Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10912 del 18/05/2011

Cassazione civile sez. II, 18/05/2011, (ud. 16/02/2011, dep. 18/05/2011), n.10912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CONDOMINIO di VIA (OMISSIS) C.F. (OMISSIS) in

persona dell’Amministratore pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

AZZARITI FUMAROLI ANTONIO;

– ricorrenti –

contro

F.G. (OMISSIS), F.J.

(OMISSIS), F.V. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NOMENTANA 76, presso lo studio

dell’avvocato PALLOTTA GIAMPIERO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAGANO PAOLO EMILIO;

F.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CORSICA 6, presso lo studio dell’avvocato FELICIANI EMILIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FORTE MARIO;

– controricorrenti –

e contro

FR.MA. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 2027/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato ANTONIO AZZARITI FUMAROLI difensore del ricorrente

che ha chiesto di riportarsi ed insiste sull’accoglimento del

ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il condominio di via (OMISSIS), conveniva in giudizio Ma., G., M., V. e F.J., affinchè, accertata la loro proprietà di un costone di roccia tufacea interposto tra l’edificio condominiale e il fabbricato soprastante denominato “(OMISSIS)”, fossero condannati ad eseguire le opere atte ad eliminare lo stato di pericolo dei muri di contenimento del costone, oltre al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede. A sostegno della domanda deducevano che l’edificio condominiale era stato realizzato da Fr.Gi., proprietario di “(OMISSIS)” e dante causa dei convenuti, il quale con atto pubblico notaio De Luca del 20.12.1951 aveva costituito in favore del fabbricato di via (OMISSIS), una servitù di passaggio su di un vialetto avente accesso dal civico (OMISSIS), posto a mezza altezza tra la stessa “(OMISSIS)” e il ridetto condominio attore, e che entrambi i muri di contenimento del costone di roccia ivi esistenti, sia a monte, sia a valle del vialetto anzi detto, sostenevano la proprietà F., che se ne doveva assumere gli oneri di manutenzione.

Tutti i convenuti resistevano alla domanda, chiedendone il rigetto.

Il Tribunale di Napoli in parziale accoglimento della domanda condannava i convenuti, in solido fra loro, ad eseguire i lavori di manutenzione della sola parte superiore del costone di roccia tufacea, compreso tra (OMISSIS) e il vialetto su cui lo stesso condominio attore vantava il diritto di passaggio.

Sull’impugnazione del condominio attore, la Corte d’appello di Napoli con sentenza del 17.6.2004 confermava in parte qua la decisione di primo grado (salvo riformarla su di una domanda accessoria non più rilevante in questa sede di legittimità).

Riteneva la Corte territoriale che era risultato dagli atti che Fr.Gi. non era mai stato proprietario di “(OMISSIS)”, appartenente, invece, a sua moglie, da cui gli appellati l’avevano acquistata per successione ereditaria, di talchè erano del tutto irrilevanti gli atti posti in essere da lui per regolare i rapporti tra il già costruito condominio di via (OMISSIS) e quelli costruendi lungo la medesima via, nonchè il fatto che negli stessi il confine con “(OMISSIS)” fosse indicato con riferimento ai fabbricati di via (OMISSIS), visto che tale villa neppure gli apparteneva.

Il giudice d’appello negava, ancora, rilevanza ad una precedente sentenza della stessa Corte che aveva diversamente valutato i fatti, essendo stata pronunciata nei confronti di altro, seppur vicino, condominio di via (OMISSIS).

E, infine e per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, giudicava erronea l’interpretazione data dal condominio circa la presunzione di cui all’art. 887 c.c., in quanto essa ineriva, al più, all’individuazione della titolarità del muro di contenimento del fondo superiore ove il dislivello fosse di origine naturale, ma non si estendeva alla dimostrazione di tale origine, che pertanto seguiva il normale onere probatorio, nella specie a carico del condominio attore, tanto più che un documento fotografico in atti pareva effettivamente confermare che il dislivello in questione fosse di origine umana, quand’anche effettuata dallo stesso Gi.

