Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1090 del 20/01/2020

Cassazione civile sez. I, 20/01/2020, (ud. 13/09/2019, dep. 20/01/2020), n.1090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21705/2014 proposto da:

F.M., e F.A., elettivamente domiciliati in

Roma, Via Oslavia n. 6, presso lo studio dell’avvocato Morani

Giovanni Maria, rappresentati e difesi dall’avvocato Maggioni

Giuliano, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

RFI – Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., quale società incorporante

Tav S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via di Porta Pinciana n. 6,

presso lo studio dell’avvocato D’amelio Piero, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Sciacca Giovanni Crisostomo, giusta

procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Fiat S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Viale Carso n. 77, presso lo

studio dell’avvocato Pontecorvo Edoardo, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Cericola Daniele, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Consorzio Alta Velocità Torino Milano – CA.V.TO.MI., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

Roma, Via degli Scipioni n. 288, presso lo studio dell’avvocato

Giuffrè Giuseppe, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Strano Luigi, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

Comune di Pero, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Flaminia n. 354, presso lo studio

dell’avvocato De Portu Claudio, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Cerami Carlo, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

RFI – Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., quale società incorporante

Tav S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via di Porta Pinciana n. 6,

presso lo studio dell’avvocato D’amelio Piero, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Sciacca Giovanni Crisostomo, giusta

procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale del Comune di Pero –

contro

Fiat S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Viale Carso n. 77, presso lo

studio dell’avvocato Pontecorvo Edoardo, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Cericola Daniele, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale di RFI –

contro

Comune di Pero, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Flaminia n. 354, presso lo studio

dell’avvocato De Portu Claudio, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Cerami Carlo, giusta procura a margine del

controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale di RFI –

contro

F.M., e F.A., elettivamente domiciliati in

Roma, Via Oslavia n. 6, presso lo studio dell’avvocato Morani

Giovanni Maria, rappresentati e difesi dall’avvocato Maggioni

Giuliano, giusta procura in calce al controricorso al ricorso

incidentale;

– controricorrenti al ricorso incidentale del Comune di Pero –

avverso la sentenza n. 370/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/09/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS UMBERTO, che ha concluso

per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 370/2014 depositata il 29-1-2014 la Corte d’appello di Milano, in parziale accoglimento dell’opposizione alla stima proposta da F.M. e da F.A., determinava l’indennità di espropriazione dovuta per i terreni in oggetto in un ammontare complessivo di Euro 320.250,00 (Euro 25 X 12810 al mq.), oltre interessi legali dalla domanda al saldo, e ordinava ai convenuti Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (di seguito per brevità RFI), T.A.V. s.p.a. (di seguito per brevità TAV), Consorzio Alta Velocità Torino-Milano (di seguito per brevità CAV) e Comune di Pero di provvedere alle necessarie integrazioni del deposito già effettuato presso la Cassa Depositi e Prestiti. La Corte territoriale accertava la carenza di legittimazione passiva di F.I.A.T. s.p.a. (di seguito per brevità FIAT), chiamata in causa da TAV, e dichiarava inammissibili le domande proposte da TAV nei confronti di FIAT. Segnatamente, circa la questione della legittimazione passiva dei soggetti convenuti, la Corte d’appello rilevava che, in base alle risultanze documentali richiamate nella sentenza impugnata e in particolare a quelle del decreto di espropriazione, RFI era l’autorità espropriante, TAV il soggetto promotore dell’espropriazione anche a mezzo del soggetto delegato CAV e il Comune di Pero era indicato come il soggetto beneficiano dell’espropriazione. Richiamava, al riguardo, il disposto del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, comma 3 secondo cui l’opposizione alla stima, se opponente è il proprietario dei beni espropriati, si propone con atto di citazione notificato all’autorità espropriante, al promotore dell’espropriazione e, se del caso, al beneficiario dell’espropriazione, evidenziando che detti soggetti erano, ex lege, legittimati passivi del giudizio. Riteneva la Corte territoriale nel caso in esame utilmente radicato ed esteso il contraddittorio, alla stregua delle risultanze dello stesso decreto di espropriazione, ai soggetti sopra indicati, ad esclusione di FIAT, chiamata in causa da TAV, la cui esatta posizione, nell’ambito dei rapporti come risultano desumibili dal decreto di esproprio e dagli atti della procedura, non rivestiva alcuna specifica e percepibile rilevanza esterna. La Corte d’appello, condivise, anche se non integralmente, le conclusioni di cui alla C.T.U. espletata, riteneva che l’indennità dovesse in concreto determinarsi, per i terreni in oggetto classificati urbanisticamente come non edificabili, nel valore di Euro 25,00 al mq., in quanto meglio rappresentativo del valore medio di mercato, tra quelli presi in esame per terreni limitrofi di caratteristiche analoghe, e rigettava la domanda degli attori avente ad oggetto la determinazione della indennità di occupazione, poichè risultava incerto il periodo necessario ai fini del relativo calcolo. La Corte territoriale dichiarava inammissibile la domanda di manleva proposta da TAV nei confronti di FIAT in quanto l’ambito di cognizione proprio del giudizio di opposizione alla stima demandato alla Corte d’appello atteneva esclusivamente alla determinazione dell’indennità e, nel suddetto contesto processuale, non potevano essere dedotti, senza la garanzia del doppio grado di giudizio, eventuali concorrenti responsabilità e/o connessi pretesi rapporti di garanzia fra i distinti soggetti interessati in ragione di apposite convenzioni tra i medesimi intercorse.

