Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 109 del 07/01/2020

Cassazione civile sez. I, 07/01/2020, (ud. 10/07/2019, dep. 07/01/2020), n.109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giusepp – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9201/2017 proposto da:

B.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via Monti Di Creta

85, int. 12, presso lo studio del Dott. Antonio Porfilio e

rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro Orlando, in forza di

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno – Prefettura Pesaro Urbino;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 36/2016 del GIUDICE DI PACE di PESARO,

depositata il 05/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/7/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. IMMACOLATA ZENO, depositate in vista dell’adunanza

del 30/1/2019.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza del 5/10/2016 il Giudice di Pace di Pesaro ha rigettato l’opposizione proposta da B.L., cittadino (OMISSIS), avverso il decreto di espulsione dal territorio nazionale adottato ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 4, dal Prefetto di Urbino, in seguito a revoca in data 24/9/2015 del permesso di soggiorno da parte del Questore di Chieti, impugnato avanti al T.A.R.; tale revoca, a sua volta, era stata disposta in ragione della pendenza di un procedimento penale nei confronti del B. dinanzi alla Procura della Repubblica di Vasto.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione B.L. con atto notificato il 3 e il 7/4/2017, rispettivamente al Prefetto di Pesaro e Urbino e al Ministero dell’Interno presso l’Avvocatura Generale dello Stato, svolgendo unico, seppur articolato, motivo.

2.1. Con il motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 9, comma 4, art. 4, comma 3 e art. 19, comma 2, lett. c).

Il ricorrente osserva, in primo luogo, che il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno di lunga durata da parte del Questore di Chieti, fondato sulla ritenuta pericolosità sociale, era stato impugnato dinanzi al T.A.R. ed era ancora sub judice; il procedimento penale si trovava ancora in fase di indagini preliminari e nei confronti del B. non era stato emesso alcun provvedimento cautelare; la revoca doveva essere accompagnata da un’articolata motivazione su tutti gli elementi che avevano condotto al giudizio di pericolosità sociale, e doveva tener conto dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero.

2.2. In secondo luogo, il Giudice di Pace avrebbe dovuto tener conto del fatto che il B. era titolare di un altro permesso di soggiorno per motivi familiari, rilasciato dal Questore di Campobasso il 12/7/2016, con scadenza al 2/4/2021, in epoca successiva al provvedimento impugnato e sulla base di una condizione soggettiva diversa rispetto al permesso revocato, ossia il matrimonio contratto con cittadina italiana, P.M., in data 21/3/2016 e alla susseguente convivenza, prodotto all’udienza del 3/10/2016.

Il ricorrente invoca di conseguenza il disposto del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c).

3. Il Procuratore generale in data 10/1/2019 ha rassegnato le proprie conclusioni chiedendo l’accoglimento del ricorso, “allorquando ritenuto ammissibile sotto il profilo del rispetto di autosufficienza”.

Con memoria in data 15/1/2019 il ricorrente ha ribadito le sue difese circa i motivi di ricorso.

4. Questa Corte, con ordinanza interlocutoria del 30/126/2/2019, poichè delle deduzioni e produzioni asseritamente svolte dal ricorrente all’udienza del 3/10/2016 (titolarità di un altro permesso di soggiorno per motivi familiari, rilasciato dal Questore di Campobasso il 12/7/2016, con scadenza al 2/4/2021, e matrimonio contratto con cittadina italiana, P.M., in data 21/3/2016 e susseguente convivenza) non vi era traccia nel provvedimento impugnato, ha ritenuto necessario procedere al controllo dei verbali del procedimento di primo grado, e in particolare del verbale di udienza del 3/10/2016, per verificare il contenuto delle attività di allegazione e di prova che il ricorrente assumeva, in modo sufficientemente specifico, di aver svolto; di conseguenza è stata disposta l’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, non trasmesso, nonostante rituale richiesta del ricorrente ex art. 369 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte ritiene dirimente l’esame del secondo profilo del motivo di ricorso che appare fondato.

1.1. Il ricorrente assume la propria condizione di “inespellibile”, a tal fine invocando quanto disposto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c), (lettera modificata della L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22, lett. p), in forza del quale non è consentita l’espulsione, salvo che nei casi previsti dall’art. 13, comma 1, nei confronti degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana.

Il ricorrente sostiene che il Giudice di pace avrebbe dovuto tener conto della titolarità di altro permesso di soggiorno, rilasciato dal Questore di Campobasso il 12/7/2016, con scadenza al 2/4/2021, concesso in epoca successiva al provvedimento impugnato e sulla base di una condizione soggettiva diversa rispetto a quello revocato: ossia il matrimonio contratto con la cittadina italiana P.M. in data 21/3/2016 e la susseguente convivenza.

Così argomentando, il ricorrente deduce non solo violazione di legge ma anche omesso esame di fatto decisivo sottoposto al contraddittorio.

1.2. Il Giudice di Pace nulla ha detto al proposito.

Dall’esame del verbale di causa, indicato specificamente dal ricorrente, acquisito in adempimento dell’ordinanza interlocutoria, risulta che all’udienza del 4/4/2016 il difensore del B. ha prodotto il certificato di matrimonio del 21/3/2016 tra il ricorrente e la cittadina italiana P.M.; il procedimento era stato rinviato per consentire al ricorrente di richiedere altro permesso di soggiorno per motivi di famiglia.

All’udienza del 24/6/2016 il difensore del ricorrente ha prodotto la domanda di permesso di soggiorno e copia della sua carta di identità, ottenendo ulteriore rinvio per documentare l’esito della pratica.

All’udienza del 3/10/2016 il difensore del ricorrente ha infine prodotto copia del permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Campobasso il 12/4/2016 con scadenza 2/4/2021.

1.3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte il giudizio di impugnazione di decreto prefettizio di espulsione del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 8, investe non solo la legittimità del provvedimento impugnato ma anche il diritto del ricorrente di permanere sul territorio nazionale.

Di conseguenza l’accertamento della condizione di inespellibile, come pure la sopravvenuta acquisizione di un valido titolo di soggiorno, rendono inefficace il decreto.

E’ stato inoltre affermato che il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari rende ineseguibile il decreto di espulsione precedentemente emesso nei confronti della medesima persona, onde il Giudice di pace, adito in sede di opposizione all’espulsione, deve dichiarare l’inefficacia del decreto (Sez. 6-1, 04/09/2018, n. 21609; Sez. 6-1, 24/06/2014, n. 14268).

1.4. La sopravvenuta acquisizione di un valido titolo di soggiorno determina comunque la cessazione della materia del contendere, dovendosi ritenere inefficace il provvedimento impugnato emesso nei confronti di soggetto successivamente divenuto beneficiario di valido e attuale titolo di soggiorno sul territorio nazionale.

1.5. La natura sopravvenuta delle ragione di inefficacia del decreto di espulsione determina la non ripetibilità delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara cessata la materia del contendere e irripetibili le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020

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