F. allorchè costruì il fabbricato del condominio appellante. Di conseguenza, dovevano essere confermate le conclusioni cui al riguardo era pervenuto il c.t.u.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre il condominio di via (OMISSIS), formulando tre motivi d’impugnazione.

Resistono con separati controricorsi G., J. e F. V., da un lato, e F.M. dall’altro.

Fr.Ma. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 840, 887 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Sostiene che la Corte territoriale non si è pronunciata in punto di accertamento della proprietà del costone di roccia tufaceo inferiore, probabilmente sull’erroneo presupposto dell’irrilevanza della questione, atteso che l’art. 887 c.c. non sarebbe applicabile nel caso in cui il dislivello tra i fondi sia stato creato dal proprietario dell’immobile sottostante, e in quanto, a suo giudizio, la dimostrazione dell’origine naturale del dislivello incomberebbe sulla parte attrice, che in tal modo avrebbe dovuto fornire la prova negativa di un ipotetico sbancamento operato dagli ascendenti dei convenuti.

Tale affermazione, prosegue parte ricorrente, è erronea in quanto in presenza di un dislivello vige la presunzione di cui all’art. 887 c.c., che può essere vinta con prova contraria della parte, nella specie i F., interessata all’accertamento contrario.

Inoltre, che anche la parte inferiore del costone di roccia retrostante il fabbricato sia di proprietà F. è stato affermato anche da altra sentenza emessa dalla stessa Corte d’appello di Napoli tra questi ultimi e altro condominio di via (OMISSIS), sentenza che “costituisce un giudicato” in quanto confermata da una recente decisione di questa Corte Suprema.

1.1. – Il motivo è infondato.

Questa Corte ha avuto modo di osservare, che a) l’art. 887 c.c., nel disciplinare il regime delle spese di costruzione e conservazione del muro di confine comune tra fondi a dislivello negli abitati, pone una presunzione semplice di comproprietà di detto muro, salvo il diritto degli interessati di provare con ogni mezzo (e il potere del giudice di raggiungere il relativo convincimento anche per via presuntiva) la proprietà esclusiva del muro a favore del proprietario del fondo sopraelevato o di quello sottostante, a seconda che il muro sia stato costruito interamente sul suolo di uno soltanto dei due confinanti, allo scopo, rispettivamente, di contenere il fondo sopraelevato o di realizzare una struttura necessaria o utile per il fondo a valle (Cass. n. 13406/01, conforme, Cass. n.4924/80); e che b) tale presunzione presuppone che il dislivello fra i due fondi confinanti abbia un’origine naturale (Cass. n. 3674/99).

1.2. – Nello specifico, la sentenza impugnata ha rettamente escluso l’applicabilità di tale norma sul presupposto di un accertamento di fatto, sorretto da motivazione di cui il motivo non dimostra nè l’insufficienza, nè l’illogicità, basato su di un’antica fotografia A. prodotta a dimostrazione che il dislivello tra i fondi in questione deriva dall’opera dell’uomo; ed ha altrettanto correttamente aggiunto l’inciso “quand’anche effettuata dal Fr.Gi. in sede di costruzione del fabbricato dell’appellante condominio”, a conferma dell’irrilevanza dell’autore di tale trasformazione.

1.3. – Quanto, poi, al giudicato formatosi su analoga questione tra gli stessi F. e altro, limitrofo condominio, deve rilevarsi che tratta di decisione resa inter alias e dunque improduttiva di effetti di sorta nella presente controversia; e che la stessa parte ricorrente deduce che tale giudicato si è formato in virtù di sentenza di questa Corte Suprema che ha confermato una pronuncia d’appello basata sul mancato assolvimento dell’onere di provare l’inoperatività della presunzione di cui all’art. 887 c.c, lì dove, invece, nella specie la sentenza impugnata ha ritenuto che tale onere sia stato positivamente assolto.

2. – Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione delle norme sull’interpretazione dei contratti (art. 1362 c.c. e segg. e art. 1370 c.c.) e degli artt. 840, 887 e 2697 (in relazione all’art. 36 c.p.c., n. 3), nonchè l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c).

