Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10910 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. II, 26/04/2021, (ud. 10/09/2020, dep. 26/04/2021), n.10910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6891/2016 proposto da:

L.L., LO.LU., D.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO RAPPAZZO, rappresentati e difesi dall’avvocato

DINO GIOVANNI SELIS;

– ricorrenti –

contro

STUDIO RIVALTA DI V.B. E C. SAS, elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA CONCA D’ORO 300, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI BAFILE, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PIERGIORGIO LINO CHIARA;

– controricorrente –

e contro

UNIPOL ASSICURAZIONI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1534/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 11/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/09/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il

rigetto del ricorso, con le conseguenze di legge.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L.R. propose causa avanti il Tribunale di Torino contro C.F. e la sas Studio Rivalta, in quanto il C. s’era reso inadempiente agli obblighi assunti con preliminare di vendita di immobile – omesso completamento dei lavori di ristrutturazione concordati nel termine – tra le parti stipulato in dipendenza dell’attività mediatoria espletata dallo Studio Rivalta sas, che era evocato in causa dal L. per ottenere il ristoro dei danni subiti in dipendenza dell’ulteriore inadempimento del promissario venditore, per essergli stata assicurata la libertà da vincoli dell’immobile mentre era gravato da iscrizioni ipotecarie pregiudizievoli.

Resistettero e C.F., contestando l’inadempimento addebitatogli, e la sas Studio Rivalta, che contestava la pretesa svolta nei suoi riguardi e, comunque, evocava in causa in garanzia la spa Unipol Ass.ni.

Si costituiva anche l’Assicuratore chiamato che rilevava, anzitutto, l’inoperatività della polizza per l’evento pregiudizievole dedotto in causa e, comunque, riteneva priva di fondamento la pretesa attorea.

Ad esito della trattazione istruttoria della questione, il Tribunale piemontese ebbe ad accogliere la domanda del L. verso il C. ed a rigettare la pretesa nei riguardi del mediatore, con assorbimento dell’esame circa la posizione della società assicuratrice chiamata.

L.R. – poi in corso di trattazione deceduto e sostituito dai sui eredi – ebbe a proporre gravame avverso la sentenza del Tribunale e, resistendo la sas Studio Rivalta e la spa Unipol Ass.ni, nella contumacia del C., la Corte d’Appello di Torino ebbe a rigettare l’impugnazione mossa.

Osservava la Corte subalpina come, effettivamente, non sussisteva il nesso eziologico tra l’azione pregiudizievole attribuita al mediatore – mancata comunicazione dell’esistenza di iscrizione ipotecaria già presenti al momento della stipula del preliminare – e l’aveva il L. dato corso della proposta di acconto versando l’importo di Euro 150000,00.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dai consorti D. – L. s’appalesa privo di fondamento e va rigettato.

Con il primo mezzo d’impugnazione parte ricorrente denunzia violazione della regola iuris in tema di onere probatorio ex art. 2697 c.c., poichè il Collegio piemontese ha ritenuto esser suo onere dimostrare, oltre la fonte del patto ed il pregiudizio subito, anche che, se posto a conoscenza dell’esistenza dell’ipoteca da parte del mediatore, al riguardo informato, non avrebbe concluso l’affare, mentre era, ex se, evidente la non convenienza dell’affare in presenza del peso non comunicato.

La censura s’appalesa priva di fondamento posto che la Corte cisalpina ha affermato che era possibile dar prova, mediante presunzioni, anche di fatto negativo – la non conclusione dell’affare quando informato dell’ipoteca – ed un tanto non configura l’inversione dell’onere probatorio, bensì esprime la regola di diritto che chi agisce in ristoro danno è onerato della prova della concorrenza del nesso eziologico tra l’azione dedotta siccome pregiudizievole ed il danno subito – Cass. sez. 3 n. 5606/80, Cass. sez. 3 n. 7026/01 Cass. SL n. 25727/18 -.

Ed in tale corretta prospettiva il Collegio subalpino ha, quindi, proceduto ad esaminare i dati fattuali acquisiti in corso di causa per valutare se il promissario acquirente, agente in danno, ebbe a dar prova dell’esistenza del citato nesso eziologico.

Con la seconda ragione di doglianza gli eredi L. denunziano una congerie di vizi di legittimità individuati, anzitutto, nella violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2 e conseguente nullità; quindi rilevano violazione del disposto ex art. 132 c.p.c., n. 4, ed art. 111 Cost., per finire con la deduzione della violazione della norma ex art. 2729 c.c., in tema di valutazione delle presunzioni.

Osserva in primo luogo parte ricorrente come la Corte cisalpina ebbe ad utilizzare ex officio fatti, dai quali ha poi desunto presunzioni di segno contrario a quelle da essa portate senza consentire su detti elementi presuntivi l’esplicazione del diritto di contraddire, secondo la norma ex art. 101 c.c., comma 2.

Quindi i ricorrenti rilevano un vizio di motivazione, che ne inficia la sua stessa esistenza, in relazione all’apprezzamento fatto dalla Corte territoriale al cenno in preliminare al mutuo costruttori – ritenuto dato di rilievo al fine della consapevolezza del promissario acquirente circa l’accensione di una garanzia reale a fronte di detto mutuo – poichè non ancorato ai canoni logici fondanti la valutazione delle relazioni logiche tra fatti.

Inoltre i consorti D. – L. individuano anche una scorretta applicazione della norma in tema di valutazione delle presunzioni ai fini della loro valenza quale prova con relazione alla clausola contrattuale afferente il mutuo costruttori, che tuttavia non operava cenno all’iscrizione di ipoteca, sicchè la desunzione logica tratta dai Giudici piemontesi era priva di ogni fondamento logico-fattuale con conseguente vizio della loro complessiva ricostruzione sul punto.

