Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10901 del 23/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/04/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 23/04/2021), n.10901

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21625-2019 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO

CAVALLINI 12, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PAOLOZZI, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente-

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato CIACCI PATRIZIA,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MASSA MANUELA,

PULLI CLEMENTINA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 202/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 202 pubblicata il 18.1.2019, in accoglimento dell’appello dell’Inps e in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di A.S., volta al ripristino del trattamento pensionistico quale cieco civile assoluto, sospeso a seguito del superamento dei limiti reddituali;

2. la Corte territoriale, per quanto ora rileva, ha dato atto della mancata costituzione in giudizio della A., quindi della sua contumacia;

3. avverso tale sentenza A.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo; l’INPS ha resistito con controricorso:

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

5. con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 330 e 445 c.p.c.;

6. la parte ricorrente ha premesso di avere conferito procura ad litem agli avvocati P.A. e Pa.Al.; che costoro erano costituiti in primo grado, come riportato anche nella sentenza emessa dal Tribunale; ha dedotto che il ricorso in appello dell’Inps indicava erroneamente quale procuratore della appellata l’avv. P.G. e che il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, non è stato notificato ai difensori nominati dalla A. e costituiti in primo grado;

7. ha sostenuto l’inesistenza della notifica del ricorso in appello e l’impossibilità di qualsiasi sanatoria e la erroneità della dichiarazione di contumacia contenuta nella sentenza d’appello;

8. il ricorso è inammissibile;

9. è principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza di detto atto processuale, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (Cass. 3/11/2011, n. 22726; Cass. 15/07/2015, n. 14784; Cass. 9/04/2013, n. 8569; Cass. 16/3/2012, n. 4220);

10. con riguardo alla denuncia di un vizio afferente una relata di notifica, il principio di autosufficienza del ricorso esige la trascrizione integrale di quest’ultima, che, se omessa, determina l’inammissibilità del motivo (Cass. 21/5/2019, n. 13618; Cass. 30/11/2018, n. 31038; Cass. 28/2/2017, n. 5185);

11. siffatto onere è infatti previsto al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso;

12. nel caso in esame la parte ricorrente non ha trascritto la relazione di notificazione ma si è limitata a riferire dell’errore in cui è incorso l’istituto appellante nella redazione dell’atto d’appello, circostanza questa di per sè insufficiente a desumere che la notificazione sia stata rivolta ad un soggetto diverso;

13. deve aggiungersi che la relazione di notificazione non risulta depositata unitamente al ricorso per cassazione, nè la parte indica con esattezza dove essa sarebbe attualmente allocata, nei fascicoli di parte o d’ufficio delle precedenti fasi del giudizio, sicchè non risulta neppure rispettato l’onere previsto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (Cass. 6/11/2012, n. 19157; Cass. 23/3/2010, n. 6937; Cass. 12/6/2008, n. 15808; Cass. 25/5/2007, n. 12239);

14. le Sezioni Unite di questa Corte, pur avendo chiarito che l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7 di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, mediante la produzione dello stesso, e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione, presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, hanno tuttavia precisato che resta ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, del contenuto degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè dei dati necessari al loro reperimento (Cass., Sez. Un., 3 novembre 2011, n. 22726);

15. il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile;

16. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

17. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nelle adunanze camerali, il 11 febbraio 2021 e il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2021

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