Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1091 del 18/01/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1091 Anno 2018
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 25409-2016 proposto da:

GIORGIANNI ARTURO, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA
VERDERICO;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– resistente –

Data pubblicazione: 18/01/2018

avverso la sentenza n. 4083/27/2015 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO SEZIONE
DISTACCATA di MESSINA, depositata il 28/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/12/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO

Fatti e ragioni della decisione.
Giorgianni Arturo ha proposto ricorso per cassazione, affidato a
tre motivi, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la
sentenza resa dalla CTR Sicilia indicata in epigrafe, con la quale
è stato accolto l’appello dell’ufficio e, in riforma della pronunzia
di primo grado, ritenuto legittimo l’accertamento relativo alla
ripresa a tassazione di IVA, IRPEF e IRAP per l’anno 1999
notificato al contribuente.
L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.
Il procedimento può essere definito con motivazione
semplificata.
Con il primo motivo si deduce la violazione

dell’art.7

I.n.212/2000, in relazione all’art.360 c.1 n.3 c.p.c. La CTR
avrebbe omesso di valutare che il pvc allegato all’avviso di
accertamento non conteneva i tabulati elettronici sulla base dei
quali era stata operata la verifica. E poichè tali atti non erano
stati nè allegati al pvc reso nei confronti della società, nè
all’avviso di accertamento, sarebbe risultata palese la
violazione dell’obbligo di motivazione dell’atto.
Il motivo è inammissibile, introducendo una questioneconcernente l’esistenza di tabulati allegati al pvc redatto il
29.8.2002- che non risulta, dal ricorso per cassazione o dalla
sentenza impugnata, essere stata oggetto di esame innanzi al
giudice di merito. Nè il ricorrente ha documentato di avere

Ric. 2016 n. 25409 sez. MT – ud. 06-12-2017
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GIOVANNI CONTI.

posto a base della censura relativa al difetto di motivazione
dell’atto esposta in primo grado la mancata allegazione dei
tabulati.

ElltefftEffititEtug.

lett.d) dPR n.600/73 e 54 dPR n.633/1972, in relazione’
all’art.360 c.1 n.3 c.p.c., nonchè l’omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio. Il ricorrente prospetta che
l’accertamento analitico-induttivo reso nei di lui confronti si
sarebbe fondato su elementi – che il ricorrente enuncia
espressamente a pag.13 del ricorso per cassazione – non dotati
del carattere di presunzioni gravi, precise e concordanti capaci
di legittimarlo. La CTR, peraltro, avrebbe omesso di esaminare
la questione, dedotta dal contribuente, relativa alla regolarità
delle scritture contabili ed alla natura formale di talune
violazioni.
Anche tali censure sono inammissibili e in parte infondate.
Ed invero, per un verso dalla sentenza impugnata non risulta
che la CTR abbia fondato la legittimità dell’accertamento sugli
elementi che, secondo il ricorrente, sarebbero privi di valenza
presuntiva idonea a giustificare l’accertamento analitico
induttivo. Nè la parte ricorrente ha allegato di avere dedotto in
fase di appello fatti decisivi per il giudizio il cui esame sarebbe
stato omesso dalla CTR la quale, per converso, risulta avere
giustificato la legittimità dell’accertamento sulla base del
ritenuto legittimo utilizzo della percentuale di ricarico
determinata per anni diversi precedenti rispetto a quello
oggetto dell’accertamento e nei confronti della società
costituita dopo la donazione dell’attività individuale effettuata
dal contribuente ad i di lui figli.
Ric. 2016 n. 25409 sez. MT – ud. 06-12-2017
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Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art.39 c.1

Per altro verso, la sentenza impugnata è pienamente conforme
alla giurisprudenza di questa Corte, laddove ha mostrato di
considerare legittimo l’accertamento fondato sulla percentuale
di ricarico raccolta con riguardo ad una diversa annualità
d’imposta, specificamente valorizzando l’assenza di elementi

rispetto all’anno oggetto di verifica. Con ciò il giudice di appello
ha fatto corretta applicazione dei principi consolidati di questa
Corte secondo i quali in tema di accertamento analitico
induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del
1973, le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un
determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari,
da utilizzare secondo i criteri di razionalità e prudenza, per
ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o
successivi, atteso che, in base all’esperienza, non si tratta di
una variabile occasionale, per cui incombe sul contribuente,
anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l’onere di
dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che
possano giustificare in altri periodi l’applicazione di percentuali
diverse -cfr., da ultimo, Cass.n.27330/2016-.
Con il terzo motivo si deduce il vizio di omesso esame di un
fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti.
La CTR

non avrebbe esaminato la questione relativa

all’erroneità del metodo di calcolo seguito dalla Polizia
giudiziaria nella determinazione della percentuale di ricarico
per l’anno d’imposta 2001, applicandola arbitrariamente
all’anno d’imposta oggetto dell’accertamento, incorrendo altresì
nella violazione del’artt.39 dPR n.600/73 e 54 dPR n.633/72.
Tale complessa censura è inammissibile.
Ed invero, la censura non indica in modo specifico i fatti che la
CTR avrebbe omesso di esaminare e che, secondo una
Ric. 2016 n. 25409 sez. MT – ud. 06-12-2017
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idonei a dimostrare la loro parziale o totale inattendibilità

valutazione prognostica ex ante, avrebbero potuto determinare
un esito diverso dalla lite e risultare quindi decisivi limitandosi
a prospettare, in modo generico, il mancato esame di questioni
poste al giudice di merito che non possono, tuttavia, trovare
ingresso sotto il paradigma della nuova versione del vizio di cui
ratione temporis

applicabile alla fattispecie.
In definitiva, a fronte della sentenza della CTR, che ha esposto
le ragioni che l’avevano indotta ad utilizzare la percentuale di
ricarico individuata dalla polizia tributaria per altra annualità
anche all’anno oggetto di accertamento, il ricorrente avrebbe
dovuto indicare specificamente i fatti non esaminati dal giudice
che sarebbero stati idonei a determinare un esito diverso della
lite e perciò dotati del requisito della decisività. Sicchè
l’assenza di tale allegazione non può che determinare
l’inammissibilità della censura, per il resto infondata con
riguardo alla legittimità dell’accertamento eseguito dall’ufficio,
tenuto conto delle medesime argomentazioni già esposte con
riferimento al secondo motivo.
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, dando atto dando atto, ai
sensi dell’art.13 c.1 quater dPR n.115/2002, della sussistenza
dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis
dell’art.13 comma 1 quater d.PR n.115/2002
PQM
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio
che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in euro 4000,00
per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ric. 2016 n. 25409 sez. MT – ud. 06-12-2017
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al n.5 dell’art.360 primo comma c.p.c.,

Dà atto, ai sensi dell’art.13 c.1 quater dPR n.115/2002, della
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del

comma 1 bis dell’art.13 comma 1 quater d.PR n.115/2002

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