Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10898 del 23/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/04/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 23/04/2021), n.10898

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3663-2019 proposto da:

L.F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

OTTAVIANO 9, presso lo studio dell’avvocato RUSSO SALVATORE,

rappresentato e difeso dall’avvocato URSINI MICHELE;

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE

PER LA PUGLIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1519/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 19/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. il Tribunale di Trani, con sentenza del 28.8.2013, ha dichiarato la nullità del termine apposto ai plurimi contratti di lavoro conclusi tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il docente L.F.P. sotto il vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, ha dichiarato esistente tra le parti un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con decorrenza 1.4.2009, ordinato al MIUR di immettere il docente in servizio con ricostruzione della carriera ai fini previdenziali, pensionistici, di anzianità e retributivi ed ha condannato il Ministero al pagamento di una indennità risarcitoria pari a nove mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori di legge;

2. la Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 1519 pubblicata il 19.7.2018, in parziale accoglimento dell’appello del Ministero (nonchè dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia e della Presidenza del Consiglio dei Ministri) e in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di L.F.P. di conversione del rapporto di lavoro e di risarcimento danni; ha dichiarato il diritto dell’appellato al riconoscimento, ai fini della progressione stipendiale, dell’anzianità di servizio maturata durante i rapporti di lavoro a termine a decorrere dall’aprile 2009 ed ha condannato il Ministero al pagamento, a tale titolo, delle differenze stipendiali maturate, oltre accessori di legge;

3. la Corte territoriale ha escluso la possibilità di conversione nonchè qualsiasi obbligo risarcitorio a carico dell’amministrazione in conseguenza dell’avvenuta stabilizzazione del docente, ai sensi della L. n. 107 del 2015;

4. ha confermato la statuizione di primo grado sul diritto del docente alla ricostruzione della carriera ai fini giuridici ed economici a decorrere dall’1.4.2009 (data individuata dal Tribunale quale effetto della conversione del rapporto di lavoro) ma in base al diverso titolo costituito dalla violazione del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 99/70 ed ha rilevato che tale diritto non potesse essere riconosciuto anche per il periodo anteriore, in mancanza di appello incidentale sul punto;

5. avverso tale sentenza L.F.P. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da successiva memoria; il Ministero dell’Università, dell’Istruzione e della Ricerca ha resistito con controricorso mentre la Presidenza del Consiglio è rimasta intimata;

6. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

7. con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronuncia sull’eccezione rilevabile d’ufficio di inammissibilità dell’appello, in ragione della mancata ottemperanza del Ministero appellante agli oneri correlati all’impugnazione;

8. con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è denunciata violazione e falsa applicazione della L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 132; della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, nonchè violazione della clausola 5 della direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999 e dell’accordo quadro ad essa allegato, per avere la Corte territoriale escluso la sussistenza di abusi e rigettato la domanda risarcitoria in ragione della ritenuta efficacia sanante delle misure sopravvenute rispetto alla illiceità pregressa;

9. con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte affermato che spetta al lavoratore allegare e provare un uso improprio o distorto del potere di macroorganizzazione delegato dal legislatore al Ministero in ordine alla ricognizione di posti e delle concrete esigenze del servizio;

10. con il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si censura la sentenza d’appello per violazione delle norme di cui alla clausola 4 della Direttiva 1999/70/CE e al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, per mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio in relazione ai contratti a tempo determinato e delle risultanti differenze retributive; si osserva che il Tribunale aveva stabilito la decorrenza dell’1.4.09 in relazione alla conversione del rapporto di lavoro e che nessuna decorrenza aveva indicato riguardo all’ordine di ricostruzione della carriera a fini previdenziali, pensionistici, di anzianità e retributivi; che la Corte di merito ha pertanto errato nel ritenere che la decorrenza dall’1.4.09 si riferisse anche alla ricostruzione della carriera e che la mancata proposizione dell’appello incidentale precludesse la modifica della statuizione sul punto;

