Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10916 del 08/06/2020

Cassazione civile sez. I, 08/06/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 08/06/2020), n.10916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6257-2019 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI

n. 6, presso lo studio dell’avvocato MANUELA AGNITELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1300/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 09/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/02/2020 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona respingeva l’istanza del ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale od umanitaria, ritenendo non credibile la storia riferita dal richiedente ed insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’invocata tutela.

Il Tribunale di Ancona, con ordinanza del 11.4.2017, respingeva il ricorso avverso il predetto provvedimento di rigetto.

Interponeva appello avverso detta decisione G.M. e la Corte di Appello di Ancona, con la sentenza impugnata n. 1300/2018, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto G.M. affidandosi a quattro motivi.

Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 11 ed il vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente respinto la domanda volta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, della Convenzione E.D.U. artt. 2,3,5, 8 e 9 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, perchè il giudice di seconde cure avrebbe erroneamente denegato anche il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono infondate. Con esse, invero, il richiedente si duole del mancato riconoscimento, in proprio favore, dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ma omette di considerare che la storia che egli aveva riferito non era stata soltanto ritenuta poco credibile dal giudice di merito, ma soprattutto non idonea a giustificare il riconoscimento della protezione internazionale sotto i profili appena evidenziati. Ed invero la Corte territoriale dà atto che il richiedente aveva dichiarato di aver lasciato il proprio Paese perchè in seguito dell’uccisione del padre, responsabile di un incidente stradale in cui era rimasto vittima un soldato, da parte della folla inferocita, egli temeva anche per la propria vita. Ritiene tuttavia che tale storia, inerente un episodio di delinquenza comune, non sia idonea a giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett.a) e b), anche perchè il G. non aveva dichiarato di aver invocato la protezione delle autorità locali, nè che queste ultime si erano rifiutate di intervenire.

Tale motivazione, non adeguatamente attinta dalle censure in esame, giustifica il diniego delle forme di protezione internazionale di cui alle norme in precedenza richiamate.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta invece la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 e degli artt. 3 e 7 della Convenzione E.D.U., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte anconetana avrebbe omesso di riconoscere la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria in relazione alle effettive condizioni interne del proprio Paese di provenienza, risultando l’esame delle fonti svolto in modo generico.

La censura è fondata per quanto di ragione.

La sentenza impugnata non reca alcuna indicazione di fonti informative sul Paese di origine del richiedente ma si limita ad escludere la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), in quanto il richiedente “… dichiarava di provenire dal Delta State che è in una zona della Nigeria non interessata da particolari episodi d’infiltrazione fondamentalista e terroristica per come risulta dalle informazioni rinvenibili sui siti internazionali e di informazione on-line e, solo successivamente, dichiara di provenire da Bama e si limita a generici richiami della pericolosità della situazione esistente in Nigeria” (cfr. ultima pagina).

L’indagine officiosa condotta dalla Corte territoriale circa la condizione interna della Nigeria è carente, con particolare riferimento all’area meridionale del Paese, dalla quale il ricorrente aveva dichiarato di provenire. In proposito, va data continuità al principio secondo cui è onere del giudice di merito indicare in modo puntuale le fonti consultate e le informazioni specifiche tratte da essa. Sul punto questa Corte ha affermato, con le ordinanze n. 13449/2019, n. 13450/2019, n. 13451/2019 e n. 13452/2019, la prima delle quali massimata (cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13449 del 17/05/2019, Rv.653887) il principio per cui il giudice di merito, nel fare riferimento alle cd. Fonti privilegiate di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve indicare la fonte in concreto utilizzata nonchè il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità dell’informazione predetta rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (sul punto, cfr. anche Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 11312 del 26.4.2019, non massimata).

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 28990 del 12/11/2018, Rv. 651579; Cass. Sez. 6-1 Ordinanza n. 17075 del 28/06/2018, Rv. 649790; Cass. Sez. 6-1 Ordinanza n. 17069 del 28/06/2018, Rv. 649647; Cass. Sez. 6-1 Ordinanza n. 9427 del 17/04/2018, Rv.648961; Cass. Sez. 6-1, Sentenza n. 14998 del 16/07/2015, Rv. 636559; Cass. Sez. 6-1, Sentenza n. 7333 del 10/04/2015, Rv. 634949; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 16202 del 24/09/2012, Rv. 623728; Cass. Sez. U, Sentenza n. 27310 del 17/11/2008, Rv. 605498).

Il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e quindi “… alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa”.

Ne deriva l’insufficienza del generico riferimento operato dalla Corte territoriale alle “informazioni rinvenibili sui sito internazionali e di informazione on-line” perchè non idoneo a specificare quale fonte, in concreto, è stata utilizzata dal giudice di merito e quindi non sufficiente ad assicurare il controllo sull’attendibilità di essa e soprattutto sulla sua effettiva ricomprensione nel novero di quelle previste dal richiamato del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

In proposito, va ribadito che l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8 non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, anche via web, quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (quali ad esempio Amnesty International e Medici Senza Frontiere), che assai di frequente contengono informazioni dettagliate e aggiornate, spesso desunte dall’attività di assistenza e sostegno alla popolazione locale che le predette associazioni svolgono direttamente sul territorio.

L’accoglimento del terzo motivo implica l’assorbimento del quarto, con il quale il ricorrente si duole dell’erroneo diniego della protezione umanitaria. La decisione impugnata va quindi cassata in relazione alla censura accolta e la causa rinviata alla Corte di Appello di Ancona, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso, accoglie il terzo e dichiara assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Ancona, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della prima sezione civile, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020

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