Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10901 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. I, 05/05/2010, (ud. 24/02/2010, dep. 05/05/2010), n.10901

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. NAPPI A niello – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20024-2005 proposto da:

G.R. (c.f. (OMISSIS)), nella qualità di

socio della IL PNEUMATICO s.r.l., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato FERRARA ELIO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MICHELIN ITALIANA S.P.A. (P.I. (OMISSIS)), in persona del

procuratore speciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA V. VENETO 96, presso l’avvocato CITARELLA LUIGI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SCALISI RINO, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

C.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 926/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 23/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2010 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Su ricorso della Kleber italiana s.p.a. (più tardi Michelin Italiana s.p.a.) il Tribunale di Palermo dichiarava il fallimento della s.r.l.”Il Pneumatico” con sentenza 22 dicembre 1994.

Avverso la decisione proponevano opposizione l’ex-amministratore unico, sig. A.R. – revocato in precedenza dallo stesso Tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione, che aveva disposto il sequestro del capitale sociale – e il sig. G. R., socio unico, deducendo l’inesistenza dello stato di insolvenza.

Costituitosi ritualmente, l’amministratore giudiziario della società eccepiva il difetto di legittimazione dell’ A., che dopo la revoca aveva rassegnato le dimissioni irrevocabili dalla carica.

Con sentenza 29 settembre 1999 il Tribunale di Palermo, ritenuta la legittimazione degli attori, rigettava l’opposizione, confermando l’accertamento dello stato di insolvenza.

Il successivo gravame era respinto dalla Corte d’appello di Palermo con sentenza 23 luglio 2004.

La corte territoriale motivava:

– che l’allegazione della violazione del diritto di difesa in sede prefallimentare per l’eccessiva brevità del termine concesso per partecipare all’udienza era domanda nuova, perchè formulata solo in comparsa conclusionale in primo grado, e quindi inammissibile anche in sede di gravame ex art. 345 cod. proc. civ.;

– che, in ogni caso, la domanda era infondata, giacchè l’ A. non aveva titolo per essere sentito in sede di istruttoria prefallimentare, non essendo più il legale rappresentante della società, dopo la sostituzione con l’amministratore giudiziario, che era stato invece ritualmente convocato;

– che non sussisteva, del pari, l’obbligo di convocazione del socio unico illimitatamente responsabile, neppure legittimato a far valere la dedotta violazione del diritto di difesa della società;

– che, nel merito, sussisteva lo stato di insolvenza, non smentito dalla circostanza che la creditrice istante, Kleber s.p.a., avesse ammesso la riduzione del proprio credito a seguito di un pagamento parziale e, alla vigilia dell’udienza, avesse espresso la propria desistenza dal ricorso per fallimento: dal momento che all’udienza di accertamento del passivo erano emersi ingenti debiti della società – tra cui, particolarmente rilevante quello verso l’ufficio IVA, ammesso con riserva – a fronte di un attivo stimato in misura decisamente inferiore, in sede di inventario;

– che era emersa l’incapacità di adempiere le obbligazioni con mezzi ordinari, dimostrata anche dal protesto delle cambiali rilasciate alla fornitrice Kleber s.p.a..

Avverso la sentenza, non notificata, proponeva ricorso per cassazione, articolato in due motivi, il G., deducendo:

1) la violazione degli artt. 5 e 15 L. Fall., per l’erronea dichiarazione di inammissibilità, per novità, dell’eccepita violazione del diritto di difesa a causa del brevissimo tempo intercorso fra l’avviso di convocazione e l’udienza prefallimentare;

2) il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta carenza di legittimazione del socio a far valere la violazione de diritto di difesa in sede prefallimentare, nonchè sull’accertamento dello stato di insolvenza della società, che non teneva conto della contestazione del credito vantato dall’ufficio IVA e della desistenza della creditrice ricorrente a seguito del pagamento parziale ricevuto.

Resisteva con controricorso la Michelin Italiana s.p.a..

All’udienza del 24 Febbraio 2010 il P.G. precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 5 e 15 L. Fall..

Il motivo è infondato.

Anche se si deve correggere la qualificazione di domanda attribuita dai giudici di merito a tale allegazione, che integra in realtà un’eccezione, resta il fatto che questa doveva essere sollevata nel corso della stessa udienza prefallimentare e reiterata poi, tempestivamente, con l’atto di opposizione ex art. 18 L. Fall., testo previgente. Al riguardo, la corte territoriale ha dato atto della presenza del G., per di più assistito da un difensore, all’udienza istruttoria (mentre ha negato rilevanza all’omessa convocazione dell’ex amministratore, ormai privo di poteri di rappresentanza della società fallenda); dando atto che egli non aveva sollevato l’eccezione se non tardivamente, in comparsa conclusionale del successivo giudizio di opposizione al fallimento.

Oltre a ciò, il ricorrente non ha impugnato in questa sede una seconda ratio decidendi implicita, consistente nel diniego di legittimazione del socio, ancorchè unico, a far valere l’eventuale lesione del diritto di difesa sofferto dalla società. Tanto più, che il fallimento di una s.r.l. non comporta l’automatica fallimento in estensione del socio unico in proprio (art. 147, L. Fall. e art. 2497 cod. civ., nel testo all’epoca vigente): in ciò, dovendosi correggere il contrario avviso espresso in motivazione (Cass., sez. 1, 4 Febbraio 2009, n. 2711).

Con il secondo motivo si censura il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta carenza di legittimazione del socio a far valere la violazione del diritto di difesa, in sede prefallimentare, in danno della s.r.l. Il Pneumatico, erroneamente ritenuto ininfluente nei suoi confronti, nonchè sull’accertamento dello stato di insolvenza della società.

Anche tale motivo è infondato.

Sotto il primo profilo, esso è assorbito dalla disamina precedente.

In ordine al vizio di motivazione nell’accertamento dello stato di insolvenza, la doglianza si palesa inammissibile, volta com’è ad un riesame, nel merito, sulla base di una difforme valutazione degli elementi probatori raccolti, che non può trovare ingresso in questa sede. L’impianto argomentativo della sentenza impugnata appare immune da mende logiche, nella parte in cui nega decisività alla desistenza dell’unico creditore ricorrente, nella vigenza dell’art. 6, L. Fall., nel testo anteriforma, che consentiva il fallimento d’ufficio, sulla base di sintomi univoci dell’impossibilità di adempiere le obbligazioni con mezzi ordinari: impossibilità, correttamente desunta, in concreto, sia dal protesto delle cambiali possedute dalla Kleber s.p.a. – che non aveva rinunziato al suo ingente credito in occasione della desistenza dal ricorso, provvedendo, per contro, ad insinuarlo al passivo – sia dall’ulteriore ammissione di crediti di terzi, fra cui particolarmente rilevante quello vantato dall’Ufficio IVA. Il ricorso è dunque infondato e va respinto; con la conseguente condanna del ricorrente alla diffusione delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 Febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

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