Parte ricorrente contesta la ritenuta irrilevanza del vero e proprio regolamento contrattuale di condominio predisposto, con atto notaio De Luca del 20.12.1951, dal costruttore Fr.Gi., atteso che, ha ritenuto la Corte territoriale, questi non era proprietario di (OMISSIS), che apparteneva alla moglie di lui. Il ragionamento, prosegue parte ricorrente, non è comprensibile, perchè in ogni caso il costone di roccia appartiene oggi necessariamente agli eredi di lui e/o della moglie, ossia in ogni caso agli stessi F..

Indica, poi, quali elementi di fatto segnalati dalla difesa del condominio e del tutto tralasciati dalla sentenza impugnata, a) l’atto notaio Monda, con il quale i F. nel descrivere i beni oggetto di divisione, affermavano confinante con (OMISSIS) i fabbricati di via (OMISSIS), con ciò riconoscendo la proprietà del tratto di costone di roccia tufacea in questione; b) l’esistenza, alla sommità del c.d. costone inferiore, di una stradina pedonale “di proprietà di… (OMISSIS)”, gravata di servitù di passaggio in favore dei fabbricati di via (OMISSIS), stradina la cui appartenenza ai F. non è contestata in causa, e che comporta ai sensi dell’art. 840 c.c. la proprietà del costone di roccia sottostante che lo sostiene; c) la riserva, contenuta nell’atto notaio De Luca del 1951, con la quale Gi.

F. si riservava il diritto di costruire tutte le opere che si fossero rese necessarie al consolidamento delle sovrastanti strutture di (OMISSIS), riservandosi conseguentemente il diritto di passaggio e di occupazione del suolo nella parte a monte della zona edificatoria, oggi costituente i cortiletti dei fabbricati siti ai piedi delle pendici della citata villa. Nè ha tenuto conto della corrispondenza con la quale F.M. diffidava i propri parenti e condomini, ad effettuare con urgenza i lavori di consolidamento e manutenzione del muro, per evitare ogni pericolo per i terzi, ossia gli abitanti dei sottostanti edifici di via (OMISSIS).

2.1. – Il motivo – che, in realtà, e nonostante la titolazione anche in base all’art. 360 c.p.c., n. 3 si limita a censurare un motivazione in parte contraddittoria e in parte omessa su punti decisivi della controversia – è inammissibile in ordine alla denuncia di omessa valutazione dei documenti sopra richiamati, ed è infondato nel resto.

Come affermato da questa Corte, il ricorrente, qualora, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (Cass. nn. 18506/06 e 21621/07).

Inoltre, l’omesso esame di documenti, riconducibile al vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) ricorre solo nel caso in cui questi si rivelino idonei a fornire la prova di un fatto costitutivo, modificativo od estintivo del rapporto giuridico in contestazione, tanto da condurre ad una pronunzia diversa (v. Cass. n. 9701/03), vale a dire solo se siano tali da invalidare, con giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze di causa su cui è fondato il convincimento del giudice del merito, sicchè la rado decidendi venga a trovarsi priva di base (v. Cass. nn. 3696/03, 3075/06, 11457/07, 4369/09 e 5377/11).

2.1.1. – Nel caso in esame, non solo nessuno dei documenti sopra citati è stato riportato integralmente o quanto meno nel complessivo contesto rilevante, ma altresì la loro stessa decisività non è dimostrata e neppure chiaramente enunciata.

L’atto notaio Monda avrebbe ad oggetto, si apprende dal contenuto della censura, una divisione tra i F., e dunque nulla autorizza a ritenere che possa avere natura ed efficacia confessoria verso terzi. L’atto notaio De Luca contiene una clausola di per sè astrattamente compatibile con la costituzione di una servitù atipica a carico dei cortili a corredo dei fabbricati di via (OMISSIS), ma nulla chiarisce, dato il generico richiamo alle necessità di sostenimento delle sovrastanti strutture di (OMISSIS), in ordine all’esatta delimitazione del fondo dominante. Così pure la lettera con la quale F.M. aveva diffidato i suoi parenti e condomini di (OMISSIS) ad effettuare opere di consolidamento atte ad evitare ogni pericolo per i terzi, lettera il cui fine di preventivo discarico di responsabilità, così come prospettata dalla stessa parte ricorrente, è incompatibile con l’animus confitendi necessario affinchè sia integrata la fattispecie di cui all’art. 2730 c.c..

