Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10910 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. I, 05/05/2010, (ud. 07/04/2010, dep. 05/05/2010), n.10910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.U., elettivamente domiciliato in Roma, via Pasquale 21,

presso Mario Capriotti, rappresentato e difeso dall’avv. BRUNI

CIRIACO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Ca.Pa. e A.E.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 243 del

16.6.2007;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

7.4.2010 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Udito gli avv. Ciriaco Bruni e Mario Capriotti per il ricorrente;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 16.6.2007 la Corte di Appello di Ancona confermava la decisione di rigetto del Tribunale di Ascoli Piceno, avente ad oggetto la domanda con la quale C.U. aveva chiesto che fosse affermata l’esclusiva responsabilità di Ca.Pa. e A.E., in relazione alle sanzioni amministrative comminate dall’Ufficio IVA di Ascoli Piceno per irregolarità riscontrate nella contabilità della società di fatto Isoterm di Castelli Palma e C., con ogni effetto liberatorio in favore di esso attore.

In proposito il C., dopo aver premesso di essere divenuto socio della detta società, a seguito di scrittura privata del 20.9.84, aveva poi precisato: che con tale scrittura era stato stabilito che la Ca. potesse delegare al marito A.E. compiti relativi all’attività di amministrazione; che la stessa si sarebbe interessata degli aspetti commerciali e della contabilità; che la cantieristica, viceversa, sarebbe stata curata da esso attore. Posto dunque che la società aveva versato L. 4.237.200 per il condono fiscale, riteneva l’attore che detta somma avrebbe dovuto essere integralmente addebitata all’altro socio e al marito, tenuto conto della disposta ripartizione delle competenze secondo i criteri sopra indicati.

Il Tribunale, nell’opposizione dei convenuti che proponevano anche domanda riconvenzionale per ottenere in restituzione la quota non di loro spettanza anticipata, rigettava la domanda originaria e accoglieva viceversa quella incidentale, ritenendo che i costi relativi alla responsabilità per le inadempienze fiscali dovessero essere sopportate in pari misura da tutti i soci, giudizio che poi veniva ulteriormente confermato in sede di gravame, sulla base delle seguenti considerazioni: a) “che gli amministratori rispondono.. verso la pluralità soggettiva degli altri soci dell’adempimento dei loro obblighi amministrativi, salvo che taluno., dimostri di essere esente di colpa”; b) che nella specie il regime statutario e la successiva scrittura del 20.9.1984 prevedevano il modello di amministrazione congiuntiva; c) che la ripartizione di competenze fra i due soci doveva essere interpretata come una “ripartizione di mere aree tecniche logistiche” e non come divisione di responsabilità; d) che ciascun socio sarebbe stato dunque “tenuto anche a vigilare sull’operato tecnico-logistico degli altri soci, esercitando la sua parte di controllo decisionale congiunto”.

Avverso la decisione C. proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non resistevano gli intimati.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 7.4.2010.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i due motivi di impugnazione C. ha denunciato violazione di legge e vizio di motivazione, rispettivamente sotto i seguenti profili: 1) la socia Ca.Pa. sarebbe stata l’unica responsabile della tenuta della contabilità della società, avendo accettato il relativo incarico al riguardo. Per di più la Ca. sarebbe responsabile anche per altro verso, vale a dire per non essersi rivolta a studio professionale adeguato che, in quanto tale avrebbe potuto eliminare il sorgere dell’inconveniente manifestatosi;

2) la Corte aveva erroneamente valutato il suo interessamento per la questione dell’IVA, interessamento determinato esclusivamente dalla “preoccupazione derivante dalla errata tenuta della contabilità”; le deposizioni testimoniali non sarebbero state correttamente interpretate e, quanto alle rate di condono, non risulterebbe provato che i relativi pagamenti fossero avvenuti con denaro della Ca..

Le censure possono essere esaminate congiuntamente e sono infondate.

In proposito si osserva infatti che la Corte di appello ha ritenuto, sulla base del disposto dell’art. 2260 c.c., del testo dello statuto e della successiva scrittura privata del 20.9.1984, che la responsabilità dei soci nei confronti della società per gli atti di gestione (da esercitarsi congiuntamente ad opera dei due soci) fosse paritaria e che la ripartizione di compiti nell’ambito della detta attività avesse una esclusiva rilevanza tecnico logistica, e non sollevasse quindi i soci dal loro “potere – dovere di esercitare congiuntamente la signoria decisionale e la relativa responsabilità ad ogni effetto, interno ed esterno”.

Tale valutazione di merito, in sintonia con il dettato normativo, risulta adeguatamente motivata, mentre la censura è generica e ripropone sostanzialmente gli stessi argomenti già disattesi dal giudice del gravame (nonchè da quello di primo grado), senza l’indicazione delle ragioni per le quali il giudizio della Corte di appello sarebbe errato e l’interpretazione degli atti non condivisibile.

Per quanto concerne poi le ulteriori considerazioni (interpretazione della prova testimoniale e assenza di prova in ordine all’avvenuto pagamento delle quote del condono da parte della Ca.), si tratta di questione in fatto (la prima) sostanzialmente estranea alla “ratio decidendi”, incentrata sulla congiunta responsabilità dei soci, e di questione nuova (la seconda), peraltro semplicemente prospettata senza il conforto di ulteriori riscontri.

Il ricorso conclusivamente deve essere rigettato, mentre nulla va disposto in ordine alle spese processuali poichè gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

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