Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10899 del 23/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/04/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 23/04/2021), n.10899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7602-2019 proposto da:

D.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

BALDUINA 66, presso lo studio dell’avvocato SPAGNUOLO GIUSEPPE, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato TRIOLO VINCENZO,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati SFERRAZZA

MAURO, STUMPO VINCENZO, CORETTI ANTONIETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 85/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 20/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con separati ricorsi (RG. n. 6417/12 e n. 7994/12), poi riuniti, D.C. ha chiesto di accertare l’inesistenza dell’indebito relativo, rispettivamente, agli anni 2002 e 2003;

2. il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 3394/2015, ha disposto la reiscrizione della ricorrente negli elenchi bracciantili per l’anno 2002;

3. con istanza del 13.9.2016 la D., rilevato che la sentenza n. 3394/2015 non conteneva alcuna decisione sulla domanda concernente l’anno 2003, ha chiesto il prelievo del procedimento RG. n. 7994/2012 e la decisione dello stesso previa separazione dal proc. RG. n. 6417/2012;

4. il Tribunale, con sentenza n. 3577/17, ha dichiarato inammissibile la domanda;

5. con sentenza n. 85 pubblicata il 20.2.2019 la Corte d’Appello di Salerno ha respinto l’appello di D.C., confermando la decisione di primo grado;

6. la Corte territoriale ha ritenuto che, a fronte dell’omessa pronuncia, nella sentenza n. 3394/2015, sulla domanda di inesistenza dell’indebito riferito all’anno 2003, la parte avrebbe dovuto proporre appello oppure riproporre la medesima domanda in un separato procedimento;

7. ha aggiunto che i provvedimenti di riunione o separazione di cause, aventi natura ordinatoria, non sono suscettibili di impugnazione;

8. avverso tale sentenza D.C. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato da successiva memoria; l’INPS ha resistito con controricorso:

9. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

10. con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 302,112,115,116,274-277 e 339-342 c.p.c.; art. 115 disp. att. c.p.c.;

11. la parte ricorrente, premesso che la riunione dei procedimenti lascia inalterata l’autonomia dei giudizi, sostiene che il vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato presuppone che la domanda sia quantomeno illustrata nella sentenza mentre nel caso di specie la pronuncia di primo grado n. 3394/2015 non conteneva alcun accenno alla domanda relativa all’indebito per l’anno 2003; con la conseguenza che la proposizione dell’appello era preclusa in quanto non poteva investire specifici capi della sentenza;

12. il ricorso è manifestamente infondato;

13. questa Corte ha più volte precisato (Cass. n. 7653 del 2012; 22799 del 2017) che il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto;

14. nè rileva che, nel caso di specie, le singole domande siano state proposte in separati procedimenti, atteso che gli stessi sono stati riuniti, per ragioni di connessione, in un unico processo comprensivo delle distinte ed autonome domande;

15. i principi sopra richiamati a proposito dell’art. 112 c.p.c. esigono che il giudice si pronunci su ciascuna domanda e su ciascun capo di domanda, emettendo il provvedimento decisorio, esplicito o implicito, indispensabile alla soluzione del caso concreto;

16. questa Corte ha anche chiarito (Cass. n. 8605 del 1997; n. 4388 del 2016; n. 6529 del 2017) che, in caso di omessa pronuncia su una delle domande introdotte in causa, la parte ha il diritto di denunciare l’omissione in sede di gravame, oppure di coltivare la domanda in separato giudizio; con riferimento a quest’ultima ipotesi, si è sottolineato che la rinuncia implicita alla pretesa, correlabile al mancato esperimento del gravame, ha valore meramente processuale e non sostanziale, per cui, nel separato giudizio successivamente introdotto, non potrà essere opposta una preclusione derivante dalla mancata impugnazione della precedente sentenza per omessa pronuncia;

17. l’attuale ricorrente non ha percorso nessuna di queste strade: non ha impugnato la sentenza n. 3394/2015 per far valere l’omessa pronuncia sulla domanda relativa all’indebito del 2003 e neppure ha instaurato un separato procedimento; al contrario, ha chiesto, dopo la pronuncia della sentenza n. 3394/2015, che fosse disposta la separazione del proc. n. 7994/2012 e la sua autonoma decisione;

18. la Corte d’appello, nel confermare la statuizione di inammissibilità adottata dal Tribunale, si è uniformata ai principi enunciati da questa Corte e la decisione impugnata si sottrae alle censure proposte col motivo di ricorso in esame;

19. per tali ragioni il ricorso deve essere respinto;

20. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

21. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2021

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