2. Avverso questa sentenza, F.M. e F.A. propongono ricorso, affidato a cinque motivi, a cui resistono con controricorso CAV e FIAT, nonchè, proponendo ricorso incidentale, RFI, anche quale società incorporante TAV, e il Comune di Pero. F.M. e F.A. hanno depositato controricorso al ricorso incidentale proposto dal Comune di Pero, e quest’ultima parte ha depositato controricorso al ricorso incidentale proposto da RFI.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

4. La Procura Generale ha presentato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento per quanto di ragione del primo motivo di ricorso principale.

5. Le parti RFI, M. e F.A. e il Comune di Pero hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo i ricorrenti principali lamentano la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2011, artt. 37 e 40 e censurano la sentenza impugnata assumendo che sia erroneo fare esclusivo riferimento al certificato di destinazione urbanistica al fine di individuare la natura dei terreni oggetto di espropriazione. Ad avviso dei ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe dovuto rapportare l’indennità di esproprio al valore volumetrico medio della zona, accertandone le potenzialità edificatorie alla luce del vantaggio arrecato dalla realizzazione dell’opera pubblica alle altre aree edificate limitrofe, facendo applicazione dei principi affermati da questa Corte con le sentenze n. 18068/2004 e n. 17069/2012.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti principali denunciano “Violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. Motivazione apparente”, lamentando che erroneamente la Corte territoriale si sia discostata dalle conclusioni di cui alla C.T.U. in merito al valore agricolo da riconoscersi ai terreni ablati, stimato in Euro 30,00/mq dal C.T.U. e rideterminato in 25,00/mq dalla Corte Ambrosiana.

3. Con il terzo motivo lamentano “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40” assumendo che la Corte territoriale abbia erroneamente interpretato il citato art. 40. Sostengono che la Corte di Appello abbia applicato il criterio del valore agricolo medio di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40, comma 3 dichiarato incostituzionale, e che non sia stata valutata, nella determinazione dell’indennità di esproprio, l’incidenza dovuta dall’evento eccezionale dell’EXPO 2015, idoneo, ad avviso dei ricorrenti principali, ad incrementare notevolmente il valore dei terreni ablati.

4. Con il quarto motivo lamentano omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, ossia circa l’impegno assunto dalla Provincia di Milano nel 2008 di corrispondere ai Sigg.ri F. 150 Euro/mq in caso di futuri espropri.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti principali si dolgono del mancato riconoscimento dell’indennità di occupazione, lamentando la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (D.P.R. n. 327 del 2001, art. 22 bis e 24). Rilevano di aver proposto domanda di determinazione dell’indennità di occupazione ed il rigetto di detta pretesa li ha privati “dell’indennità relativa a ben 39 mesi di occupazione” (ricorso per cassazione, pag. 28). Alla data del verbale di immissione in possesso (28-3-2007 – doc.n. 8 del fascicolo di parte) deve presumersi che il beneficiario del provvedimento di occupazione si sia impossessato dell’immobile, salvo prova contraria, come da orientamento di questa Corte (Cass. n. 17192/2012). Poichè la Corte territoriale ha affermato di non aver rinvenuto prove necessarie ad affermare un diverso decorso dell’occupazione, il Collegio avrebbe dovuto applicare la presunzione di legge di cui si è appena detto, risultando dal verbale prodotto sub doc. n. 8 che l’immissione in possesso era avvenuta in data 28-3-2007.

6. Procedendo prioritariamente all’esame dei motivi del ricorso principale, in via preliminare deve essere disattesa l’eccezione di tardività del ricorso principale sollevata da RFI, la quale ha allegato di aver ricevuto la notifica del ricorso in data 5-9-2014, dopo il decorso del termine semestrale per proporre impugnazione.

La sentenza impugnata è stata pubblicata il 29 gennaio 2014 e il ricorso è stato consegnato all’ufficiale giudiziario per le notifiche a tutte le parti del precedente giudizio in data 28-7-2014, ossia entro il termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c. (sulla rilevanza della sola consegna all’ufficiale giudiziario per il perfezionamento della notificazione nei confronti del notificante tra le tante Cass. n. 22840/2006, a seguito delle decisioni della Corte costituzionale n. 477 del 2002, nn. 28 e 97 del 2004 e 154 del 2005). La prima notifica diretta a RFI non è andata a buon fine per mutamento dell’indirizzo del domiciliatario di detta parte e la seconda notifica si è ritualmente perfezionata in data 5-9-2014, mentre le notifiche alle altre controricorrenti sono andate a buon fine in data 28/29-7-2014.

