Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10897 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. I, 05/05/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 05/05/2010), n.10897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via G.

Spontini 11, presso l’avv. Paola Bartolini, rappresentato e difeso

dall’avv. VITALE Silvestro giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Comune di Catania in persona del Sindaco, elettivamente domiciliato

in Roma, Viale delle Milizie 76, presso l’avv. Antonio Donnangelo,

rappresentato e difeso dall’avv. PATANE’ Paolo giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1037

dell’11.11.03.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17.2.2010 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 24.6.95 M.M. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Catania il Comune di detta città, per sentirlo condannare al pagamento di L. 66.631.268 a titolo di compenso per la redazione del piano particolareggiato di recupero urbanistico della zona “(OMISSIS)”, incarico che gli era stato revocato con Delib. 5 gennaio 1995, pur dopo il relativo svolgimento.

Il Comune, costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda, che il tribunale respingeva in ragione del fatto che l’attore non avrebbe dato dimostrazione dell’opera svolta.

La decisione, impugnata dal M., veniva poi confermata dalla Corte di Appello di Catania, che ribadiva l’assenza di prova in ordine all’avvenuto espletamento dell’incarico in questione.

Avverso la sentenza M. proponeva ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui resisteva con controricorso il Comune.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 17.2.2010.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il motivo di ricorso M. ha denunciato vizio di motivazione perchè la Corte territoriale, dopo aver accertato l’affidamento dell’incarico di redigere il piano di recupero urbanistico della zona “(OMISSIS)”, la successiva revoca del detto incarico, la consegna da parte del professionista di elaborati progettuali, la mancata contestazione da parte dell’ente in ordine all’espletamento dell’incarico, ha poi negato che fosse stata raggiunta la dimostrazione del credito, e ciò sulla base di argomentazioni viziate sotto il profilo logico formale in quanto: la motivazione non spiegherebbe le ragioni per le quali dovrebbe essere formulato il dubbio che gli elaborati consegnati non “abbiano esaurito in tutto o in parte l’incarico conferito ed eventualmente in che misura”;

sarebbe apprezzabile un contrasto motivazionale fra l’ammissione da parte del Comune della consegna dei progetti e la negata valenza confessoria alla detta ammissione; l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui esso ricorrente non avrebbe dato dimostrazione della mancata contestazione da parte del Comune circa l’adempimento dell’incarico, avrebbe comportato un’inammissibile inversione dell’onere della prova; il riferimento alla generica “contestazione in fatto e in diritto” della fondatezza della domanda sarebbe riconducibile ad una clausola di stile e sarebbe quindi irrilevante.

Il Collegio ritiene che le doglianze siano fondate, per le ragioni appresso precisate.

Dall’esame della sentenza impugnata si evince: a) che è certo l’avvenuto conferimento da parte del Comune di Catania del mandato professionale in favore dell’attuale ricorrente, per la redazione del piano particolareggiato di recupero urbanistico della zona ” (OMISSIS)”; b) che è altresì certo che con successiva delibera è stato revocato il detto incarico, salva la riserva da parte dello stesso Comune di provvedere alla liquidazione delle competenze dovute; c) è infine ugualmente certo che in data 7.10.92 erano stati consegnati “gli elaborati progettuali”, ciò risultando dalle premesse della delibera di revoca dell’incarico.

Orbene, sulla base della detta accertata situazione in punto di fatto, è da ritenere che l’originario attore abbia puntualmente assolto al proprio onere probatorio, risultando, come detto, sia il conferimento dell’incarico che il successivo espletamento. Sotto questo aspetto, dunque, da una parte appare apodittica ed immotivata l’affermazione della Corte di appello secondo cui il Comune avrebbe contestato l’avvenuta esecuzione dell’incarico; dall’altra risulta errato il rilievo secondo cui il M. non avrebbe dato prova di quanto sostenuto, in particolare non avendo “ritenuto di produrre le copie in suo possesso a sostegno delle proprie labiali affermazioni” (p. 6).

Ed infatti, una volta data dimostrazione dell’esistenza del rapporto negoziale e dell’avvenuta consegna al Comune committente dell’elaborato, sarebbe stato onere di quest’ultimo (che fra l’altro, stando alla lettura della sentenza impugnata, non risulta aver formulato riserve specifiche al riguardo) allegare le ragioni di un parziale o inesatto adempimento, ipotesi non verificatasi nel caso in esame.

Sotto questo riflesso, dunque, l’irrilevanza attribuita dalla Corte di appello alla consegna al Comune degli elaborati progettuali poichè non sarebbe “dato desumere se gli elaborati progettuali consegnati in data 7.10.92.. abbiano esaurito in tutto o in parte l’incarico conferito” è espressione di valutazione errata per un duplice verso, e cioè in quanto la stessa non risulta riconducibile ad una contestazione della controparte al riguardo, nonchè per la violazione dei principi in tema di onere probatorio che ne ha determinato la formulazione.

In proposito occorre rilevare come tale conclusione sia in sintonia con la giurisprudenza di questa Corte (segnatamente C. 02/982, C. 01/13533) secondo la quale il creditore, sia che agisca per l’adempimento che per la risoluzione del contratto, deve dare prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte, che a sua volta deve fornire prova del fatto estintivo del diritto costituito dall’esatto adempimento ovvero allegare l’inesatto adempimento, da cui deriva l’insorgenza dell’onere di dare dimostrazione dell’esatto adempimento.

Sul punto la Corte territoriale ha reso una motivazione insufficiente, non essendo stato chiarito in quali termini il Comune avrebbe sollevato riserve sul diritto ai compenso del M., circostanza questa che comporta la necessità di un ulteriore esame, da effettuare sulla base dei principi già affermati da questa Corte e sopra richiamati.

Ne consegue conclusivamente che il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di Appello di Catania per una nuova delibazione del ricorso, oltre che per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

 

 

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