11. il primo motivo di ricorso è inammissibile, anzitutto, perchè il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (Cass. 25154 del 11/10/2018); in secondo luogo perchè il motivo difetta di autosufficienza, per la mancata trascrizione degli atti processuali (ricorso in appello) su cui la censura si fonda; infine, ed è dirimente, poichè, decidendo nel merito, la corte territoriale ha implicitamente rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello (ex plurimis Cass. n. 29191 del 06/12/2017);

12. il secondo e il terzo motivo, da trattare congiuntamente, sono infondati in base ai principi che di seguito si richiamano;

13. questa Corte, con le sentenze pronunciate all’udienza del 18.10.2016 (dalla n. 22552 al n. 22557) e con numerose altre decisioni successive conformi, ha affrontato le questioni che oggi vengono in rilievo e, dopo avere ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 novembre 2014, Mascolo e altri, relativa alle cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C63/13, C-418/13), dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 187 del 20.7.2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 5072 del 15.3.2016), nella sentenza n. 22552/2016 (punti da 118 a 125) ha affermato, con specifico riferimento al tema in argomento, i principi di diritto che seguono:

A) per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi;

B) nelle ipotesi di reiterazione di cui sopra deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica e idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi – concorsuali”;

C) in detti casi deve affermarsi, in continuità con i principi enunciati dalle SS.UU di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza;

14. i principi richiamati sono stati sottoposti a nuovo esame ad opera di questa Corte di legittimità (si veda Cass. n. 3472 del 12/2/2020) a seguito della sentenza dell’8 maggio 2019 Causa C- 494/17, Rossato, della Corte di Giustizia – investita dalla Corte d’appello di Trento, su rinvio in via pregiudiziale, dell’interpretazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinati;

15. nella richiamata decisione la Corte di Giustizia ha evidenziato che il quadro normativo che connotava la fattispecie sottoposta al suo esame dalla Corte di Appello di Trento era ben differente da quello tenuto presente nella sentenza Mascolo, in ragione del piano straordinario di assunzioni attuato, con previsione della trasformazione, nel corso dell’anno scolastico 2015/2016, di tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato con docenti “precari” attraverso il progressivo e definitivo esaurimento delle graduatorie e degli elenchi dai quali l’amministrazione attingeva per l’assunzione di docenti a tempo determinato; la Corte di Giustizia, quindi, ha statuito che la richiamata clausola “deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che, così come applicata dagli organi giurisdizionali supremi, esclude – per docenti del settore pubblico che hanno beneficiato della trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un effetto retroattivo limitato – qualsiasi diritto al risarcimento pecuniario in ragione dell’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, allorchè una siffatta trasformazione non è nè incerta, nè imprevedibile, nè aleatoria e la limitazione del riconoscimento dell’anzianità maturata in forza della suddetta successione di contratti di lavoro a tempo determinato costituisce una misura proporzionata per sanzionare tale abuso, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare”;

16. sulla scorta dei rilievi evidenziati dalla Corte di Giustizia, nella recente decisione n. 3472 del 12/2/2020 questa Corte ha riaffermato che l’immissione in ruolo avvenuta in virtù del sistema di avanzamento reso possibile dalle emanate regole sul reclutamento e anche dai piani straordinari e ordinari di assunzione previsti dalle leggi che si sono succedute rispetta i principi di equivalenza e di effettività, perchè il soggetto leso dall’abusivo ricorso ai contratti a termine ha comunque ottenuto il medesimo “bene della vita” per il riconoscimento del quale ha agito in giudizio (sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016, p. n. 85) e perchè ha la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni ulteriori;

17. è stato ribadito, infatti, che nelle ipotesi di reiterazione di contratti a tempo determinato rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico e ausiliario, per la copertura di posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, l’avvenuta stabilizzazione non preclude la proponibilità della domanda per il risarcimento dei danni diversi e ulteriori rispetto a quelli esclusi dalla immissione nei ruoli, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016 e dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 187 del 2016, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova dei danni ulteriori, che grava sul lavoratore, non beneficiato in caso di stabilizzazione dalla agevolazione probatoria di cui alla citata sentenza delle Sezioni Unite, non risulta insormontabile nè difficoltoso perchè il sistema delle graduatorie ad esaurimento offre al riguardo dati oggettivi (posizione ricoperta nella graduatoria, vacanze di organico, termini previsti, anche se non rispettati, dal T.U. per l’indizione dei concorsi e per le operazioni di immissione);

