Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10889 del 04/05/2017


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Cassazione civile, sez. II, 04/05/2017, (ud. 25/01/2017, dep.04/05/2017),  n. 10889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28019-2012 proposto da:

B.A.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE BOZZI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO

MALATESTA;

– ricorrente –

M.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

BRIGUGLIO, rappresentato e difeso dall’avvocato GRANELLI ANTONIO con

procura notarile del (OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.A.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE BOZZI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO

MALATESTA;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1059/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 28/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato MALATESTA Alberto, difensore che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso come da difese depositate;

udito l’Avvocato CELANI Carlo, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato GRANELLI Antonio difensore che ha chiesto

l’accoglimento delle difese depositate;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

B., per il ricorso M., accoglimento primo motivo

assorbito il secondo, rigetto del terzo, inammissibile il secondo

ricorso incidentale M..

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – M.C. convenne in giudizio B.A.P., chiedendo – per quanto in questa sede ancora rileva – dichiararsi l’avvenuto trasferimento della proprietà di una villa sita in Massa che la convenuta – in forza di contratto stipulato con scrittura privata – aveva venduto al M. in cambio del prezzo pattuito e di alcuni lavori di ristrutturazione che l’acquirente si era obbligato ad eseguire sulle due casette rimaste in proprietà della venditrice; in subordine, chiese il trasferimento della proprietà dell’immobile.

La convenuta resistette alla domanda, chiedendo che fosse dichiarata la nullità del contratto, sia ai sensi della L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 10 (per irregolarità urbanistiche non sanate delle opere eseguite), sia ai sensi degli artt. 1418 e 1346 c.c.; chiese, in via riconvenzionale, l’accertamento dell’intervenuta risoluzione del contratto per i vizi che presentavano le opere che l’attore aveva eseguito in adempimento delle obbligazioni assunte nonchè la condanna del M. al risarcimento del danno.

Il Tribunale di Massa accolse la domanda attorea, dichiarando l’avvenuto trasferimento della proprietà dell’immobile in favore del M.; rigettò le domande riconvenzionali proposte dalla convenuta.

2. – Sul gravame proposto dalla B., la Corte di Appello di Genova, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accertò l’avvenuto trasferimento della proprietà dell’immobile, subordinandolo all’esatto adempimento degli obblighi assunti dal M. e al completo pagamento del residuo prezzo; condannò il M. al risarcimento del danno in favore della B., liquidato in Euro 30 mila.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello hanno proposto separati ricorsi in via principale B.A.P. sulla base di quattro motivi e M.C. sulla base di tre motivi.

Entrambi i ricorrenti hanno resistito al ricorso di controparte con controricorso; il M., inoltre, nel suo controricorso ha proposto ricorso incidentale reiterando i medesimi motivi già proposti col ricorso principale; a tale ricorso incidentale è seguito ulteriore controricorso della B..

I due ricorsi principali sono stati riuniti.

M.C. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Preliminarmente, vanno esaminate le questioni relative alla ammissibilità dei ricorsi proposti dalle parti.

1.1. – La B., innanzitutto, eccepisce l’inammissibilità del ricorso principale del M., per il fatto che lo stesso è stato notificato (il 19.12.2012) presso lo studio del difensore costituito nel giudizio di appello, nonostante che la nomina di costui fosse era stata revocata e sostituita dalla nomina di altro difensore, come risultante dal ricorso della B. previamente notificato (il 6.12.2012); tale errore nell’individuazione del luogo della notifica avrebbe – a suo dire – determinato l’inesistenza della notificazione, non sanabile.

L’eccezione non è fondata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicchè i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c. (Cass., Sez. U, n. 14916 del 2(/07/2016; v. anche Sez. 2, n. 12478 del 21/05/2013).

Dovendosi – alla stregua del richiamato principio – ritenere che l’erronea individuazione del luogo di notificazione del ricorso proposto dal M. ha determinato la mera nullità dell’impugnazione, nella specie tale nullità è rimasta sanata per raggiungimento dello scopo dell’atto, avendo la B. resistito al ricorso del M..

L’eccezione di inammissibilità del ricorso principale proposto dal M. va, pertanto, respinta.

1.2. – L’ammissibilità del ricorso principale del M. determina l’inammissibilità del ricorso incidentale dallo stesso successivamente proposto col controricorso, avendo il M. consumato il suo potere di impugnazione con la proposizione del primo ricorso (quello proposto in via principale) (da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 9993 del 16/05/2016). Tale primo ricorso del M. (proposto, come detto, in via principale), essendo comunque successivo al ricorso proposto in via principale dalla B., va nondimeno qualificato come ricorso incidentale, giacchè, per il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza, ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorchè proposto con atto a sè stante, in ricorso incidentale (Cass., Sez. L, n. 5695 del 20/03/2015; Sez. 3, n. 16501 del 18/07/2014).

1.3. – E’ infondata anche l’eccezione con la quale il M. deduce la nullità della procura alle liti apposta sul ricorso per cassazione proposto dalla B., in quanto recante una firma non riconducibile alla stessa.

