Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10914 del 05/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 05/05/2017, (ud. 10/02/2017, dep.05/05/2017),  n. 10914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11866-2014 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, V. GERMANICO 172,

presso lo studio dell’avvocato SERGIO NATALE EDOARDO GALLEANO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FIORENZA BETTI

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO, 46,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO ROMANO, rappresentata e

difesa dall’avvocato RAFFAELLA PIROTTA giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 391/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ROBERTO AMODEO per delega;

udito l’Avvocato CLAUDIO ROMANO per delega.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

Con sentenza del 29 gennaio 2014 Corte d’appello di Milano ha accolto l’appello di G.A. avverso sentenza n. 90/2012 con cui il Tribunale di Milano l’aveva condannata a risarcire per Euro 1100 C.M. per avergli danneggiato un computer portatile e la relativa borsa nonchè una stampante durante un’assemblea condominiale del condominio di (OMISSIS) tenutasi il 14 settembre 2007, cui le parti avevano partecipato, l’appellante in quanto condomina e l’appellato in quanto amministratore; contro tale sentenza ha presentato ricorso C.M. sulla base di due motivi – sviluppati anche in memoria ex art. 378 c.p.c. -, da cui si difende con controricorso G.A..

Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo, adducendo che dal verbale dell’assemblea condominiale il giudice d’appello avrebbe dedotto che autore dei danni sarebbe stato il precedente amministratore del condominio, tale F.Y., ma non avrebbe “esattamente individuato e collocato nel tempo il fatto lesivo”. Dal verbale emergerebbe che il F. avrebbe tenuto “comportamenti similari” a quelli della G., ma si tratterebbe di un episodio precedente, avvenuto prima della discussione dei punti dell’ordine del giorno. Il comportamento della controricorrente sarebbe successivo, come risulterebbe dalle testimonianze di M. e P. – cioè dei due condomini che sottoscrissero il verbale rispettivamente come presidente e segretaria dell’assemblea -, dalle quali emergerebbe che, subito dopo avere posto in essere la sua condotta danneggiante, la G. avrebbe lasciato l’assemblea verso le ore 0.25. Prova ne sarebbe pure la documentazione prodotta da lei stessa, ovvero il “resoconto dattiloscritto Pe.Ro.”, che confermerebbe la sua uscita a quell’orario.

Il motivo mira evidentemente a dimostrare che la condotta del F. sarebbe stata anteriore al danno inferto dalla G., e allo scopo tenta di “recuperare” l’attendibilità delle testimonianze favorevoli alla versione del C. (senza peraltro superare il dato che nel verbale dell’assemblea – nel quale, a fortiori, avrebbe dovuto essere stata menzionata, se, come afferma ricorrente, fu scritto a mano – non figura affatto l’attività danneggiante della controricorrente, bensì, come nota il giudice d’appello che ne desume la inattendibilità dei testi, quella del precedente amministratore; e in tale contesto è più che evidente l’irrilevanza dell’orario di uscita dall’assemblea della G.). Ed è parimenti del tutto evidente, quindi, che attraverso questo motivo il ricorrente, lungi dall’evidenziare una effettiva carenza motivazionale riconducibile al vigente testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, intende conseguire un terzo grado di merito, prospettando una valutazione alternativa degli esiti probatori, e così incorrendo in inammissibilità per mancato rispetto dei limiti di questa giurisdizione.

Analoga inammissibilità inficia il secondo motivo, formalmente denunciante, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ma in realtà ancora fattuale. Qui il ricorrente lamenta che il giudice d’appello avrebbe argomentato anche sul fatto che le apparecchiature utilizzate per la redazione e la stampa del verbale dell’assemblea rimasero funzionanti fino ad epoca posteriore all’uscita definitiva della G., come risulterebbe dal fatto che il verbale sarebbe stato compilato in una consistente parte dopo tale uscita e stampato alla fine dell’assemblea, quando da tempo la condomina se n’era andata. Il motivo riproduce il verbale nella parte posteriore all’uscita della controricorrente per dedurne che in nessuna sua parte “si dà atto” che siano stati utilizzati il computer o la stampante, nè che il verbale sia stato stampato alla fine della riunione. E infatti il verbale si conclude affermando che “è letto, approvato e sottoscritto”, ma non “stampato”. Dunque il verbale sarebbe stato scritto a mano e lo confermerebbe pure il “resoconto dattiloscritto Pe.Ro.” prodotto da controparte. Ne deriverebbe che il giudice d’appello avrebbe violato l’art. 115 c.p.c. per non avere fondato il suo convincimento su quanto sarebbe emerso con oggettività e chiarezza dalle prove scritte e orali, bensì “su una propria erronea osservazione”, cioè l’uso della stampante e del computer sino alla fine dell’assemblea; e avrebbe altresì violato l’art. 116 c.p.c., non operando un apprezzamento ponderato delle prove, dato che “l’asserita contraddizione” tra le testimonianze e il verbale assembleare “non è oggettivamente riscontrabile”.

Ictu oculi da un siffatto contenuto del motivo emerge che, ancora una volta, il ricorrente si rivolge al giudice di legittimità come se fosse un giudice d’appello, perseguendo una revisione dell’accertamento fattuale; e meramente ad abundantiam si rileva che la corte territoriale non ha affermato che nel verbale dell’assemblea “si dà atto” dell’utilizzazione del computer e della stampante e che il verbale sia stato stampato alla fine della riunione, non potendosi non ribadire, comunque, che il funzionamento di tali oggetti anche dopo l’uscita della G. è questione puramente di fatto e rimarcare che, peraltro, la vera ratio del ragionamento condotto dalla corte territoriale è la incompatibilità con il contenuto del verbale delle testimonianze di chi lo ha redatto e firmato, ciò contestualizzato nell’ambiente fazioso del condominio (“le patologiche relazioni interpersonali”), pure inficiante l’attendibilità delle testimonianze.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Sussistono D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis stesso art..

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 1100, oltre a Euro 200 per esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017

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