Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10919 del 05/05/2017
Cassazione civile, sez. III, 05/05/2017, (ud. 17/02/2017, dep.05/05/2017), n. 10919
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29670-2014 proposto da:
S.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PINTURICCHIO
214, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA AMORESANO, che la
rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE CASCIA, in persona del sindaco E.G., elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio
dell’avvocato MARCO VINCENTI, che lo rappresenta e difende giusta
procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 414/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositata il 10/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/02/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2002 S.G. convenne dinanzi al Tribunale di Spoleto il Comune di Cascia, esponendo che:
– il (OMISSIS) era inciampata in una buca presente lungo la via principale della frazione di (OMISSIS);
– a causa della caduta aveva patito lesioni personali.
Chiese pertanto la condanna del Comune al risarcimento del danno.
2. Con sentenza n. 153 del 2007 il Tribunale rigettò la domanda. La Corte d’appello di Perugia, adita dalla soccombente, con sentenza 16.9.2010 n. 29 rigettò il gravame.
La sentenza d’appello venne cassata con rinvio da questa Corte, con la sentenza 6.11.2013 n. 25025.
3. Riassunto il giudizio, la Corte d’appello di Perugia con sentenza 10.7.2014 n. 414 accolse la domanda.
4. La sentenza di rinvio è stata impugnata per cassazione da S.G., con ricorso fondato su tre motivi inerenti il quantum debeatur.
Ha resistito con controricorso il Comune di Cascia.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione delle “norme di diritto o principio in materia di quantificazione del danno biologico”.
Deduce, al riguardo, che la corte d’appello avrebbe liquidato il danno alla salute senza procedere alla c.d. personalizzazione del risarcimento, ovvero senza variare la misura di base del risarcimento, per tenere conto delle specificità del caso concreto.
1.2. Il motivo è inammissibile.
La c.d. personalizzazione del risarcimento del danno alla salute non è, infatti, un’operazione indefettibile: essa spetterà alla vittima se questa abbia allegato e provato la sussistenza di particolari condizioni soggettive od oggettive, idonee a rendere le conseguenze della lesione particolarmente gravose, e comunque diverse e più gravi da quelle che ordinariamente patirebbero le persone dello stesso sesso e della stessa età della vittima, se afflitte da invalidità analoga.
Nel caso di specie tuttavia la ricorrente non ha nemmeno allegato, in violazione del dovere di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, quali sarebbero le circostanze di fatto che, allegate e provate nella fase di merito, avrebbero imposto una variazione in aumento dei valori tabellari.
2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Col secondo motivo la ricorrente lamenta il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.
Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello non si è pronunciata sulla domanda di risarcimento delle spese mediche, nè su quelle di rimborso delle spese di c.t.u., domande debitamente formulate.
2.2. Nella parte in cui lamenta l’omessa pronuncia sulle spese di c.t.u., il motivo è infondato.
Le spese di consulenza infatti non costituiscono un danno risarcibile, ma una spesa processuale, e la Corte d’appello ha provveduto sulle spese processuali. Omessa pronuncia quindi non c’è, nè è stata impugnata la correttezza della liquidazione delle spese processuali.
Nella parte in cui lamenta l’omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno consistito nelle spese di cura il motivo è fondato: la domanda fu proposta e la sentenza nulla ha stabilito al riguardo.
3. Il terzo motivo di ricorso.
3.1. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 2056 c.c..
Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe omesso di liquidare il danno da mora.
3.2. Il motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’appello infatti, dopo avere liquidato la somma ritenuta di giustizia, ha puntualmente liquidato il danno in esame, sotto forma di interessi al saggio legale sul credito risarcitorio rivalutato anno per anno (p. 5 della sentenza impugnata).
4. Le spese.
Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.
PQM
la Corte di cassazione:
(-) rigetta il primo ed il terzo motivo ricorso;
(-) accoglie il secondo motivo di ricorso, nei limiti indicati in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 17 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017