Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10905 del 26/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10905 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

ORDINANZA
sul ricorso 28153-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso VAVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente contro
CICCHESE ERSILIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
LUNGOTEVERE MELLINI 7, presso lo studio dell’avv.LUCIA
ZACCAGNINI, rappresentata e difesa dall’avv. FERRUCCIO
BARNABA per procura speciale in calce al controricorso;

controricorrente –

Data pubblicazione: 26/05/2016

avverso la sentenza n. 923/2014 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della LIGURIA depositata il
16/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI;

Barnaba) difensore della controricorrente che si riporta agli scritti.
Ritenuto in fatto
Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di Ersilia Cicchese
dell’avviso di accertamento, emesso a seguito, anche, di indagini sulle
movimentazioni bancarie ex art.32 d.p.r. 600/73, e portante maggiori IRPEF,
IVA ed IRAP per l’anno di imposta 2006, la Commissione Tributaria Regionale
della Liguria, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettando l’appello principale
proposto dall’Ufficio ed accogliendo quello incidentale della contribuente avverso
la decisione di primo grado, dichiarava la nullità dell’atto impositivo.
In particolare, il Giudice di appello, pur ritenendo infondato il gravame
proposto dalla contribuente in ordine alla non necessità dell’allegazione
dell’autorizzazione ai controlli bancari, in accoglimento del secondo motivo di
appello incidentale, riteneva che, nel caso in esame, fosse stato violato l’art.12,
ultimo comma, della legge n.212/2000, sia per il mancato rispetto del termine ivi
previsto sia per l’insussistenza di ragioni di “particolare e motivata urgenza”.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso
affidandosi ad unico motivo.
La contribuente resiste con controricorso.
A seguito di deposito di relazione ex art.380 bis c.p.c. è stata fissata
l’adunanza della Corte in camera cli consiglio, con rituale comunicazione alle parti.
La controricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto
Con l’unico motivo, si deduce la falsa applicazione dell’art.12, comma 7,
della legge n.212/2000, laddove la C.T.R. aveva ritenuto necessaria, a seguito del
contraddittorio con la contribuente, la redazione di un verbale di chiusura della
verifica ed aveva ritenuto applicabile il citato disposto normativo all’accertamento

Ric, 2014 n. 28153 sei. MT – ud. 17-03-2016
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udito l’Avvocato Lucia Zaccagnini (delega avvocato Ferruccio

in oggetto che si era basato sulla documentazione acquisita a seguito di
questionario spedito al contribuente e sulle risultanze di indagini bancarie
regolarmente autorizzate, e non già su dati raccolti mediante accesso nei locali
destinati all’esercizio dell’attività.
1,1. La censura, contrariamente a quanto dedotto in controricorso e
ribadito in memoria, è ammissibile non ravvisandosi nel contesto della

intervenuto il giudicato. Il mezzo è anche fondato. Sulla questione controversa,
costituita dall’applicabilità dell’ultimo comma dell’art.12 della legge 212/2000 (c.d.
Statuto del contribuente) anche alle verifiche fiscali (quale quella in esame)
conseguenti ad accertamenti bancari ovvero “a tavolino”, questa Corte è
intervenuta ripetutamente affermando che la suddetta disposizione trova
applicazione, come da espressa previsione legislativa, solo nel caso in cui
l’Amministrazione finanziaria proceda ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali “nei
locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o
professionali” (v.tra le altre Cass.n.3142/2014; id n.13588/2014 la quale, peraltro,
richiama sul punto il tenore testuale della sentenza delle Sezioni Unite di questa
Corte n.18184/2013). A suffragare tale orientamento sono, peraltro e di recente,
intervenute le Sezioni Unite di questa Corte (Sentenza n.24823/15) le quali hanno
statuito il seguente principio: “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il
diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo
all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei
diritti del contribuente, in assenza di specifica previsione, un generalizzato obbligo
di contraddittorio endoproceciimentale, comportante, in caso di violazione,
l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”,
l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale,
pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le
quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi
“armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la
violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedirnentale da parte
dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità
dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in
concreto le ragioni che avrebbero potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse

kic, 2014 n. 28153 sez. MT – ud. 17-03-2016
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motivazione della sentenza impugnata una pronuncia implicita sulla quale sarebbe

stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con
riferimento al momento del mancato contraddittorio), si rilevi non puramente
pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e
buona fede ed al principio dà lealtà processuale, sviamento dello strumento
difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali
è stato predisposto.