Poichè tra i ricorrenti espropriati, l’ente espropriante, che è pacificamente RFI, il soggetto beneficiario dell’espropriazione e gli enti incaricati dell’espletamento della procedura esecutiva con atti di rilevanza esterna sussiste litisconsorzio necessario, a mente del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54 nel testo applicabile ratione temporis come di seguito più diffusamente si dirà (p.16), non ha pregio l’eccezione di tardività di cui trattasi, stante la rituale e tempestiva proposizione dell’impugnazione da parte dei ricorrenti principali nei confronti degli altri litisconsorti necessari, sicchè la rinnovazione della notifica del ricorso principale a RFI nei termini precisati vale quale atto di integrazione del contraddittorio ai sensi e per gli effetti dell’art. 331 c.p.c. (Cass. n. 2981/2002 e n. 26902/2014).

7. Il primo motivo di ricorso principale è infondato.

7.1. Secondo il costante orientamento di questa Corte “In tema di determinazione dell’indennità di esproprio, il D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 359 del 1992 (ora recepito nel D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37), ha prescelto, quale unico criterio per individuare la destinazione urbanistica del terreno espropriato, quello dell’edificabilità legale, sicchè un’area va ritenuta edificabile solo ove risulti classificata come tale dagli strumenti urbanistici vigenti al momento della vicenda ablativa” (tra le tante Cass. n. 13172/2016; Cass. n. 16084/2018 e da ultimo Cass. n. 3168/2019). E’ stato reiteratamente affermato da questa Corte, esprimendo un orientamento a cui il Collegio intende dare continuità, che: a) la distinzione tra suoli edificabili e non edificabili non è venuta meno, essendo imposta dalla disciplina urbanistica in funzione della razionale programmazione del territorio – anche ai fini della conservazione di spazi a beneficio della collettività e della realizzazione di servizi pubblici – e che le regole di mercato non possono travalicare; b) l’inclusione dei suoli nell’uno o nell’altro ambito va effettuata in ragione di un unico criterio discretivo, ossia quello dell’edificabilità legale, posto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5-bis, comma 3, tuttora vigente, e recepito nel T.U. espropriazioni di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37; c) le possibilità legali di edificazione vanno escluse tutte le volte in cui per lo strumento urbanistico vigente all’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale, la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.) in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, da intendersi, secondo la giurisprudenza di questa Corte, come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà, ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area, soggetta al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione (Cass. n. 16084/2018; Cass. n. 14840/2013; Cass. n. 2605/2010).

7.2. Nel caso di specie è incontroverso che la classificazione urbanistica dei beni ablati fosse quella di area coltivata non edificabile prima dell’apposizione del vincolo espropriativo. Non può rilevare l’edificabilità di fatto, in presenza di puntuale classificazione urbanistica, nè è allegata dai ricorrenti la possibilità di utilizzazioni intermedie. Non possono ritenersi pertinenti i richiami effettuati dai ricorrenti principali e anche dalla Procura Generale ai principi affermati con le pronunce di questa Corte n. 18068/2004, n. 17069/2012 e n. 10502/2019, in quanto la prima sentenza riguarda una fattispecie in cui la zona era classificata urbanisticamente come edificabile, e le altre pronunce si riferiscono ad aree prive di pianificazione urbanistica.

8. Anche i motivi secondo, terzo e quarto, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione in quanto tutti attinenti al valore attribuito ai beni ablati, sono infondati.

8.1. La Corte d’appello ha ravvisato congruo un valore di mercato medio tra quelli a campione messi in comparazione. In particolare la Corte territoriale ha dato conto del fatto che, in base alla C.T.U. espletata, i prezzi dei terreni agricoli per le aree nelle immediate vicinanze di quelli ablati avevano un valore di partenza di Euro 7-8 al mq., riferibile, quest’ultimo, a terreni disagiati e difficilmente raggiungibili, nonchè raggiungevano valori medi di Euro 20/21 al mq. fino ad arrivare al massimo di 30 Euro/mq.. I Giudici di merito hanno ritenuto di determinare l’indennità in concreto “nel valore di Euro 25,00/mq che appare meglio rappresentativo del valore medio di mercato, tra quelli presi in esame per terreni limitrofi di caratteristiche analoghe”.

La Corte d’appello, quindi, ha proceduto all’individuazione di immobili con caratteristiche affini, ravvisando la rappresentatività dei dati utilizzati per esigenze di omogeneità e così correttamente applicando il metodo sintetico-comparativo, che si risolve nell’attribuire al bene da stimare il prezzo di mercato di immobili omogenei, con riferimento tanto agli elementi materiali, quali la natura, la posizione, la consistenza morfologica e simili, quanto alla condizione giuridica.