La procura speciale, destinata alla proposizione del ricorso per cassazione, risulta apposta a margine dello stesso, sottoscritta dalla B. con sottoscrizione autenticata dal difensore. L’autenticazione del difensore ha fede fino a querela di falso (cfr. Cass., Sez. U, n. 25032 del 28/11/2005), che – nella specie – non risulta essere stata proposta.

2. – Esaminate le questioni relative alla validità dei rispettivi ricorsi, può passarsi all’esame dei motivi del ricorso principale proposto dalla B..

2.1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte di Appello – violando gli artt. 1418 e 1346 c.c. – omesso di dichiarare la nullità del contratto stipulato inter partes, nonostante che lo stesso avesse previsto, quale corrispettivo del trasferimento della proprietà dell’immobile, una prestazione del M. (quella di guardiania degli immobili e di giardinaggio per tutta la durata della vita della B.) impossibile, illecita, indeterminata e indeterminabile.

Il motivo non è fondato.

La Corte di Appello ha individuato le due prestazione delle parti, legate da nesso sinallagmatico, nel trasferimento della proprietà dell’immobile in cambio del pagamento del prezzo pattuito in più rate e dell’esecuzione di alcune opere edili da parte del M..

Secondo la Corte territoriale, gli obblighi assunti dal venditore di custodire le due casette rimaste in proprietà alla venditrice e di curare il giardino della medesima (obblighi di carattere aleatorio, essendo collegati alla durata della vita della B.) non costituiscono corrispettivo della vendita. Ne deriva che tali obblighi, rimanendo esterni rispetto al sinallagma contrattuale, non possono incidere sulla validità del negozio.

2.2. – Col secondo motivo, si deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello ritenuto che la clausola contrattuale secondo cui “Il rogito sarà redatto solo a condono avvenuto” si riferisse alla sanatoria dell’immobile oggetto della compravendita e non – invece – alla sanatoria dei due plessi rimasti in proprietà alla venditrice (come – secondo la ricorrente -risulterebbe dalla relazione del C.T.U.).

Col quarto motivo, che va esaminato unitamente al secondo (essendo allo stesso strettamente connesso), si deduce poi la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte di Appello violato i criteri legali di interpretazione del contratto di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., erroneamente individuando la comune intenzione delle parti e non valutando il complessivo comportamento dei contraenti dopo la conclusione del negozio; secondo la ricorrente, l’intenzione delle parti sarebbe stata quella di subordinare l’effetto traslativo della proprietà alla regolarizzione urbanistica dell’intero compendio immobiliare (sia dell’immobile venduto che dei due immobili retrostanti).

I due motivi non possono trovare accoglimento.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, in tema di ermeneutica contrattuale, l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nella ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 c.c. e segg. o di motivazione insufficiente o illogica, ossia non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione. Pertanto, onde far valere in cassazione tali vizi della sentenza impugnata, non è sufficiente che il ricorrente per cassazione faccia puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma è altresì necessario che egli precisi in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato ovvero ne abbia dato applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Cass., Sez. L, n. 17168 del 09/10/2012; Sez. 2, n. 13242 del 31/05,2010; Sez. 3, n. 24539 del 20/11/2009); con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o sul vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Sez. 1, n. 22536 del 26/10/2007).

Sul punto, va altresì ribadito il principio secondo cui, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che l’interpretazione data al contratto dal giudice del merito sia l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma è sufficiente che sia una delle possibili e plausibili interpretazioni; perciò, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Sez. 3, n. 24539 del 20/11/2009; Sez. 1, n. 4178 del 22/02/2007).

Nella specie, avuto riguardo alle censure in esame, va ritenuto che i giudici di merito abbiano fatto corretta applicazione dei canoni legali che regolano l’interpretazione delle dichiarazioni negoziali, adottando una motivazione che risulta esente da vizi logici e giuridici. La motivazione non risulta viziata neppure sotto il profilo della insufficienza con riferimento alla valutazione della relazione del C.T.U., che la Corte territoriale ha considerato (v. p. 10 della sentenza impugnata).

Sul punto, va peraltro ribadito che compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere l’interpretazione del contratto contenuta nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una autonoma rilettura delle dichiarazioni negoziali poste a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria interpretazione a quella dei giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento, da essi reso manifesto nella motivazione della sentenza impugnata, non violi le regole della logica o le regole legali di interpretazione dei contratti; ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato riscontrare.

2.3. – Col terzo motivo, si deduce poi il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello omesso di motivare in ordine all’obbligo di guardiania e di cura del giardino assunti dal M..

Anche questo motivo è infondato per quanto detto a par. 2.1., avendo la Corte di Appello ritenuto che i detti obblighi fossero estranei al sinallagma del contratto di compravendita e fossero da riconnettere alla preferenza che la venditrice accordò intuitu personae al M. tra i vari possibili acquirenti.

