Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10900 del 04/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 04/05/2017, (ud. 23/03/2017, dep.04/05/2017),  n. 10900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28603-2015 proposto da:

PAM PANORAMA S.P.A., – P.I. (OMISSIS), C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

GRAZIANI che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente

agli avvocati MARIO SCOPINICH E MAURIZIO OLIVETTI giusta procura

speciale a margine del ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

P.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 59,

presso lo studio dell’avvocato AMOS ANDREONI che la rappresenta e

difende, unitamente all’avv. Dino Bravin, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 101/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 26/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 26.5.2015, la Corte di appello di Venezia rigettava il gravame proposto dalla spa PAM Panorama avverso la decisione di primo grado che, respinte le domande per differenze retributive, non riproposte in sede di gravame, aveva accolto la domanda di P.C. intesa all’accertamento dell’illegittimità del contratto di lavoro somministrato stipulato il 27.8.2009 con la società fornitrice (Adecco e poi Metis) ai sensi della normativa di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, al quale erano seguiti altri 16 contratti sino al 23.1.2010, tutti ritenuti illegittimi, rilevando che doveva ritenersi ineludibile l’esigenza di indicare nella fase genetica del rapporto in modo circostanziato e specifico le ragioni che in concreto giustificassero l’assunzione somministrata a termine, con immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto e che, in ogni caso, anche ad accedere all’assunto di una possibile specificazione e prova in sede giudiziaria, nella fattispecie esaminata la genericità riscontrata con riferimento alle dedotte esigenze sostitutive di personale in ferie non poteva ritenersi essere stata superata dalle prove documentali, uniche valorizzabili perchè le prove testimoniali richieste non erano state reiterate in sede di gravame, in quanto i cartellini di presenza attestavano solo il numero di cassieri presenti od assenti nel periodo da agosto a gennaio e le molteplici cause della loro assenza, ma non correlavano in alcun modo l’assenza per ferie al lavoro dell’appellata per 16 contratti di brevissima durata stipulati per assenza per ferie;

che di tale sentenza chiede la cassazione la s.p.a. PAM Panorama, affidando l’impugnazione ad unico motivo, cui ha opposto difese, con controricorso, la P.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2. che viene denunziato omesso esame circa un fatto decisivo per la controversia, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale della motivazione resa dalla Corte di appello sulla documentazione probatoria attestante le ragioni apposte al contratto a tempo determinato – l’organizzazione complessa della realtà produttiva ai fini della indicazione o meno del nominativo del lavoratore sostituito in ipotesi di contratto a tempo determinato per ragioni sostitutive – i fogli presenza e la documentazione contabile;

3. che ritiene il Collegio che il ricorso sia da qualificare come inammissibile alla luce della recente pronunzia di questa Corte in relazione alla portata applicativa dell’art. 360 bis c.p.c. (Cass. s. u. 7155/2017);

3.1. che l’astratta legittimità della causale indicata nel contratto di somministrazione non basta a rendere legittima l’apposizione di un termine al rapporto, dovendo anche sussistere, in concreto, una rispondenza tra la causale enunciata e la concreta assegnazione del lavoratore a mansioni ad essa confacenti (cfr. Cass. 9.9.13 n. 20598), rispondenza che – giova ribadire – la Corte territoriale ha ritenuto non provata;

che la società ricorrente sostiene che tale rispondenza sarebbe, invece, emersa delle risultanze documentali in base alle quali doveva considerarsi provatala sussistenza delle ragioni sostitutive dedotte e che i dati in oggetto non risultano essere mai stati contestati;

che la doglianza muove da un’errata ricostruzione del principio di non contestazione che governa il rito speciale e ora, dopo la novella dell’art. 115 c.p.c. ad opera della L. n. 69 del 2009, art. 45, anche quello ordinario, avendo, invero, fin dal proprio ricorso introduttivo di lite P.C. già negato che nel proprio caso vi fossero in concreto ragioni che avrebbero giustificato il ricorso alla somministrazione di lavoro, di guisa che non doveva formulare altra specifica contestazione a fronte delle contrarie allegazioni della società convenuta;

che, in altre parole, la contestazione da parte del convenuto dei fatti già affermati o già negati dall’attore nell’atto introduttivo del giudizio non ribalta sull’attore medesimo l’onere di “contestare la altrui contestazione”, dal momento che egli ha già esposto la propria posizione a riguardo (cfr. Cass. 18046/2014);

che, inoltre – contrariamente a quanto sembra supporre il ricorso in esame – l’onere di contestazione concerne solo le allegazioni in punto di fatto dell’avversario e non i documenti da lui prodotti (che è cosa processualmente diversa), rispetto ai quali esiste solo l’onere di eventuale disconoscimento nei casi e nei sensi di cui all’art. 214 c.p.c. o quello di proporre – se del caso – querela di falso ex art. 221 c.p.c., mentre la loro significatività o valenza probatoria può essere oggetto di discussione fra le parti in ogni momento, così come può essere autonomamente valutata dal giudice;

che la censura, nei sensi in cui è formulata, non è poi riconducibile a nessuna di quelle consentite dal vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nel testo novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, atteso che la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (applicabile, ai sensi del cit. art. 54, comma 3, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, cioè alle sentenze pubblicate dal 12.9.12 e, quindi, anche alla sentenza della cui impugnazione si discute) rende denunciabile per cassazione il vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

che, secondo la recente sentenza 7.4.14 n. 8053 delle S.U. di questa S.C., tale modifica legislativa non consente di denunciare un vizio di motivazione se non quando esso si converta, in realtà, in una vera e propria violazione di legge, vale a dire dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, il che si verifica soltanto in caso di mancanza grafica della motivazione, o di motivazione del tutto apparente, oppure di motivazione perplessa od oggettivamente incomprensibile, oppure di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè, esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima in raffronto con le risultanze probatorie (e non è questo il caso in oggetto);

che l’attuale versione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 integra un nuovo e diverso motivo di ricorso per cassazione concernente l’omesso esame d’un fatto storico – principale o secondario – la cui esistenza risulti o dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (vale a dire che avrebbe determinato un esito diverso della controversia se fosse stato esaminato) e che l’omesso esame deve riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica (e quindi non un punto o un profilo giuridico), un fatto principale o primario (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario(cioè un fatto dedotto in funzione probatoria;

che, nella vicenda processuale in oggetto è innegabile che il fatto allegato come ragione giustificativa del ricorso alla somministrazione di lavoro in relazione all’assunzione della P. è stato specificamente esaminato dalla Corte territoriale, le cui conclusioni restano insindacabili in sede di legittimità;

che ogni altro profilo non risulta adeguatamente censurato non rinvenendosi nella decisione impugnata alcuna affermazione che consenta di ritenere che la Corte del merito abbia posto alla base della ritenuta declaratoria di illegittimità della somministrazione la mancata individuazione nominativa del dipendente di volta in colta sostituito, essendosi la pronunzia basate su altri presupposti.

4. che, nella specie, il decisum della Corte territoriale è coerente con i principi giurisprudenziali richiamati e che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile con ordinanza, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.;

5. che le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione ai difensori dichiaratisi antistatari;

6. che sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generai in misura del 15%, con attribuzione agli avv.ti Dino Bravin e Amos Andreoni.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R..

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2017

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