La scelta del valore in concreto attribuito ai fondi ablati, in base al criterio suesposto, è un apprezzamento di fatto che è incensurabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivata, come nella specie, secondo i criteri espressi dalle Sezioni Unite questa Corte (sentenza n. 8053/2014). Il vizio motivazionale denunciato con il secondo motivo è, dunque, insussistente.

8.2. Neppure ricorre il vizio, denunciato con il terzo motivo, di errata interpretazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40, comma 3, atteso che la Corte territoriale non ha affatto applicato i V.A.M. e il comma 3 dichiarato incostituzionale, ma, come si è detto, ha determinato il valore di mercato facendo una media tra i valori di mercato dei terreni limitrofi con caratteristiche analoghe. Con riferimento all’incidenza dell’evento dell’EXPO 2015, la Corte d’appello ne ha escluso la rilevanza sulla determinazione del valore dei beni, rilevando che si trattava di “quotazioni e valori determinati dalla realizzazione di un evento eccezionale, che non si prestano ad essere utilizzati” (sentenza pag. 10). Anche in relazione a detto ultimo profilo va ribadito che, con apprezzamento di fatto incensurabile perchè adeguatamente motivato secondo i canoni di cui alla citata sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, i Giudici di merito hanno ritenuto i dati relativi all’evento EXPO 2015 non rispondenti alle esigenze di rappresentatività di quelli da utilizzare in applicazione del metodo sintetico-comparativo.

8.3. Neppure ricorre il vizio, denunciato con il quarto motivo, di omesso esame del fatto, assunto come decisivo dai ricorrenti principali, relativo all’impegno assunto nel 2008 dalla Provincia di Milano nei confronti di questi ultimi circa il valore da attribuire ai fondi in caso di futuri espropri. Il suddetto fatto è stato, infatti, esaminato dalla Corte d’appello, che ha affermato: “la somma corrisposta dalla Provincia di Milano non può in alcun modo essere ricondotta esclusivamente al trasferimento del terreno in questione e, pertanto, tale valore non può essere preso come punto di riferimento per la determinazione dei valori medi della zona”. La Corte territoriale, richiamando le argomentazioni svolte dal C.T.U. in replica alle osservazioni degli attori ed affermando che le stesse trovavano riscontro nel contenuto dell’atto di transazione, ha ritenuto, con motivazione adeguata secondo i canoni più volte richiamati, che quell’impegno non fosse attinente alla determinazione dell’indennità d’esproprio oggetto del giudizio, data la finalità di quest’ultimo diretta a pervenire alla determinazione della “giusta indennità”, basata su oggettivi criteri di determinazione validi erga omnes, dovendo, invece, escludersi tutti i diversi criteri che potrebbero indurre ad una valutazione personalistica, sulla base di atti negoziali spieganti efficacia unitamente inter partes.

9. Il quinto motivo è inammissibile.

9.1. La Corte territoriale, nel negare la debenza dell’indennità di occupazione, ha rimarcato che: a) gli stessi attori avevano affermato di non aver consentito all’ente espropriante di prendere possesso degli immobili il 28-3-2007 (ossia nella data del verbale di consistenza ed immissione in possesso; pag. n. 10 sentenza); b) malgrado le reiterate contestazioni svolte sul punto dalle controparti, non erano stati forniti dagli attori elementi chiarificatori univoci circa l’esatto periodo di occupazione; c) non poteva, di conseguenza, pervenirsi alla determinazione dell’indennità di occupazione, per essere incerto il periodo necessario al relativo calcolo.

I ricorrenti principali non censurano il suddetto percorso motivazionale, in base al quale i Giudici di merito sono pervenuti al convincimento, fondato sulle affermazioni degli stessi espropriati, che fosse incerto il periodo di occupazione, non potendo operare, in presenza di prova contraria dimostrata dalla stessa condotta degli attori, la presunzione derivante dal verbale di consistenza ed immissione in possesso.

A fronte di tale motivazione, chiaramente esplicitata nella sentenza impugnata, non colgono la ratio decidendi le censure dei ricorrenti principali, i quali si limitano ad evidenziare la presunzione di spossamento derivante dal verbale del 28-32007, senza nulla dedurre sul percorso argomentativo di cui si è detto.

10. Con il primo motivo di ricorso incidentale RFI lamenta, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “Violazione o falsa applicazione degli accordi contrattuali tra RFI (già TAV), FIAT e CAV.TO.MI. – in particolare, violazione e falsa applicazione della Delib. 7 agosto 1991, AS/971 (doc. 1); della Convenzione del 24.9.1991 (doc. 2, artt. 3, 15 e 19); dell’Atto Integrativo alla Convenzione (doc. 4) – nonchè violazione e falsa applicazione del TU n. 327 del 2001, art. 54, comma 3”.