3. – Il ricorso proposto in via autonoma dal M., che – come detto – va qualificato come ricorso incidentale, si articola in tre motivi.

3.1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte di Appello subordinato il trasferimento della proprietà dell’immobile al versamento, da parte del M., della residua somma dovuta a titolo di prezzo, maggiorata della rivalutazione monetaria e degli interessi legali a far tempo dalla scrittura privata. Lamenta che la Corte territoriale non avrebbe considerato che il M. aveva fatto offerta del residuo prezzo alla B., sia invitando la stessa (con due apposite lettere) a recarsi dal notaio per stipulare l’atto, sia offrendo il pagamento in giudizio banco iudicis.

Il motivo non è fondato.

Esattamente la Corte territoriale ha escluso la configurabilità di un’offerta alla B. della somma dovutale tale da escludere la mora debendi del M.; ciò in ragione del fatto che era in contestazione l’esatto adempimento delle prestazioni (la parte del M.. E l’inadempimento del M. nell’esecuzione delle opere edili promesse è stato acclarato dai giudici di merito (in ragione dei riscontrati vizi), tanto che lo stesso è stato condannato al risarcimento del danno in favore della B..

3.2. – Col secondo motivo, si deduce poi la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte di Appello riconosciuto alla B. la rivalutazione monetaria sul residuo del prezzo dovuto dal M., nonostante che la stessa non avesse provato – come sarebbe stato necessario ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2, trattandosi di obbligazione pecuniaria – di aver subito un maggior danno, ulteriore rispetto all’importo degli interessi moratori.

Questa censura è fondata.

Invero, nel caso di ritardato adempimento di una obbligazione pecuniaria il danno da svalutazione monetaria non è in re ipsa, ma può essere liquidato soltanto ove il creditore deduca e dimostri che un tempestivo adempimento gli avrebbe consentito di impiegare il denaro in modo tale da elidere gli effetti dell’inflazione (Cass. Sez. U, n. 16871 del 31/07/2007).

Nella specie, perciò, essendo l’obbligazione di pagamento del prezzo una obbligazione pecuniaria (cfr. Cass., Sez. 2, n. 24560 del 31/10/2013), la corresponsione del maggior danno da svalutazione monetaria sarebbe stata possibile solo ove la B. ne avesse fornito la prova ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2. Non avendo la Corte territoriale tenuto conto della necessità della prova del maggiore danno per poter riconoscere la rivalutazione monetaria sulle somme spettanti alla B., la sentenza impugnata va cassata sul punto.

Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, ricorrono le condizioni previste dall’art. 384 c.p.c., comma 2 per decidere la causa nel merito.

Ritiene la Corte che, non avendo la B. provato il maggior danno da svalutazione monetaria (nulla peraltro la stessa deduce in proposito nel controricorso), va esclusa la corresponsione della rivalutazione monetaria sulla residua somma dovuta dal M. a titolo di prezzo.

3.3. – Col terzo motivo, si deduce infine il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello liquidato in via equitativa alla B., a titolo di risarcimento del danno, la somma Euro 30 mila, senza tener conto del valore delle opere eseguite dal M., valore che – secondo l’esperita C.T.U. – sarebbe risultato superiore a quanto contrattualmente pattuito.

La censura è inammissibile.

Come questa Corte ha costantemente statuito, l’esercizio in concreto del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, se la decisione in merito risulti sorretta da motivazione immune da vizi logici e da errori di diritto (Sez. 2, n. 7235 del 2606/1995; Sez. 3, n. 8807 del 27/06/2001; Sez. 2, n. 6067 del 17/03/2006).

Nella specie, la Corte territoriale ha ampiamente dato atto delle ragioni sulle quali si è fondata la liquidazione equitativa del danno, richiamando i risultati della C.T.U., le deposizioni dei testi escussi, i documenti (costituiti da documentazione bancaria e da fatture) prodotti dalla B.. La motivazione della sentenza impugnata sul punto è esente da vizi logici e giuridici e rimane, pertanto, insindacabile in sede di legittimità.

4. – In definitiva, va rigettato il ricorso proposto da B.A.P.; va accolto il secondo motivo del ricorso proposto in via principale da M.C., mentre vanno rigettati gli altri motivi del medesimo ricorso; va dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal M. in via incidentale.

La sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta e, con decisione della causa nel merito, va eliminata la condanna del M. alla corresponsione della rivalutazione monetaria sulla somma dovuta alla B. a titolo di residuo del prezzo.

5. – Tenuto conto della limitata incidenza del motivo accolto sull’assetto degli interessi delle parti e della soccombenza reciproca per tutte le altre censure, le spese relative al presente giudizio di legittimità vanno compensate tra le parti.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso principale proposto da B.A.P.; accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale da M.C.; rigetta gli altri motivi; dichiara inammissibile il secondo ricorso proposto dal M. in seno al controricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo la causa nel merito, elimina la condanna del M. a corrispondere la rivalutazione monetaria sulla somma dovuta alla B. a titolo di residuo prezzo; compensa tra le parti le spese relative al giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2017

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