commissione rigettava l’istanza.

L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Venezia.

Quest’ultimo, con ordinanza in data 5 luglio 2017, respingeva l’impugnazione. Avverso tale ordinanza veniva, quindi, interposto appello, rigettato dalla Corte territoriale con la sentenza oggetto del ricorso oggi in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si denuncia la “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (con) nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

La doglianza centrale di cui al motivo qui in esame e, nella sostanza, incentrata sulla contestazione dell’affermazione della Corte territoriale per cui la protezione umanitaria non poteva, nella fattispecie, esser concessa in quanto il beneficio non poteva poggiare meramente sulla storia personale.

La censura non è fondata.

La sentenza impugnata, con ampia, specifica e non tautologica motivazione, ha dato congruamente e correttamente conto delle regioni del proprio decidere.

Nella fattispecie la Corte distrettuale evidenziava, al riguardo, che il richiedente protezione era un “migrante economico” e che non sussisteva alcun altro elemento idoneo a configurare una situazione tale da imporre la concessione della richiesta protezione.

Più in particolare, ancora, va evidenziato come la Corte del merito ha valutato ampiamente la situazione della zona di provenienza della Nigeria, concludendo che “deve escludersi che un cittadino nigeriano sia, per il solo fatto di provenire dal Sud della Nigeria, una persona vulnerabile”.

Neppure fondata è la prospettazione della inesistenza della motivazione giacchè – per quanto innanzi appena rilevato – non si è al cospetto di un tale genere di motivazione, tenuto conto anche del costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte per cui la inesistenza della motivazione è configurabile solo in caso di mancanza assoluta della stessa (ex plurimis: Cass. civ., S.U., Sent. 7 aprile 2014, n. 8053).

Il motivo va, quindi, respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce la violazione dell’art. 116 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e D.Lgs. n. 25 del 2009, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Parte ricorrente svolge generica doglianza in ordine alla pretesa violazione, da parte della sentenza impugnata, dei “criteri valutativi di acquisizione e valutazione della prova”.

In assenza di ogni altra specifica e dettagliata allegazione e prospettazione ed, al contempo, in presenza – come detto – della svolta valutata della situazione della zona di origine della Nigeria, il motivo non può che essere ritenuto inammissibile.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si prospetta il vizio di violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. e) in relazione all’art. 260 c.p.c., n. 3.

La censura è svolta con riferimento ad una pretesa violazione di legge, ma – in effetti – tende strumentalmente ad una (ri)valutazione della situazione della zona di provenienza già svolta congruamente dai Giudici del Merito.

Lo scopo strumentale appare evidente allorchè la parte non esplicita l’assenza del riferimento a fonti informative e non adduce eventuali altre fonti, limitandosi.

Solo a denunciare genericamente l’utilizzo di “fonti informative non idonee”.

Il motivo è, dunque, inammissibile.

4.- Il ricorso deve essere, dunque e nel suo complesso, rigettato.

5.- Nulla va statuito in ordine alle spese, non avendo l’Amministrazione intimata svolto difese.

6.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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