Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10905 del 18/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2011, (ud. 30/03/2011, dep. 18/05/2011), n.10905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato FARAONE VITTORIO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

Avvocati SGROI ANTONINO, LELIO MARITATO, LUIGI CALIULO, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1331/2009 della CORTE D’APPELLO di POTENZA del

17/12/09, depositata il 17/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

udito per il controricorrente l’Avvocato MARITATO LELIO che condivide

la relazione;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ELISABETTA

CESQUI che ha concluso per la manifesta infondatezza.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Potenza, confermando la statuizione di primo 1^ grado, rigettava la domanda proposta da S.N. nei confronti dell’Inps per la declaratoria di illegittimità del verbale di accertamento redatto dagli ispettori Inps il 27.5.2005 in cui si qualificava come attività di natura commerciale la gestione di un’azienda agrituristica, mentre, sosteneva il ricorrente, si trattava di agriturismo, perchè ai sensi della L.R. n. 17 del 2005, era consentito agli imprenditori agricoli e ai loro familiari di svolgere attività di ricezione e ospitalità.

La Corte adita, dopo la indicazione di tutte le numerose fonti che regolano la materia delle aziende di agriturismo, affermava che per rientrare in detta categoria occorre disporre di una azienda agricola e quindi l’esercizio di una attività di coltivazione, di allevamento o silvicoltura. Nella specie era mancato sia il collegamento oggettivo con l’attività agricola, sia in capo al S. il presupposto soggettivo per l’assunzione della veste di imprenditore agricolo e cioè la iscrizione come coltivatore diretto, mentre era irrilevante che il medesimo fosse iscritto presso il registro delle imprese della Camera di commercio come esercente attività agricola e agrituristica. Avverso detta sentenza il S. ricorre con due motivi, l’Inps resiste con controricorso. Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di manifesta infondatezza del ricorso;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili, dal momento che manifestamente infondato è il primo mezzo perchè, se si può concordare che anche nelle cause di accertamento negativo l’onere della prova è a carico dell’Inps, attore in senso sostanziale, la sentenza non ha operato alcuna inversione dell’onere probatorio, ma è entrata nel merito affermando che mancava il requisito della iscrizione del ricorrente come coltivatore diretto per potere considerare l’azienda come agriturismo. Tale mancanza non è stata contestata dal ricorrente e tale motivazione si conforma alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 24430 del 02/10/2008) per cui “il riconoscimento della qualità agrituristica dell’attività di “ricezione ed ospitalità” richiede la contemporanea sussistenza della qualifica di imprenditore agricolo da parte del soggetto che la esercita, dell’esistenza di un “rapporto di connessione e complementarietà” con l’attività propriamente agricola e della permanenza della principalità di quest’ultima rispetto all’altra; con la conseguenza che non potrà essere considerata “agrituristica” un’attività di “ricezione” e di “ospitalità” svolta da un imprenditore che non possa qualificarsi “agricolo” ovvero che non sia o non sia più nel detto rapporto di “connessione e complementarietà” con l’attività agricola o, comunque, che releghi quest’ultima in posizione del tutto secondaria”.

Altrettanto infondato appare il secondo motivo, perchè colà si indica una serie di norme che disciplinano l’attività agrituristica, ma nulla si dice in merito alla fattispecie e ai motivi che giustificherebbero una soluzione diversa da quella di cui alla sentenza impugnata.

Il ricorso va pertanto rigettato e le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro trenta/00 per esborsi ed in Euro duemila/00 per onorari, con accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2011

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