Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10888 del 18/05/2011
Cassazione civile sez. trib., 18/05/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 18/05/2011), n.10888
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
COMUNE RIVOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso, giusta Delib. di G.M. n. 7 del 17.1.2008, e
procura a margine del ricorso, dall’Avv. Cannas Luciana, nello studio
del quale, in Roma, Via Sestio Calvino 33, è elettivamente
domiciliato;
– ricorrente –
contro
CEBI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa, giusta delega a margine del controricorso,
dall’Avv. Mileto Salvatore, elettivamente domiciliata in Roma, Via
Giambattista Vico 22, presso lo studio legale – tributario Santacroce
– Procida – Fruscione;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 68/22/2007 della Commissione Tributaria
Regionale di Torino – Sezione n. 22, in data 25/10/2007, depositata
il 14 novembre 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del
24 marzo 2011 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;
Presente il P.M. Dott. DESTRO Carlo.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Nella causa iscritta al n. 4466/2008 R.G. è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 68/22/2007, pronunziata dalla CTR di Torino Sezione n. 22 il 25.10.2007 e DEPOSITATA il 14 novembre 2007.
Il ricorso, che attiene ad impugnazione di silenzio rifiuto su domanda rimborso, relativa ad ICI dell’anno 1994, censura l’impugnata decisione per violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 5 ed 11.
2 – L’intimata società, ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.
3 – La decisione impugnata, ha accolto l’appello del contribuente e riconosciuto il diritto al chiesto rimborso, nella considerazione che il passaggio dal valore contabile a quello catastale legittimasse la richiesta di restituzione della differenza tra quanto pagato in base al primo e quanto dovuto effettivamente sulla base della rendita, successivamente determinata dall’UTE. 4 – La questione posta dal ricorso in esame sembra possa definirsi sulla base di principio affermato da pregresse pronunce di questa Corte, secondo cui “In tema di ICI e con riferimento alla base imponibile dei fabbricati non iscritti in catasto, posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3, ha previsto, fino alla attribuzione della rendita catastale, un metodo di determinazione della base imponibile collegato alle iscrizioni contabili. Pertanto, fino a che la richiesta di attribuzione della rendita non viene formulata, il proprietario del fabbricato di categoria D è tenuto ad applicare il regime del valore contabile; ma dal momento in cui fa la richiesta egli, pur applicando ormai in via precaria, il metodo contabile, diventa titolare di una situazione giuridica nuova derivante dall’adesione al sistema generale della rendita catastale, sicchè può’ avere il dovere di pagare una somma maggiore (ove intervenga un accertamento in tali sensi) o può avere il diritto a pagare una somma minore ed a chiedere il relativo rimborso nei termini di legge.
Il principio ritraibile dalla L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 3, secondo il quale, per le rendite attribuite prima del 31 dicembre 1999, le maggiori o minori imposte possono essere chieste sia dal titolare dal lato attivo, che dal titolare dal lato passivo, non modifica il predetto sistema, confermando, sia pur implicitamente, il diritto al rimborso previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13, collegato evidentemente alla attribuzione della rendita” (Cass. n. 13077/2005, n. 6255/2007).
5 – Ciò posto, si ritiene sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio e la relativa definizione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., proponendosi il rigetto del ricorso, per manifesta infondatezza. Il Relatore Cons. Antonino Di Blasi”.
LA CORTE:
Vista la relazione, il ricorso, il controricorso e gli altri atti di causa;
Considerato che in esito alla trattazione della causa, il Collegio, condividendo la relazione, ritiene che l’impugnazione del Comune ricorrente, alla stregua del trascritto principio, debba essere rigettata, per manifesta infondatezza.
Considerato, altresì, che avuto riguardo all’epoca del consolidarsi dell’applicato principio, le spese del giudizio vanno compensate;
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 24 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2011