Assume la controricorrente che la Corte di Appello di Milano abbia erroneamente disatteso l’eccezione di difetto della sua legittimazione passiva, senza considerare che le previsioni contrattuali individuano in FIAT (generai contractor) o, a tutto voler concedere, in FIAT e in CAV gli unici soggetti tenuti a corrispondere l’indennità agli espropriati. Con la Delib. 7 agosto 1991, AS/971 (doc. 1) e successiva convenzione del 24.9.1991 (doc. 2) l’Ente Ferrovie dello Stato, ora RFI, subentrata nella titolarità dei diritti e delle obbligazioni previsti in capo all’ente F.S., aveva affidato a TAV, società appositamente costituita, la concessione per la progettazione e la costruzione del (OMISSIS), autorizzando la stessa TAV ad affidarne, a sua volta, la progettazione esecutiva e la costruzione a General Contractor, intesi come soggetti che assumono “in proprio la piena e assoluta responsabilità della completa realizzazione delle opere affidategli, sia curandone direttamente la fase esecutiva, sia affidandola in tutto o in parte a terzi”, ed in grado di fornire le necessarie garanzie tecniche, economiche e manageriali per l’esecuzione delle opere da realizzarsi (sub lett. E delle Premesse alla convenzione FS-TAV, sub doc. 1). Sottolinea che tanto nella concessione, quanto nella convenzione venivano individuati anche i generai contractor, tra cui, per quanto rileva nel caso di specie, FIAT, che ha assunto la funzione di stazione appaltante, responsabile nei confronti del concessionario. Secondo la controricorrente, in virtù del rapporto concessorio tra RFI (già F.S.) e TAV e della disciplina convenzionale citata dei rapporti instaurati da TAV con FIAT, non sussiste la legittimazione passiva di RFI, mera concedente, e di TAV, concessionaria dell’opera ferroviaria, che avrebbero dovuto essere estromesse dal giudizio indennitario. Delle pretese indennitarie articolate dai Ferrarlo, ad avviso di RFI, sono tenuti a rispondere in via esclusiva il General Contractor, Fiat, e/o comunque l’impresa terza, da quest’ultimo individuata, per l’esecuzione dei lavori, ossia CAV. Sottolinea RFI di aver affidato in concessione a TAV anche l’esecuzione, a suo onere e spese, delle procedure espropriative, ivi compresa la corresponsione delle indennità ed il relativo contenzioso (cfr. art. 15 della Convenzione); TAV, dietro riconoscimento di apposito corrispettivo, ha riversato integralmente detti oneri sui propri General Contractor (tra cui FIAT, quale generai contractor di TAV per la tratta (OMISSIS)), i quali, a loro volta, li hanno ulteriormente “riversati”, sempre dietro corrispettivo, sui propri appaltatori (nel caso di Fiat, su CAV, quale esecutore dei lavori della tratta medesima). Ad avviso di RFI, quindi, delle indennità di esproprio e del contenzioso per RFI risponde TAV, ora fusa per incorporazione in RFI, per TAV risponde FIAT e per quest’ultima risponde CAV, in applicazione di espresse previsioni contrattuali (definite simmetriche e/o “passanti”) accettate da tutte le parti, dai momento che per detti oneri ciascuno dei suddetti soggetti -dal concessionario all’esecutore – ha richiesto e concordato apposito prezzo (ab origine erogato da RFI/FS). RFI richiama altresì quanto previsto nella convenzione del 15.10.1991, con cui TAV ha affidato alla FIAT, nella qualità di generai contractor, la progettazione esecutiva e la realizzazione della tratta (OMISSIS) della linea (OMISSIS), con le relative infrastrutture ed interconnessioni; in particolare sottolinea che con riferimento alle obbligazioni di FIAT, l’art. 19.1 della Convenzione, rubricato “Espropriazioni e Controversie” (corrispondente all’art. 15 della Convenzione (OMISSIS)), prevede che: “FIAT dovrà eseguire, in nome e per conto di TAV ma a propria cura, responsabilità e spese, le occupazioni, le espropriazioni, gli atti di asservimento, l’acquisizione dei beni immobili e dei diritti reali di proprietà pubblica o privata, che eventualmente occorrano per la realizzazione delle opere… e che, al punto 19.4, “le vertenze comunque connesse alle procedure di cui ai punti 19.1. e 19.2 (ossia espropriative), ivi comprese quelle relative alla legittimità degli indennizzi, alla mancata osservanza di norme di legge, alle occupazioni illegittime o ai danni diretti e indiretti che fossero conseguenti o connessi alle espropriazioni o occupazioni medesime, restano a tutti gli effetti a carico di FIAT, che è la sola legittimata a costituirsi e resistere in giudizio, così come restano a suo carico le relative spese e responsabilità…”. Mediante l’Atto Integrativo alla Convenzione, sottoscritto inter partes in data 14.2.2002, venivano ulteriormente confermate e precisate le suddette pattuizioni. Ad avviso di RFI, in conclusione, la maggiore indennità riconosciuta ai F. avrebbe dovuto essere pagata o da FIAT e CAV, in base agli accordi contrattuali, o dal Comune di Pero, in quanto beneficiario dell’esproprio. Assume che, poichè l’espropriazione delle aree oggetto di causa da parte del CAV, per conto di RFI, è avvenuta nell’esclusivo interesse del Comune di Pero, in base a quanto risulta dal decreto di esproprio 13.5.2010, del maggior valore venale di tali aree non può rispondere il soggetto espropriante, bensì il solo beneficiario dell’espropriazione, che nel caso di specie è, per l’appunto, l’amministrazione comunale.