2.1.2. – In ordine, poi, alla ritenuta, da parte del giudice d’appello, irrilevanza di quello che l’odierno condominio ricorrente asserisce essere un vero e proprio regolamento condominiale contrattuale, deve rilevarsi che la circostanza non dimostrerebbe, nè confuterebbe, di per sè, alcuna tesi sulla proprietà del costone di roccia e del muro che lo sostiene, a favore dell’una o dell’altra parte, ove si consideri che tale regolamento presuppone, ma non per questo dimostra, l’effettiva proprietà del disponente.

2.1.3. – Quanto, poi, all’esistenza della strada di proprietà F. posta tra (OMISSIS) e il fabbricato condominiale di via (OMISSIS), e gravata da servitù di passaggio, deve osservarsi che l’estensione della proprietà fondiaria al sottosuolo, ai sensi dell’art. 840 c.c., non va confusa con la proprietà del fondo sottostante, cioè posto ad una quota inferiore, di talchè la titolarità dell’uno non implica l’appartenenza dell’altro.

3. – Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione delle norme sull’onere della prova e in particolare dell’art. 2697 c.c., in riferimento agli artt. 840 e 887 c.c., nonchè l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia.

Sostiene parte ricorrente che la sentenza d’appello (al pari di quella di primo grado) ha ritenuto che l’attuale dislivello sia frutto di sbancamenti operati nel fondo inferiore, a loro volta desunti dalla citata foto A. e dalla conseguente supposizione operata dal c.t.u., il quale ha ritenuto che sebbene la fotografia ritraesse lo stato primigenio del versante dal lato del fabbricato distinto dal numero civico (OMISSIS), era plausibile che la situazione del costone di roccia fosse simile anche nella parte retrostante l’edificio di cui al civico (OMISSIS). Tuttavia la stessa Corte territoriale, non ha ritenuto significativa la prossimità di tale edificio con quello distinto dal n. (OMISSIS). Infatti, si sostiene, (OMISSIS) incombe direttamente sui due fabbricati nn. (OMISSIS) con appoggio sul costone tufaceo, mentre è del tutto dissimile la posizione dell’edificio condominiale di cui al n. (OMISSIS), ubicato sotto il giardino (e non sotto le strutture) della citata villa e in posizione arretrata rispetto alla via (OMISSIS).

Opponibile, inoltre, sostiene parte ricorrente, è anche l’affermazione della Corte d’appello secondo cui non può attribuirsi rilievo agli atti amministrativi concernenti la licenza edilizia chiesta per la costruzione del diverso fabbricato di cui al civico (OMISSIS), poichè, al contrario, la relativa documentazione riporta l’intera zona edificatoria, comprendente sia il già eretto edificio di cui al numero 105, sia l’erigendo numero (OMISSIS).

3.1. – La censura è infondata, in quanto mira a sollecitare un riesame della vicenda processuale, dando prevalenza all’una, piuttosto che all’altra emergenza, secondo valutazioni di puro merito estranee al giudizio di legittimità.

L’opzione della Corte d’appello, che ha da un lato ritenuto plausibile la riferibilità dello stato dei luoghi rappresentato dalla fotografia prodotta anche alla zona retrostante il fabbricato del condominio di cui al numero civico (OMISSIS), e dall’altro escluso la rilevanza degli atti riguardanti il procedimento amministrativo per il rilascio della licenza edilizia per la costruzione dell’edificio condominiale di cui al n. (OMISSIS) della stessa via (OMISSIS), sia perchè avente diversa posizione, sia in quanto il relativo caso è stato oggetto di un differente giudizio, non costituisce una contraddittorietà intrinseca del ragionamento posto al servizio della decisione, tale da inficiarne coerenza e consequenzialità logica, ma una manifestazione del convincimento dell’organo giudicante nell’apprezzare portata e concludenza degli elementi di giudizio offerti dal dibattito processuale.

4. – In conclusione il ricorso è infondato e va respinto.

5. – Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00, di cui 200,00 per spese vive, oltre spese generali forfetarie di studio, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2011

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