18. è stato anche osservato che l’illecito, oltre che “tendenzialmente riparato” dalla avvenuta stabilizzazione e dalla possibilità di ottenere il risarcimento dei danni ulteriori, deve ritenersi “oggettivamente represso”, avuto riguardo alla definitiva perdita di efficacia delle graduatorie ad esaurimento, effettivamente esaurite (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 105) per entrambe le categorie di personale (docente e ATA), alla cadenza triennale dei concorsi, da indire su base regionale tenendo conto del fabbisogno espresso dalle istituzioni scolastiche nel piano dell’offerta formativa, alla efficacia egualmente triennale delle graduatorie concorsuali (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 113), alla previsione (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 131) di un limite alla reiterazione delle supplenze, che a decorrere dai 10 settembre 2016 non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi, oltre che al limite previsto per la reiterazione delle supplenze;

19. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate perchè ne condivide le ragioni esposte, non risultando prospettati nel ricorso argomenti che possano indurre a disattenderli e non avendo il ricorrente allegato danni diversi ed ulteriori rispetto alla mancata conversione del rapporto (v. anche Cass. sez. VI 14508/20);

20. anche il quarto motivo di ricorso è infondato;

21. la domanda avente ad oggetto il riconoscimento della medesima progressione stipendiale spettante ai docenti di ruolo e la condanna al pagamento delle conseguenti differenze retributive era stata formulata in via autonoma sin dal primo grado di giudizio (cfr. il ricorso introduttivo di primo grado come trascritto alle pagg. 1-6 del ricorso per cassazione); su tale domanda il Tribunale non ha pronunciato, avendo invece accolto la domanda di ricostruzione della carriera a fini previdenziali, pensionistici, di anzianità e retributivi, come conseguenza dell’abusiva reiterazione dei contratti a termine, a far data dall’1.4.2009;

22. se è vero che il riconoscimento della progressione stipendiale può considerarsi ricompreso nella più ampia ricostruzione della carriera a fini previdenziali, pensionistici, di anzianità e retributivi, è altrettanto vero che quest’ultima statuizione è stata adottata dal Tribunale, quale effetto della disposta “conversione” in rapporto a tempo indeterminato, solo in riferimento al periodo successivo all’1.4.2009 e non anche per il periodo anteriore; nè può ritenersi che per il periodo anteriore la questione fosse assorbita;

23. da ciò consegue che per il periodo anteriore, su cui il Tribunale aveva omesso di pronunciare, la parte privata aveva onere di proporre appello incidentale;

24. non è utile il richiamo fatto in ricorso alla sentenza di questa Corte (Cass. n. 28635 del 2018), che ha, anzi, puntualizzato l’autonomia delle due domande, cioè quella di ricostruzione della carriera quale effetto riflesso della domanda di conversione dei contratti a termine in rapporto a tempo indeterminato, e la diversa pretesa di progressione stipendiale spettante al dipendente reiteratamente assunto a tempo determinato che assuma a proprio fondamento la violazione del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’Accordo quadro; è vero che tale sentenza ha ritenuto che: “…l’accoglimento della domanda avente ad oggetto la ricostruzione della carriera a fini previdenziali, pensionistici, di anzianità e retributivi, come conseguenza dell’abusiva reiterazione dei contratti a termine, soddisfi anche la domanda, eventualmente posta come autonoma, avente ad oggetto il riconoscimento della progressione economica, che prevede un petitum ridotto rispetto all’altra”, ma nella sentenza invocata vi è evidente coincidenza temporale tra le due rivendicazioni (ricostruzione della carriera e differenze stipendiali), laddove nella presente controversia si pretendono le differenze retributive per un periodo anteriore alla ricostruzione; su tale domanda però il tribunale non si è pronunciato e la parte interessata non ha proposto il necessario appello incidentale dolendosi dell’omessa pronuncia;

25. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto;

26. la complessità della questione giuridica, risolta sulla base della pronuncia della Corte di Giustizia intervenuta in corso di causa, giustifica la integrale compensazione delle spese dell’intero processo;

27. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA