Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10914 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. II, 26/04/2021, (ud. 10/09/2020, dep. 26/04/2021), n.10914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4215/2016 proposto da:

D.M., rappresentata e difesa da se medesima ex art. 86

c.p.c., unitamente all’avvocato EUGENIO CAMPESE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso l’ordinanza relativa al RG 14/2015 della CORTE D’APPELLO di

NAPOLI, depositata il 29/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/09/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

 

Fatto

RITENUTO

che la vicenda qui al vaglio può sintetizzarsi nei termini seguenti:

– l’avv. D.M., che aveva rappresentato e difeso in un giudizio civile S.A., ammessa al patrocinio a spese dello Stato, chiese le fosse liquidato il compenso per l’attività svolta nella stessa misura in cui la controparte soccombente era stata condannata a rifondere lo Stato (Euro 7.500,00 per il primo grado ed Euro 5.000,00 per il secondo);

– con provvedimento del 15.12.2014 le venne riconosciuta la complessiva somma di Euro 1.300,00;

– la Corte d’appello di Napoli, investita dell’opposizione, con ordinanza del 18.1.2016, dopo avere affermato che l’opponente non era “legittimata a dolersi della differenza tra gli onorari liquidati allo Stato in sentenza e quelli alla medesima liquidati”, con il decreto impugnato, reputata, tuttavia, esigua e non corrispondente al lavoro svolto, la liquidazione opposta, determinava il compenso in Euro 3.750,00 per il primo grado e in Euro 3.237,00 per il secondo;

ritenuto che l’avv. D. propone ricorso avverso la statuizione di cui detto sulla base di due motivi, ulteriormente illustrati da memoria, e che l’intimato Ministero non ha svolto difese;

ritenuto che con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82, 130 e 133, art. 3 Cost. e art. 2041 c.c., esponendo, in sintesi che l’impugnata ordinanza aveva avuto l’ingiusto effetto di procurare allo Stato una locupletazione di Euro 5.513,00, a tanto ammontando la differenza tra la liquidazione effettuata dal giudice della causa, nella quale la professionista aveva pestato la propria attività, posta a carico della parte soccombente, e quanto liquidato in favore dell’avvocato della parte vincitrice ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ciò procurando un effetto irragionevolmente discorsivo.

considerato che la doglianza deve essere disattesa intendendo questa Corte dare continuità al principio di diritto enunciato, a seguito di articolato, condivisibile ragionamento, con l’ordinanza n. 22017 dell’11/9/2018, Rv. 650319, secondo il quale: in tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 133 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo D.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art. 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità; indirizzo, questo, peraltro, successivamente confermato da questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 11590/2019; Sez. 2, n. 19/2020, impropriamente richiamato in memoria dalla stessa ricorrente);

ritenuto che con il secondo motivo si prospetta violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 130, in combinato disposto con il D.M. n. 55 del 2014, evidenziandosi l’efficiente ed efficace difesa assicurata dalla professionista e lamentando che la liquidazione, sia per il primo, che per il secondo grado, pur disposta la decurtazione del 50% prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130, era inferiore al minimo di tabella (valore da 52.000,00 a 260.000,00 Euro).

Diritto

CONSIDERATO

che anche questa seconda doglianza è infondata per le ragioni che seguono:

a) Il D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, dispone che “Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento. Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento”;

b) insindacabile in questa sede una tale opera determinativa, incontroverso il mancato svolgimento di una fase istruttoria in appello e, operata la decurtazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130, la disposta liquidazione, pur tenuto conto dell’aumento per spese generali, è superiore al minimo tabellare così individuato;

considerato che non v’è luogo a regolamentazione delle spese poichè la controparte è rimasta intimata;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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