Nel controricorso nulla deduce RFI ad illustrazione della domanda di manleva, salvo menzionarla tra le parti della sentenza impugnata di cui chiede la cassazione (pag.20 controricorso). La suddetta domanda di manleva era stata proposta da TAV nei confronti di FIAT ed era stata dichiarata inammissibile dalla Corte territoriale.

11. Il primo motivo di ricorso incidentale di RFI è infondato.

La Corte d’appello ha affermato che, in base al decreto di espropriazione, al quale esclusivamente deve farsi riferimento (Cass. n. 10503/2016), RFI è concessionario delegato ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 6, comma 8, e TAV, ora incorporata in RFI, è concessionaria di quest’ultima. Quindi, ai sensi dell’art. 54 TUE, la Corte territoriale ha accertato la legittimazione passiva e il litisconsorzio necessario tra RFI s.p.a., autorità espropriante, TAV soggetto promotore dell’espropriazione anche a mezzo del soggetto delegato CAV, e il Comune di Pero, beneficiario dell’espropriazione.

Il fatto che, con accordi contrattuali, TAV, ora incorporata da RFI, abbia riversato su FIAT la responsabilità per il pagamento di indennità di esproprio non può avere rilevanza verso gli espropriati, perchè non viene allegato il titolo della rilevanza esterna degli accordi contrattuali, come ha sottolineato la Corte territoriale, mentre la responsabilità diretta era stata convenuta nei confronti del concessionario TAV (cfr. pag.n. 23 controricorso RFI).

L’accollo degli obblighi indennitari può essere utilmente invocato purchè non sia rimasto fatto interno tra espropriante ed affidatario, e quest’ultimo, nell’attività che lo abbia portato in contatto con il soggetto passivo dell’esproprio, si sia correttamente manifestato come titolare delle relative obbligazioni, oltre che investito dell’esercizio del potere espropriativo (Cass. n. 6807/2007; 25544/2006; 464/2006; 821/2004); nei confronti del proprietario la responsabilità dell’affidatario può al più aggiungersi a quella del concedente quale che sia il contenuto della delega conferita a quest’ultimo, nonchè delle pattuizioni tra detti soggetti intercorse (Cass. sez. un. 6769/2009; Cass. n. 10503/2016). Peraltro nel testo delle convenzioni riportate nel ricorso incidentale di RFI è previsto che FIAT agisca in nome di TAV, non in nome proprio (convenzione citata a pag.25 del controricorso RFI), e la responsabilità diretta nei confronti dei terzi è pattuita con riferimento ai danni contrattuali ed extra-contrattuali.

In ordine alla domanda di manleva, dichiarata inammissibile dalla Corte d’appello, RFI non svolge specifiche argomentazioni, pur chiedendo, nelle conclusioni, la cassazione della sentenza impugnata anche nella parte relativa alla suddetta statuizione. In ogni caso la statuizione di cui trattasi è immune da censure, come da costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante Cass. n. 7906/2012), in quanto il giudizio di opposizione alla stima ha per oggetto esclusivamente la determinazione del quantum dell’indennità dovuta all’espropriato per effetto dell’ablazione dell’immobile e non è estensibile a rapporti diversi, ancorchè asseritamente connessi, rispetto a quello, fra espropriato ed espropriante, inerente al credito indennitario.

12. Con il secondo motivo di ricorso incidentale RFI lamenta, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40, comma 1, della L. n. 865 del 1971 e dell’art. 111 Cost., per avere la Corte di appello individuato un valore eccessivo dell’indennità di esproprio da riconoscere ai F.. Ad avviso di RFI erroneamente la Corte territoriale ha tenuto conto non solo delle colture effettivamente praticate e dei manufatti, ma anche di criteri ulteriori, basandosi sulle indagini di mercato del CTU, volte ad individuare un valore di mercato che assume essere eccessivo rispetto al valore venale del bene. Inoltre, nonostante il C.T.U. avesse individuato una “forbice” di valori oscillante tra Euro 8/9 a 30 al mq., il Giudice dell’opposizione alla stima ha ritenuto di attribuire al terreno dei F. un valore agricolo di Euro 25 al mq.. Secondo la ricorrente incidentale, detta valutazione, riferita ai valori di mercato, è in contrasto con il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40, comma 1, come interpretato dalla Corte costituzionale con la pronuncia n. 181/2011.

