Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10891 del 08/06/2020
Cassazione civile sez. I, 08/06/2020, (ud. 21/02/2020, dep. 08/06/2020), n.10891
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20755/2016 proposto da:
G.L. Group S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via delle Fornaci n.
38, presso lo studio dell’avvocato Alberici Fabio, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fanti Fabrizio, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Commissario Giudiziario p.t. di G.L. Group S.r.l.,
Ufficio del Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di
Fermo;
– intimati –
avverso il decreto n. 8/2015 del TRIBUNALE di FERMO, del 29/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/02/2020 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
G.L. Group srl impugnava, ex art. 111 Cost., comma 7, davanti a questa Corte, il decreto emesso dal Tribunale di Fermo con il quale veniva revocata l’ammissione alla procedura di concordato preventivo della predetta società perchè all’esito di una disamina del piano concordatario, alla luce della relazione depositata in data 10 giugno 2016 dal Commissario giudiziale (previo verifiche svolte con l’ausilio dei tecnici nominati dal Giudice Delegato), risultava che erano venute meno le condizioni di ammissibilità del concordato preventivo a cui era stata ammessa la società; in particolare, dopo aver valutato tale piano, il tribunale perveniva alla conclusione che l’attivo disponibile non era sufficiente neppure a coprire le spese per il pagamento dei creditori privilegiati (detratto l’ammontare dei crediti prededucibili), con l’effetto di non poter vedere soddisfatti, neppure in parte, i creditori chirografari.
A sostegno della propria decisione di revoca del concordato, il tribunale rilevava che pur consapevole che la stima e valutazione concreta degli assets messi a disposizione dalla società in favore dei creditori non possa spingersi fino a determinare la verifica della convenienza economica del concordato, che in quanto presenta margini di opinabilità è rimesso alle capacità previsionali dei creditori che se ne assumono il rischio in quanto sono i soli arbitri del loro soddisfacimento economico, in coerenza con l’impianto generale prevalentemente contrattualistico del concordato, tuttavia, il medesimo tribunale rilevava che quando il commissario abbia l’evidenza di una sopravvalutazione dei beni di entità significativa tale da determinare una prognosi di certa impossibilità di soddisfacimento dei creditori chirografari, allora non può che prendere atto del fatto che, in questa ipotesi, il tema del valore dei beni ceduti alla massa dei creditori incide direttamente sulla c.d. fattibilità giuridica del concordato e, come tale, rientra nella sua sfera di cognizione. In particolare, tale valutazione concerneva le rimanenze di magazzino che erano state valorizzate senza tener conto che l’assenza di autorizzazione del titolare del marchio non ne consentiva la effettiva commercializzazione.
Avverso il decreto del Tribunale di Fermo, G.L. Group srl propone ricorso per cassazione affidato a un motivo, mentre, non si sono costituiti gli intimati.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con l’unico motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, della L. Fall., art. 173, comma 3, u.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente, il tribunale aveva valutato la convenienza economica del piano, demandata invece alla valutazione responsabile del ceto creditorio.
Il ricorso è inammissibile.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Il decreto con cui il tribunale dichiara l’inammissibilità della proposta di concordato, ai sensi della L. Fall., art. 162, comma 2, (eventualmente, anche a seguito della mancata approvazione della proposta, ai sensi dell’art. 179, comma 1) ovvero revoca l’ammissione alla procedura di concordato, ai sensi dell’art. 173, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, non è soggetto a ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, non avendo carattere decisorio. Invero, tale decreto, non decidendo nel contraddittorio tra le parti su diritti soggettivi, non è idoneo al giudicato (Cass. sez. un. 27073/16, 5479/18).
Nella specie, il tribunale di Fermo si è limitato a revocare l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, senza statuire su un’eventuale istanza di fallimento della società. Pertanto, il decreto in sè, non avendo carattere decisorio, difettando il carattere della definitività, potendo essere riproposta la domanda di concordato, non è soggetto a ricorso per cassazione, ex art. 111 Cost., comma 7. L’assenza di controparti costituite esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020