Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1089 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 21/01/2021), n.1089

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17733-2018 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MANZONI N.

81, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE GIUDICE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 569/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 19/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2020 dal Presidente Relatore Dott. SCALDAFERRI

ANDREA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

rilevato che D.A., nativo del Mali, chiede la cassazione della sentenza di corte d’appello sopra indicata (che ha rigettato le sua domande di protezione internazionale) per un motivo, con il quale denunzia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 comma 3;

che l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto difese;

ritenuto che il motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta che, rigettando la domanda di protezione umanitaria, la Corte distrettuale si sia limitata ad affermare che “non sono emersi, in relazione alla situazione specifica dell’appellante (e tenendo conto anche della già evidenziata scarsa credibilità delle sue dichiarazioni) elementi idonei a comprovare la sussistenza di particolari ragioni umanitarie o di gravi situazioni personali, che non consentano l’allontanmento di D. dal territorio italiano, in presenza del rischio, in caso di rientro in patria, per la salvaguardia dei propri diritti fondamentali, quali il diritto alla vita, il diritto alla salute, il diritto alla sopravvivenza e ad un’esistenza dignitosa. Peraltro lo stesso appellante non ha fatto riferimento ad esperienze addirittura traumatiche vissute nel suo Paese di origine (tali non potendosi considerare i contrasti con la sua famiglia, per l’asserita intenzione di sposare una ragazza Cristiana), o durante il periodo trascorso in Libia”;

ritenuto che il ricorso è inammissibile;

che, anche per la domanda di protezione umanitaria, l’eventuale esercizio del dovere di indagine d’ufficio da parte del Giudice di merito non può che presupporre la allegazione di circostanze di fatto astrattamente idonee ad integrare ragioni individuali di vulnerabilità;

che, conseguentemente, la critica nei riguardi della statuizione censurata non può, senza violare il limite della verifica di legittimità che non può estendersi ad una revisione delle valutazioni in fatto espresse dal Giudice di merito, non basarsi su una specifica indicazione delle circostanze di fatto allegate nel giudizio di merito dal ricorrente, il cui esame si deduca sia stato condotto in modo difforme dai criteri di legge o del tutto omesso;

rilevato che una specifica indicazione siffatta manca nel ricorso, che si limita sul punto ad un implicito quanto generico rinvio (cfr.pag.5) al quale aggiunge non utili considerazioni sulla situazione generale del Mali;

ritenuto pertanto che la declaratoria di inammissibilità si impone;

che non vi è luogo per provvedere sulle spese, in difetto di attività difensiva dell’intimato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione della Corte di Cassazione, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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