13. Anche detto motivo è infondato.

13.1. Il secondo motivo di ricorso incidentale di RFI è speculare ai motivi secondo e terzo del ricorso principale, sicchè deve ribadirsi che la Corte d’appello ha proceduto all’individuazione di immobili con caratteristiche affini, ravvisando la rappresentatività dei dati utilizzati per esigenze di omogeneità e così correttamente applicando il metodo sintetico-comparativo. La scelta del valore in concreto attribuito ai fondi ablati, in base al criterio suesposto, è un apprezzamento di fatto che è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, come nella specie, secondo i criteri espressi dalle Sezioni Unite questa Corte (sentenza n. 8053/2014). Non ricorre, pertanto, il vizio di violazione o falsa applicazione di legge denunciato.

14. Con il primo motivo di ricorso incidentale il Comune di Pero lamenta “Illegittimità della sentenza n. 370/2014, quanto al primo capo del dispositivo della stessa, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, e 5, per violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, per assenza del requisito essenziale della sentenza di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonchè per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Carenza assoluta di motivazione e/o comunque assoluta illogicità della stessa”. Sostiene il Comune di non aver avuto alcun ruolo nella procedura espropriativa, atteso che l’incaricato della procedura, come risulta dal decreto di esproprio n. 11/2010, era TAV. Ad avviso del suddetto controricorrente il TU n. 327 del 2001, art. 54, comma 3, nel prevedere che la notifica dell’opposizione anche al beneficiario può essere fatta “se del caso”, sta a significare che la semplice qualifica di beneficiario dell’espropriazione non è sufficiente per il coinvolgimento dello stesso nel giudizio di opposizione e che, quindi, se si vuole coinvolgere il beneficiario in giudizio, è necessario che sia data dalla parte opponente e dal giudicante adeguata motivazione. Richiama il Comune la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 12541/2012) secondo la quale deve escludersi la legittimazione del beneficiario qualora, come assume sia avvenuto nella specie, dal decreto di esproprio emerga che ad altro ente in virtù di legge o di atti amministrativi, e mediante figure sostitutive a rilevanza esterna, sia stato conferito il potere ed il compito di procedere all’acquisizione delle aree occorrenti e di promuovere e curare direttamente, agendo in nome proprio, le necessarie procedure espropriative ed addossati i relativi onere. Sottolinea che l’acquisizione dell’area da parte del Comune era stata prevista a titolo gratuito, trattandosi di intervento di mitigazione ambientale.

15. Con il secondo motivo di ricorso incidentale il Comune di Pero lamenta “Illegittimità della sentenza n. 370/2014, quanto al quarto capo del dispositivo della stessa, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè per contraddittorietà assoluta della relativa motivazione, con riferimento alla condanna alle spese del giudizio.” Assume il Comune, per la denegata ipotesi di mancato accoglimento del primo motivo, che la soccombenza dei convenuti, e quindi dello stesso Comune, è stata solo parziale, atteso che gli attori chiedevano, e chiedono nel presente giudizio, che l’indennità di esproprio sia determinata in Euro 120,00/140,00 al mq., mentre la sentenza della Corte di Appello ha riconosciuto agli stessi un’indennità basata su di un valore di Euro 25,00 al mq..

16. Il primo motivo di ricorso incidentale del Comune di Pero è fondato nei limiti di cui appena di seguito si dirà.

16.1. Occorre premettere che nel caso di specie si applica ratione temporis il testo del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, commi 3 e 4 vigente prima della modifica introdotta dal D.Lgs. n. 150 del 2011, poichè il giudizio è iniziato nel 2010, ossia prima del 6-10-2011, data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n.. l’art. 54, commi 3 e 4 sono del seguente tenore:

“3. L’opposizione alla stima è proposta con atto di citazione notificato all’autorità espropriante, al promotore dell’espropriazione e, se del caso, al beneficiario dell’espropriazione, se attore è il proprietario del bene, ovvero notificato all’autorità espropriante e al proprietario del bene, se attore è il promotore dell’espropriazione. 4. L’atto di citazione va notificato anche al concessionario dell’opera pubblica, se a questi sia stato affidato il pagamento dell’indennità”.

L’interpretazione della locuzione “se del caso” (comma 3) prospettata dal Comune di Pero non si ritiene condivisibile, in considerazione della ratio ispiratrice, anche a fini deflattivi del contenzioso, della significativa innovazione del quadro normativo introdotta dal T.U. espropri in punto di legittimazione passiva.

In particolare la nuova disciplina, da un lato, è finalizzata a facilitare la riconoscibilità del soggetto obbligato da parte dell’espropriato (cfr. D.P.R. n. 327 del 2001, art. 6, comma 8 in ipotesi, come quella in esame, di esercizio dei poteri espropriativi da parte del concessionario) e, all’altro, ad estendere il contraddittorio ad una platea “allargata” di legittimati passivi, mediante la scelta dell’istituto del litisconsorzio necessario, come, per l’appunto, disposto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, commi 3 e 4.