Infine i ricorrenti censurano anche la valenza della presunzione, tratta dalla Corte distrettuale dal mancato cenno, nella diffida inviata al C., all’esistenza delle ipoteche quale fondamento della denunzia d’inadempimento, poichè non univoca.

L’articolata censura, ancorchè strutturata sulla scorta di vizio di nullità ovvero di violazione di regole di diritto, in effetti si compendia nella contestazione circa il merito dell’apprezzamento operato dalla Corte subalpina degli elementi di natura indiziaria acquisiti in atti.

Un tanto configura, sostanzialmente, una richiesta a questa Corte di legittimità di procedere ad inammissibile apprezzamento circa il merito della causa, ossia la scelta tra due ricostruzioni logico-fattuali sulla scorta dei dati con valenza probatoria presenti in atti.

E di certo la valutazione di dati logico-fattuali desunti da elementi, comunque, acquisiti in causa nel contraddittorio tra le parti non configura la “questione nuova” rilevata ex officio, cui opera riferimento la norma ex art. 101 c.p.c., comma 2 – Cass. SL n. 10353/16 -.

Difatti è facoltà peculiare attribuita al giudicante, ex art. 116 c.p.c., di apprezzare le prove introdotte in atti secondo il suo prudente apprezzamento per giungere alla decisione della lite, sicchè non può trovar operatività la norma citata poichè altrimenti il Giudice dovrebbe anticipare alle parti la sua decisione. Di conseguenza l’apprezzamento da parte del Giudice di dati fattuali o logici, presenti o desumibili dagli atti di causa, in modo autonomo rispetto alle ricostruzioni proposte dalle parti non configura mai l’ipotesi disciplinata dall’art. 101 c.p.c., comma 2 – Cass. sez. L n. 9384/95, Cass. sez. 5 n. 2090/04, Cass. sez. L n. 18665/17 -.

Con il terzo mezzo d’impugnazione i consorti D. – L. deducono violazione delle norme processuali ex artt. 112,246,324 e 342 c.p.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo.

Osservano i ricorrenti come la Corte cisalpina aveva utilizzato il dato probatorio rappresentato dalla testimonianza resa dal collaboratore del mediatore D.L.A., benchè sul punto fosse intervenuta statuizione di non utilizzabilità della testimonianza per scarsa attendibilità da parte del Tribunale, statuizione non attinta da alcuna delle parti con apposito mezzo di gravame e, così, divenuta cosa giudicata interna.

Comunque ad opinione dei ricorrenti la Corte territoriale, utilizzando – poichè ritenuto attendibile – la testimonianza del D.L. senza superare la statuizione implicita del Tribunale, che aveva ritenuto il teste incapace perchè portatore di interesse in causa, aveva omesso di considerare che le dichiarazioni del teste erano contrarie all’evidenza del dato documentale – rappresentato dalla proposta di acquisto nella quale, non solo, appariva barrata la casella afferente la libertà dell’immobile da ipoteche, ma ulteriormente rafforzata con la scritta “nulla” -.

La censura svolta appare nel suo complesso priva di pregio giuridico poichè non si configurano, nemmeno in astratto, le violazioni delle regole giuridiche denunziate.

Difatti, come s’apprezza dalla sentenza impugnata – parte descrittiva relativa alle posizioni assunte in appello dalle parti, ex art. 346 c.p.c., essendo parte vittoriosa, lo sas Studio Rivalta ebbe a riproporre quale difesa la questione dell’attendibilità del teste D.L., sicchè la nuova valutazione della resa testimonianza, operata dalla Corte d’Appello, non incontra alcun giudicato interno sul punto.

Inoltre il Tribunale, non già, ebbe a ritenere il teste incapace, ex art. 246 c.p.c., al momento della sua escussione, nè espressamente nè implicitamente, bensì esaminò le sue dichiarazioni e le ritenne non affidabili, stante il rapporto intrattenuto – collaborazione – con il mediatore al momento dei fatti.

Infine, come già evidenziato, l’apprezzamento del compendio probatorio è questione rimessa alla prudente valutazione del Giudice di merito e la stessa non può formare oggetto di esame in sede di legittimità, anche sotto il profilo della facoltà del Giudice di merito di individuare il dato probatorio ritenuto maggiormente affidabile.

Dunque, non solo, il cenno critico all’omessa valutazione del dato documentale, rappresentato dalla proposta d’acquisto, non può esser inquadrato nel vizio ex art. 360 c.p.c.. n. 5, che si riferisce a fatto storico e, non già, a valutazione di elemento probatorio – Cass. SU n. 8053/14, Cass. sez. 3 n. 11892/16 -; non solo la critica impinge il merito del ragionamento probatorio svolto dal Giudice d’appello, ma pure il motivo si caratterizza per aspecificità.

Difatti il cenno alla clausola contrattuale afferente la libertà da ipoteche del bene immobile risulta – per come riferito in ricorso – correlato alla “proposta d’acquisto”; ma l’acquirente era il sig. L.R., sicchè, in assenza di migliori specificazioni nel corpo dell’argomento critico svolto nel ricorso, si deve concludere che era atto proprio della parte quindi rappresentava, non già, una descrizione delle qualità dell’immobile fatta dal mediatore o dal venditore, bensì le optata dell’acquirente, soggetto odierno ricorrente.

Al rigetto del ricorso segue la condanna, in solido fra loro, dei consorti D. – L. alla rifusione in favore della sas Studio Rivalta delle spese di lite di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 6.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense siccome indicato in dispositivo.

I ricorrenti sono tenuti anche al pagamento dell’ulteriore contributo unificato, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna, in solido fra loro, i ricorrenti a rifondere alla società resistente le spese di lite di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 6.700,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

 

 

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