Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10908 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. I, 05/05/2010, (ud. 24/03/2010, dep. 05/05/2010), n.10908

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. NAPPI A niello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21019-2004 proposto da:

CASSA DI RISPARMIO DI FIRENZE S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), in persona

del Responsabile del Servizio Recupero Crediti pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso

l’avvocato BOGGIA MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FABBRI ALBERTO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., F.P., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA P. L. DA PALESTRINA 19, presso l’avvocato LA GREGA

GIUSEPPE, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati

SACCHI ROBERTO, MANETTI PAOLO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 683/2003 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 07/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/03/2010 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato A. MANCINI, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per i controricorrenti, l’Avvocato G. LA GREGA che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I signori C.A. e F.P. si opposero al decreto emesso il 9 febbraio 1998 dal Presidente del Tribunale di Firenze su ricorso della Cassa di Risparmio di Firenze, che ingiungeva a ciascuno di loro, quali fideiussori della s.r.l. Linea Tre, il pagamento di complessive L. 132.600.000, parte quale saldo negativo del conto corrente, sul quale vi era un’apertura di credito per L. 300.000.000, e parte per un finanziamento in divisa estera, oltre agli accessori. Gli opponenti sostennero, per quel che qui ancora rileva, di non aver mai garantito lo scoperto di conto corrente, ma soltanto il prestito in valuta estera, e di aver comunque ottenuto, con il versamento alla cassa della somma di L. 350.000.000, la liberazione da quel vincolo.

La cassa resistette alla domanda, eccependo tra l’altro che il versamento di L. 350.000.000 era stato fatto sul conto corrente, e non a fronte del finanziamento in valuta estera. Il tribunale respinse l’opposizione, ritenendo provato che la garanzia fosse stata prestata sia per lo scoperto di conto corrente e sia per il finanziamento in divisa estera.

Nel giudizio d’appello, gli opponenti sostennero che essi avevano garantito esclusivamente l’operazione finanziaria per L. 600.000.000 menzionata in una delle due scritture del (OMISSIS), ma non anche – nonostante il testuale riferimento alle obbligazioni da contrarre, oltre che contratte, contenute nell’altra scrittura nella medesima data – il prestito in valuta estera concesso due anni dopo;

e che non v’era prova che lo scoperto di conto corrente derivasse dall’operazione garantita. Questo secondo argomento, enunciato già in primo grado nella comparsa conclusionale, era stato erroneamente ritenuto tardivo dal tribunale, sebbene si trattasse di una mera difesa, e l’onere della prova del credito gravasse esclusivamente sulla creditrice.

Con sentenza 7 maggio 2004, la Corte d’appello di Genova accolse in parte l’appello degli opponenti, e determinò in L. 97.608.255 il complessivo debito solidale dei fideiussori. La corte confermò il giudizio del tribunale, che la fideiussione prestata per i debiti della società, con due scritture nella medesima data del (OMISSIS), garantisse sia quelli derivanti sia dallo scoperto di conto, e sia i debiti derivati dal finanziamento in divisa estera, posteriore di circa due anni, di cui era stata chiesta l’estinzione il (OMISSIS), e che era stato addebitato sul conto. Tuttavia in appello i fideiussori avevano eccepito che mancava la prova che il saldo passivo del conto si riferisse all’apertura di credito piuttosto che all’operazione finanziaria; e poichè, dopo la revoca dell’affidamento e l’addebito del finanziamento sul conto, il saldo passivo, nel quale erano confluite le poste relative all’apertura di credito e all’operazione in divisa estera, risultava di L. 97.608.255, era questo il complessivo debito residuo provato in causa.

Per la cassazione della sentenza, non notificata, ricorre la cassa, con atto notificato il 29 settembre 2004, per due motivi.

Resistono i signori C. e F. con controricorso notificato il 5 novembre 2004.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denuncia la contraddittorietà tra la motivazione il dispositivo. Il giudice d’appello aveva accertato che le parti avevano costituito una fideiussione a garanzia sia del rapporto di apertura di credito in conto corrente, e sia del successivo finanziamento in valuta estera. Da tale premessa doveva trarsi, quale unica conseguenza, la conferma del decreto ingiuntivo, perchè gli opponenti non avevano mai contestato l’ammontare del credito azionato, rappresentato dal saldo del conto corrente e dall’estinzione del finanziamento in valuta estera.

Con il secondo motivo si censura l’omesso esame di eccezioni processuali decisive. Giustamente il tribunale aveva ritenuto tardiva sia l’eccezione “sollevata con la comparsa 8 novembre 2000 in ordine alla fideiussione”, sia l’eccezione circa la mancata prova del riferimento dello scoperto di conto all’operazione finanziaria di L. 600.000.000 garantita.

Il ricorso è infondato. La corte d’appello, dopo aver accertato che la fideiussione copriva sia il saldo di conto corrente e sia il finanziamento in divisa straniera, ha preso in esame il motivo d’appello con il quale si negava l’esistenza di una prova che il saldo passivo del conto corrente si riferisse all’apertura di credito invece che al finanziamento in valuta straniera, e ha deciso sul punto tenendo conto del fatto che il regolamento in conto corrente dello stesso prestito aveva portato ad un saldo esigibile, entro il quale il credito della banca poteva ritenersi provato. Non vi è contraddizione con le premesse assunte in base ai documenti richiamati, nè illogicità.

Quanto al secondo motivo, esso denuncia – sotto il profilo dell’omesso esame della relativa eccezione sollevata dalla ricorrente – l’inammissibilità, nel giudizio di appello, di due eccezioni proposte dagli appellanti, di una delle quali, la prima, concernente genericamente la fideiussione, non si riferisce il contenuto, sicchè per questa parte il motivo è generico ed inammissibile.

Per l’altra eccezione è da osservare che, se si trattava di eccezione inammissibile in appello (giudizio che non discende direttamente dalla sua novità nella comparsa conclusionale di primo grado), essa doveva essere censurata sotto il profilo dell’error in procedendo, per violazione dell’art. 345 cpv. c.p.c.. Trattandosi di vizio censurabile a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4, esso, qualora abbia determinato la nullità del provvedimento decisorio, ne determina la cassazione, mentre, in caso contrario, resta del tutto irrilevante l’omesso esame sul punto, da parte del giudice di merito, di cui la ricorrente si duole. Anche per questa parte, dunque, il motivo, che si limita a ricordare il giudizio del tribunale senza censurare puntualmente e adeguatamente l’implicito rigetto della corte d’appello, non consente alla corte di prendere posizione sulla questione dell’ipotetica violazione dell’art. 345 c.p.c. in ragione della novità dell’eccezione in senso tecnico, o, invece, dell’inesistenza della violazione, in ragione della configurabilità di poteri d’ufficio del giudice del gravame, trattandosi di difesa riducibile al diniego dell’esistenza della prova del credito.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 24 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

 

 

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