I soggetti passivamente legittimati nel giudizio di opposizione, da evocare necessariamente e contestualmente in giudizio, sono chiaramente individuati dall’art. 3 dello stesso Testo Unico e il litisconsorzio tra espropriante, promotore e beneficiario dell’espropriazione può definirsi eventuale, così giustificandosi la locuzione “se del caso”, nel senso che si impone l’evocazione in giudizio anche del beneficiario nel caso in cui quest’ultimo sia soggetto diverso dai primi. Diversamente opinando, sarebbe consentita un’inammissibile valutazione rimessa, caso per caso, all’espropriato circa il suo interesse a citare in giudizio il beneficiario, oltretutto in contrasto con la finalità deflattiva del contenzioso ispiratrice della nuova normativa.

16.2. Se le esigenze di tutela dell’affidamento e della buona fede dell’espropriato nella individuazione del legittimato passivo trovano giustificazione in tutti i casi di “trasferimento” di funzioni espropriative da un soggetto ad un altro e, sempre a fini di semplificazione e deflettivi, sono state tutelate mediante l’istituto del litisconsorzio necessario nei termini precisati, dall’inscindibilità del rapporto processuale introdotta dall’art. 54, commi 3 e 4 T.U.E. non consegue necessariamente la solidarietà nel rapporto sostanziale di tutti i legittimati passivi.

Al riguardo va rimarcato che, in base agli artt. 26 e 27 cit. testo unico, all’autorità espropriante e al promotore dell’espropriazione compete il versamento dell’indennità di espropriazione e, nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato, in base al decreto di esproprio e agli atti della relativa procedura, che a RFI, quale ente espropriante, e di seguito a TAV, quale ente promotore, e a CAV era stato conferito, con atti di rilevanza esterna, il potere ed il compito di procedere all’acquisizione delle aree occorrenti e di promuovere e curare direttamente, agendo in nome proprio, le necessarie procedure espropriative ed addossati i relativi oneri. In particolare il decreto di esproprio 13-5-2010 n. 11 riguardava l’intervento di mitigazione ambientale realizzato sull’area espropriata funzionale alla realizzazione della tratta della Linea ad (OMISSIS) (sub-tratta (OMISSIS)). Si trattava di opera rientrante nell’ambito della concessione ai fini della gestione dell’infrastruttura ferroviaria nazionale rilasciata dal Ministero dei Trasporti a R.F.I., concessionario delegato ad emettere tutti gli atti del procedimento espropriativo in conformità a quanto previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 6, comma 8. Invece il Comune di Pero, pur beneficiario, senza previsione di oneri a suo carico, dell’intervento di mitigazione ambientale, è rimasto del tutto estraneo alla procedura espropriativa, sicchè il suo obbligo di pagamento dell’indennità di espropriazione non trova fondamento, anche alla stregua delle citate norme del T.U.E., stante l’investimento dell’esercizio del potere espropriativo, con atti di rilevanza esterna, nonchè la titolarità delle relative obbligazioni in capo agli altri soggetti sopra indicati.

Alla luce delle considerazioni che precedono, è immune da censure la statuizione impugnata concernente la legittimazione passiva del Comune di Pero, mentre è fondata la doglianza relativa all’insussistenza dell’obbligo in capo a quest’ultimo di pagamento dell’indennità di espropriazione, restando di conseguenza assorbito il secondo motivo di ricorso incidentale del Comune di Pero.

17. In conclusione, il ricorso principale e quello incidentale di RFI devono essere rigettati, il primo motivo di ricorso incidentale del Comune di Pero trova accoglimento nel senso precisato, restando assorbito il secondo motivo; la sentenza impugnata deve essere, in conseguenza, cassata, limitatamente al motivo accolto, senza rinvio, in quanto, non occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., e per l’effetto va dichiarato che dal Comune di Pero non è dovuto il pagamento dell’indennità di espropriazione oggetto di causa.

18. La novità della questione relativa all’interpretazione dei commi terzo e quarto dell’art. 54 citati consente di compensare integralmente tra il Comune di Pero e le altre parti le spese del giudizio relativamente al grado di merito, ferme le restanti statuizioni sulle spese di cui alla sentenza impugnata, nonchè di compensare integralmente le spese del giudizio di legittimità tra tutte le parti, valutata anche la reciproca soccombenza di R.F.I. s.p.a. e dei ricorrenti principali.

19. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e del ricorrente incidentale R.F.I. s.p.a., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale di R.F.I. s.p.a., accoglie nei sensi di cui in motivazione il primo motivo di ricorso incidentale del Comune di Pero, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, dichiara che dal Comune di Pero non è dovuto il pagamento dell’indennità di espropriazione oggetto di causa. Dichiara interamente compensate tra il Comune di Pero e le altre parti le spese relative al grado di merito.

Dichiara interamente compensate tra tutte le parti le spese relative al giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e del ricorrente incidentale R.F.I. s.p.a., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA