Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10912 del 08/06/2020

Cassazione civile sez. I, 08/06/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 08/06/2020), n.10912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3470-2019 proposto da:

T.M., rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO

CIAFARDINI e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO e PROCURATORE REPUBBLICA;

TRIBUNALE ANCONA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 978/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 18/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/02/2020 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona respingeva l’istanza del ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale od umanitaria, ritenendo non credibile la storia riferita dal richiedente ed insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’invocata tutela.

Il Tribunale di Ancona, con ordinanza del 10.12.2016, respingeva il ricorso avverso il predetto provvedimento di rigetto.

Interponeva appello avverso detta decisione T.M. e la Corte di Appello di Ancona, con la sentenza impugnata n. 978/2018, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto T.M. affidandosi a quattro motivi.

Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., perchè la Corte di Appello avrebbe reso una motivazione illogica e contraddittoria.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, perchè il giudice di seconde cure avrebbe omesso di applicare, nel caso concreto, il principio dell’onere probatorio attenuato così come declinato dalla sentenza n. 27310/08 delle S.U. di questa Corte e non avrebbe condotto l’esame della credibilità della storia riferita dal richiedente in coerenza con i criteri previsti dalla legislazione speciale sull’esame delle domande di protezione internazionale.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono infondate. Con esse, invero, il richiedente si duole del mancato riconoscimento, in proprio favore, dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ma omette di considerare che la storia che egli aveva riferito non era stata soltanto ritenuta poco credibile dal giudice di merito, ma soprattutto non idonea a giustificare il riconoscimento della protezione internazionale sotto i profili appena evidenziati. Ed invero la Corte territoriale ha ritenuto che il T., il quale sin dall’audizione innanzi la Commissione territoriale aveva dichiarato di aver lasciato il proprio Paese a seguito della uccisione del padre per aiutare la madre, anziana e malata, si fosse allontanato dal Senegal per motivazioni economiche, che come tali non giustificano il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b). L’evento dell’uccisione del padre ad opera dei ribelli, infatti, non costituisce, nella narrazione del richiedente, la motivazione diretta della fuga dal Paese di origine, ma soltanto il presupposto remoto di una decisione assunta in realtà per ragioni essenzialmente economiche.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), perchè la Corte anconetana avrebbe omesso di riconoscere la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria in relazione alle effettive condizioni interne del proprio Paese di provenienza.

La censura è inammissibile.

Va premesso che la sentenza impugnata non reca alcuna indicazione di fonti informative sul Paese di origine del richiedente ma si limita ad escludere la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria il D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), in quanto “… il Senegal non registra attualmente una situazione di violenza indiscriminata e diffusa idonea a fondare il timore di un pericolo in caso di rimpatrio ed anzi, nella regione di Casa mance (da cui, presumibilmente, proviene il richiedente la protezione) dal 1 maggio 2014 il leader del MFDC ha dichiarato il cessate il fuoco rinunciando alla lotta per l’indipendenza” (cfr. pag.6). Tuttavia il ricorrente non fa alcun cenno, nello svolgimento del motivo in esame, alla mancata indicazione delle fonti informative, ma si limita ad una generica contestazione della disamina della condizione interna del Paese di origine condotta dal giudice di merito. In proposito, va ribadito che il motivo di ricorso non può mai risolversi nella mera istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, in quanto quest’ultima è estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e dell’art. 134 c.p.c., perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente denegato la concessione della protezione umanitaria.

La censura è inammissibile. Il giudice di merito ha escluso la tutela in esame in quanto “… non risultano dedotte specifiche situazioni, nè soggettive nè oggettive, relative al Paese di provenienza, che giustifichino siffatta concessione, in quanto nei confronti del richiedente non sono ravvisabili violazioni dei diritti umani di particolare entità nell’ipotesi di rientro nel Paese di origine nè egli versa in una condizione di vulnerabilità tale da giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari” (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata). Il ricorrente non contesta specificamente tale passaggio della motivazione, ma si limita ad affermare che quanto ritenuto dal giudice di merito sia erroneo. Non indica, tuttavia, alcuna fonte internazionale dalla quale si possano trarre informazioni diverse da quelle indicate nella sentenza impugnata, nè deduce l’esistenza di specifici profili di vulnerabilità soggettiva non considerati, o non adeguatamente considerati, dalla Corte marchigiana. La censura, pertanto, rimane al livello di mera contestazione del giudizio di fatto, e come tale non supera il vaglio di ammissibilità.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della prima sezione civile, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020

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