norma in esame adombrati dalla contribuente in seno alla memoria.
Come evidenziato, invero, dalla stessa su citata sentenza n.24823/2015
delle Sezioni Unite, il dato testuale del detto art. 12, comma 7, L. 212/2000,
univocamente tendente alla limitazione della garanzia del contradditorio
procedimentale alle sole “verifiche in loco”, è da ritenersi “non irragionevole”, in
quanto giustificato dalla peculiarità stessa di tali verifiche, “caratterizzate
dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del
contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli; peculiarità
che giustifica, quale controbilanciamento, il contradclitorio al fine di correggere,
adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione,
gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”; siffatta peculiarità, differenziando le
due ipotesi di verifica (“in baco” o “a tavolino”), giustifica e rende non
irragionevole il differente trattamento normativo delle stesse, con conseguente
manifesta infondatezza della sollevata questione di costituzionalità con riferimento
agli artt. 3 e 97 Cost..; né una questione di costituzionalità, sempre con riferimento

all’art. 3 della Cost. può porsi per la duplicità di trattamento giuridico tra “tributi
armonizzati” e “tributi non armonizzati”, atteso che, come anche in tal caso
evidenziato dalla su menzionata sentenza n. 24823/2015, l’assimilazione tra i due
trattamenti è preclusa in presenza di un quadro normativa univocamente
interpretabile nel senso dell’inesistenza, in campo tributario, di una clausola
generale di contradditorio procedi/mentale
L’affermata insussistenza, nell’ordinamento tributario nazionale, di una
cluausola generale di contradditorio endoprocedirnentale non viola, inoltre, né
l’art. 24 Cost. né l’art. 111 Cost., atteso che, come espressamente affermato da
questa Corte nella su richiamata sentenza a sez. unite 24823/2015, le garanzie di
cui all’art. 24 “attengono, testualmente, all’ambito giudiziale”, né l’art. 111 Cost., in

Ric. 2014 n. 28153 sez. MT – ud. 17-03-2016
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1.2. Non si apprezzano, inoltre, i dubbi di illegittimità costituzionale della

quanto il giudizio tributario, pur nella sua particolarità, è comunque rispettoso del
principio della c.d. “parità delle armi”, giacché, fermo restando il divieto di
ammissione della prova testimoniale sancito dall’art. 7 d.lgs. 546/1992, il potere di
introdurre in giudizio dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, con il
valore probatorio proprio degli elementi indiziari, compete non solo
all’Amministrazione finanziaria, che tali dichiarazioni abbia raccolto nel corso

contribuente.
In conclusione, la sentenza impugnata, nel ritenere applicabile

And court

la

normativa ad un caso di accertamento conseguente ad invio di questionario e ad
indagini bancarie senza che vi fosse stato accesso presso i locali di attività del
contribuente e senza nulla verificare ed argomentare, con riferimento ai tributi
armonizzati, in ordine alle ragioni che, eventualmente, il contribuente abbia fatto
valere, si è discostata dai superiori principi.
Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza
impugnata ed il rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria
affinché, adeguandosi ai superiori principi, provveda al riesame anche delle
questioni ritenute assorbite ed al regolamento delle spese processuali.

P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia
alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria in diversa composizione anche
per il regolamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 17 marzo 2016.

d’indagine amministrativa, ma, altresì, con il medesimo valore probatorio, al

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